Il caporalato “grandi firme” è così evidente che diversi magistrati intervengono per sanzionare le holding che ne fanno largo uso. Ma a proteggerli ci pensa il ministro del made in Italy Urso: propone che sia “un’autorità terza” a poter certificare preventivamente la regolarità dell’impresa, con questo foglio timbrato potranno aggirare inchieste giudiziarie, magistrati troppo solerti e qualche condanna.
Caro Operai Contro, “lavoratori pagati 2,75 euro all’ora, il lavoro si svolge prevalentemente di notte, nei giorni festivi (Natale compreso) in una condizione di para schiavitù”. Questo tra ciò che scrive il pm di Milano P. Storari, assenza di misure di sicurezza e operai che pagano “150 euro al mese” per usufruire di spazi, adibiti a refettori e dormitori, messi a disposizione dagli stessi padroni degli opifici.
L’inchiesta chiede l’amministrazione giudiziaria della Tod’s, per aver consapevolmente agevolato “un pesante sfruttamento lavorativo” lungo la propria filiera produttiva. Operai cinesi che vi lavoravano “sarebbero stati sottoposti dai loro padroni connazionali” a “condizioni alloggiative degradanti” in un contesto” di “caporalato”.
La notizia è sparita in fretta, ma potrebbe riapparire come fatto scandalistico, episodio isolato che non fa testo. Invece sempre più spesso vengono allo scoperto situazioni simili alla Tod’s, azienda italiana del settore del lusso controllata dalla famiglia Della Valle. Il Gruppo Tod’s è una holding che detiene, oltre al marchio omonimo, i brand Hogan, Fay e Roger Vivier. Per farsi un’idea del giro d’affari, nel 2023 il Gruppo ha chiuso con un fatturato da oltre 1,1 miliardi di euro e un utile netto di 50 milioni di euro.
Non si tratta quindi di rare residuali laboratori/stamberghe o “boite” , sono grandi gruppi industriali a capo della filiera, dalla cui condizioni lavorative, i padroni committenti, pretendono di esserne all’oscuro.
Approfittano dello stato di bisogno degli operai, che a fatica riescono a organizzarsi per far pesare la loro forza collettiva contro lo sfruttamento, il padrone trova complici nella politica, e dove è presente non di rado, in un sindacalismo venduto o rinunciatario.
La novità questa volta è la sorprendente idea, di come il ministro dell’Industria e del made in Italy, A. Urso, dice di voler affrontare queste situazioni, sembra voglia pianificarle così come sono, affidandone il controllo ad “un’autorità terza”.
Questa la testuale ideona del ministro Urso: “Abbiamo già presentato un’ipotesi normativa che dovrà essere approvata nel più breve tempo possibile in parlamento, che prevede per ogni brand, come quelli che sono stati colpiti da queste azioni giudiziarie, possano farsi certificare in via preventiva da un’autorità terza la piena sostenibilità delle imprese, della loro filiera produttiva, sia sul piano ambientale sia sul piano lavorativo, cioè la piena sostenibilità della filiera per quanto riguarda la legalità”.
Se non abbiamo capito male, il ministro Urso investe il governo Meloni perché faccia in fretta una legge che affidi ad una “autorità terza” il compito di stabilire “preventivamente” la legalità e l’agibilità dell’operato dei grandi brand in Italia e delle loro filiere, ossia la produzione e le commercializzazione in condizioni di para schiavitù, di questi grandi Gruppi sul mercato mondiale.
Quindi “l’autorità terza” renderebbe inutile il ruolo, l’intervento e le ragioni di altri soggetti? Quali operai, sindacati, ispettorato del lavoro, guardia di finanza, inquirenti, pubblici ministeri, ecc.?
Ai padroni basterebbe un pezzo di carta con un timbro o una firma digitale di “un’autorità terza”, acquisito preventivamente, come salvacondotto per continuare senza scocciature le attività in condizioni di “para schiavitù”?
E se così non fosse, perché inventarsi “un’autorità terza”?
Se il governo Meloni approvasse l’ideona di Urso, porterebbe ad un salto di qualità peggiorativo della condizione operaia.
Nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, occorre tener monitorata la situazione, valutare come procedere collettivamente con le forme di lotta contro il governo Meloni.
P.S.
Si noti che il ministro Urso esponendo la sua ideona, parla al plurale non solo della Tod’s, proprio perché le situazioni simili da “salvaguardare” sono tante, qui sotto ne ricordiamo alcune, già smascherate da azioni giudiziarie.
Esempio, Prato, il distretto tessile più grande d’Europa con oltre 7mila aziende e 18mila dipendenti, esporta in oltre 100 paesi e fornisce anche i marchi internazionali del lusso. Altro esempio il “mobile imbottito” presente in Italia in 2 aree: con 12mila operai occupati nel distretto lucano pugliese tra Matera e Bari, altre migliaia di operai occupati nel distretto di Forlì e Cesena in Emilia Romagna.
Da ricordare anche l’inchiesta della primavera scorsa, con la quale la procura milanese, condannava aziende legate ai colossi della logistica, dei trasporti e della grande distribuzione organizzata, ad assumere 49mila lavoratori, tenuti “in balia delle società serbatoio di manodopera”.
Saluti Oxervator.
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