ELEZIONI EUROPEE MAGGIO 2019, PER CHI VOTARE? PER NESSUNO

C’è un partito che ha come obiettivo la fine dello sfruttamento operaio? La fine della classe dei padroni che sfrutta gli operai? La risposta è semplice, non c’è. C’è un partito che vuole l’abolizione della produzione fondata sul profitto, che genera da una parte ricchezza per pochi e miseria per la grande maggioranza della popolazione, per primi degli operai, che sono i veri artefici di questa ricchezza? Non c’è nessun partito politico che ha nemmeno lontanamente questo obiettivo. In realtà i loro programmi si differenziano semplicemente su come la ricchezza prodotta dagli operai deve essere divisa fra le classi […]
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C’è un partito che ha come obiettivo la fine dello sfruttamento operaio? La fine della classe dei padroni che sfrutta gli operai? La risposta è semplice, non c’è. C’è un partito che vuole l’abolizione della produzione fondata sul profitto, che genera da una parte ricchezza per pochi e miseria per la grande maggioranza della popolazione, per primi degli operai, che sono i veri artefici di questa ricchezza? Non c’è nessun partito politico che ha nemmeno lontanamente questo obiettivo. In realtà i loro programmi si differenziano semplicemente su come la ricchezza prodotta dagli operai deve essere divisa fra le classi superiori. Nella migliore delle ipotesi propongono un po’ di elemosina per i poveri per comprarsi qualche voto. Non c’è nessuna ragione per votare chi nemmeno ricorda che tutti i giorni, per una vita intera milioni di operai lavorano per un salario di fame, sotto un padrone dispotico. Nessun partito ha denunciato come la strage di operai sia una questione sociale e dipenda dalla corsa al profitto dei padroni grandi e piccoli. Sono arrivati al punto di sostenere che un lavoro sotto padrone è una ottima condizione, una condizione dignitosa. Hanno confuso l’attività ben pagata di alti impiegati, burocrati di Stato, funzionari di partito con il lavoro da schiavi di chi produce merci sulle linee, di chi le movimenta a ritmi infernali nei magazzini, di chi piega la schiena nelle campagne. Nessun partito è espressione degli operai, nessun partito merita il loro voto.

Alle elezioni europee si sceglie chi dei partiti nazionali deve mandare i suoi delegati al parlamento di Strasburgo. Nel parlamento europeo si confrontano e si scontrano i rappresentanti delle classi che in ogni paese gestiscono il potere. Il parlamento europeo al pari di quello in Italia è nemico degli operai. Ma mentre il parlamento in Italia è lo strumento diretto del potere dei padroni di casa nostra, in quello europeo si misurano le borghesie dei diversi paesi, si sostengono a vicenda contro gli operai e i conflitti sociali, si fanno concorrenza sui finanziamenti da spartirsi. Votando dovremmo scegliere chi dei rappresentanti dei borghesi grandi e piccoli in Italia andranno a fare i loro interessi in Europa. Non ci interessa. Se mai un partito operaio dovesse mandare un proprio emissario in uno di questi parlamenti, ciò servirà solo per denunciare dall’interno la funzione di queste macchine nell’esercitare il potere dei ricchi, lo farà per dimostrare agli operai che il rovesciamento della piramide sociale non può avvenire col voto, con le manovre politiche di palazzo, poiché ben si sa che il sistema elettorale è fatto apposta perché i voti si possano comprare, e il potere reale sta nelle banche e nei consigli di amministrazione. Il potere degli operai si affermerà rovesciando quello dei borghesi e non si eserciterà attraverso il parlamento dei padroni ma attraverso strumenti diretti di partecipazione. Oggi non c’è un partito indipendente degli operai, non c’è nemmeno la possibilità di mandare un nostro emissario nel loro corrotto parlamento, non c’è nessuna ragione per prestarsi al loro gioco elettorale.

Fino a qui il ragionamento vale per gli operai che hanno un minimo di coscienza su cosa sono e cosa rappresentano in questa società che li rende schiavi, ora vogliamo scrivere alcune osservazioni per gli operai ancor dubbiosi se prestarsi al gioco elettorale o rifiutarlo.

