PMC di Melfi: I nodi arrivano al pettine

In fabbrica c'è lavoro solo per un'altra settimana. Poi sarà l'agonia della cassa integrazione fino alla chiusura. 
La Pmc è l'esempio di quello che sta succedendo al comparto auto di Melfi, e non solo Melfi.
Adesso come se ne usciranno i sindacalisti che più si sono esposti con gli operai che hanno creduto nelle loro chiacchiere e promesse?
Per poter essere capaci di rispondere dobbiamo camminare con le nostre gambe, organizzarci in quanto operai. Basta con i sindacalisti collusi con il padrone o incapaci di organizzare le lotte.

In fabbrica c’è lavoro solo per un’altra settimana. Poi sarà l’agonia della cassa integrazione fino alla chiusura.
La Pmc è l’esempio di quello che sta succedendo al comparto auto di Melfi, e non solo Melfi.
Adesso come se ne usciranno i sindacalisti che più si sono esposti con gli operai che hanno creduto nelle loro chiacchiere e promesse?
Per poter essere capaci di rispondere dobbiamo camminare con le nostre gambe, organizzarci in quanto operai. Basta con i sindacalisti collusi con il padrone o incapaci di organizzare le lotte.

Si avvicina la fine della lavorazione dei pezzi alla Pmc automotive di Melfi, nello stabilimento di proprietà Stellantis. In fabbrica sono sempre più insistenti le voci che mancano pochissimi giorni alla chiusura.
Gli operai e i lavoratori presenti in quello stabilimento per ben due volte e per diversi giorni si sono fermati in sciopero per chiedere e rivendicare il raggiungimento di un accordo che sancisse la garanzia occupazionale per chi avrebbe voluto continuare a lavorare ma per ben due volte i rappresentanti sindacali hanno firmato la resa e il ritorno in fabbrica degli operai (in cambio della cassa integrazione), affinché si continuasse a utilizzare il lavoro operaio per favorire e andare incontro alle esigenze sia di Stellantis che della stessa Pmc. L’intesa raggiunta con il sindacato in Confindustria è stata firmata anche da Antonio Lamorte della Fiom.
Nello stabilimento la maggioranza della rappresentatività sindacale durante tutti gli anni trascorsi è stata consegnata in mano alla Fim-Cisl e al suo delegato. Un delegato che ha lasciato anni fa la Fiom, in seguito alla non firma del Ccsl da parte della Fiom.
Per la Fiom, per quella mancata firma, si chiuse il rubinetto delle infinite ore dei permessi sindacali retribuiti per moltissimi dei propri delegati.
Molti in quell’occasione nell’area industriale di San Nicola di Melfi lasciarono la Fiom per continuare a detenere la montagna di ore di permesso sindacale, continuare a far parte di quella aristocrazia operaia, non lavorare sulle linee di montaggio e sulle postazioni di lavoro.
D’altra parte, molti delegati sindacali in cambio del controllo degli operai in fabbrica, hanno ricevuto il privilegio padronale di indicare gli operai precari da poter assumere nei vari stabilimenti (solo nello stabilimento Stellantis consegnato alla Pmc ne sono passati centinaia e centinaia). Delegati che si sono compromessi con i padroni. In cambio della propria firma su qualsiasi cosa, hanno avuto l’agevolazione di poter indicare i lavoratori da assegnare in postazioni di lavoro meno pesanti e più privilegiate, rispetto ai tanti operai consumati sulle linee di montaggio e sulle postazioni di lavoro, che nel tempo hanno visto l’aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro.
La fabbrica è lo specchio della società e i tanti delegati nelle fabbriche a Melfi non lavorano, non assemblano pezzi e non producono niente. Sono dei veri e propri parassiti, più attratti a favorire gli interessi dei padroni che difendere gli interessi degli operai.
Gli operai che producono e assemblano pezzi sono quelli che mantengono tutti i parassiti e fra questi molti in fabbrica sono apparsi e sono scomparsi. Molti sono comparsi per buttare fumo negli occhi agli operai, mentre gli operai stanno scivolando sempre più in basso, cercando di aggrapparsi a flebili speranze, mentre la chiusura delle fabbriche, anche della Pmc appare sempre di più imminente.
Gli aderenti in fabbrica alla Fismic sono quasi tutti spariti, anticipando i tempi, optando per il licenziamento “incentivato”. Ma tutti gli altri operai sono allibiti, perchè il segretario regionale di questo sindacato, dopo la chiusura di un’altra fabbrica in cui era dipendente, è arrivato in forza alla Pmc di Melfi, gli operai non l’hanno mai visto svolgere una sola ora di lavoro in fabbrica, eppure qualche mese fa ha preso i soldi dal padrone, chiamati incentivi all’esodo, ed è scappato via.
Dicono che il segretario della Uilm Lomio vuole cercare di agganciare qualcuno fra le fila dei suoi non iscritti, dicono che vorrebbe fare degli incontri, qualche operaio invece esprime il proprio disprezzo per quello che è successo, durante l’ultimo sciopero degli operai per chiedere la garanzia occupazionale, il delegato Rsu della Uilm è entrato in fabbrica a lavorare, lasciandosi alle spalle gli operai scioperanti.
Adesso, alla Pmc stanno arrivando i nodi al pettine e la fabbrica si avvicina a chiudere, come se ne usciranno i sindacalisti, in particolare i rappresentanti della Fim-Cisl che più si sono esposti con gli operai che hanno creduto nelle loro chiacchiere e promesse? Qualcosa l’iniziano a dire quelli della Fim e se prima dicevano agli operai di stare buoni e tranquilli, che non si dovevano preoccupare perché ci avrebbero pensato loro, adesso dicono che comunque vada, ci sarà la cassa integrazione. In verità non dicono che la cassa integrazione per chiusura è l’anticamera del licenziamento e della disoccupazione domani.
In vista di un’eventuale mobilitazione, serva da lezione agli altri operai. Solo gli operai uniti possono fare qualcosa di concreto per la stessa collettività operaia, gli altri hanno altri interessi.
D. A.

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