Votare per la Lega? Per nessuna ragione. Solo prendendo in considerazione il decreto sicurezza risulta chiara la sua natura antioperaia. Qualunque operaio sa che l’occupazione delle fabbriche, le proteste per strada, i blocchi delle merci sono degli strumenti necessari per far pressione sul padrone, e Salvini trasforma tutto in azioni criminali da perseguire. Giustifica, per legge, la possibilità che una guardia giurata di fabbrica, per impedire l’intrusione degli operai, possa anche sparare per legittima difesa. Ha trasformato tanti operai immigrati in clandestini, togliendo loro il permesso di soggiorno umanitario. Il risultato: li ha ancor di più esposti al ricatto di padroni che li fanno lavorare per un’elemosina. La Lega può prendere i voti dai padroncini, dagli artigiani, dal sottoproletariato ed anche dal povero delle periferie che vede nell’immigrato un diretto concorrente nella divisione di un pezzo di pane duro. Può arrivare al 30% dei consensi, che in realtà rappresentano il 15% sugli aventi diritto se l’astensione si manterrà quasi al 50% come indicano i sondaggi. Per gli operai votare per i leghisti è dare un voto contro se stessi e solo una minoranza cadrà in questa trappola.

Il voto ai 5 Stelle? Per andare al governo hanno stretto un’alleanza con la Lega, assieme hanno gestito la stessa politica antioperaia. Dovevano cambiare il mondo, hanno cambiato loro stessi per le poltrone ministeriali. Di Maio, Ministro del lavoro, si differenzia da quelli che lo hanno preceduto nel promettere di più e mantenere di meno. Dall’ILVA di Taranto a tante altre crisi aziendali il risultato è sempre lo stesso: se il padrone decide si chiude, al massimo un po’ di cassa integrazione per allungare i tempi. Di Maio ha sostituito Renzi nel fare il bello con i capitani d’industria. Visita i centri studi dove tutto è ovattato, stringe mani a manager senza scrupoli, promette regalie a destra e a sinistra, fra sorrisi e pacche sulle spalle. Dovevano abolire la povertà ed invece hanno costretto i poveri a rimanere poveri e schedati. Per ottenere un’elemosina bisogna attenersi a tanti vincoli che finiscono per escludere i poveri veri buttati fuori dalla produzione. La delusione di numerosi operai che si erano illusi su di loro è cocente. Non verrà recuperata dalle sfuriate di Di Maio e dei suoi uomini contro Salvini, è solo un espediente elettorale. Il posto al governo, nella mangiatoia del governo, è così importante che li spingerà ancora l’uno nelle braccia dell’altro. I capi della piccola borghesia penta stellata, naturalmente, fanno largo uso della demagogia, hanno iniziato promettendo al “popolo” mari e monti e sono finiti sostanzialmente a reggere il gioco di Salvini contro i poveri, contro gli emigranti, contro il “popolo” stesso. Questa volta non si prenderanno nemmeno il voto degli operai che si erano fidati di loro. La pratica apre gli occhi più di un qualunque intervento dei salotti televisivi.

Il voto al PD? Se c’è un partito che si è bruciato ogni rapporto con gli operai attivi, con la nuova gioventù operaia che entra nelle produzione ora, con gli operai emigrati della logistica e delle campagne è il partito di Zingaretti, che ha sostituito Renzi. Non basta cambiare un segretario per cancellare il fatto che questo partito ha introdotto in Italia la libertà di licenziare. Il partito democratico è diventato sempre più il partito della grande industria, della finanza, dei ricchi centri urbani, lo sostengono ancora settori della piccola borghesia intellettuale ed operai privilegiati, che occupano posti nella funzione pubblica, nei sindacati, nelle cooperative. Qualche recupero di voti tra loro si può prevedere: l’antifascismo a parole, per rispondere al fascismo strisciante di Salvini, può conquistare una borghesia illuminata che vuole stabilità di governo nell’ambito delle regole costituzionali. Ma tra la maggioranza degli operai no: non gli perdona la libertà di licenziare e non lo voterà.

Un ragionamento particolare non lo faremo né per Berlusconi né per il centrodestra, diamo per scontato che il voto operaio non potrà mai andare a questi borghesi affaristi e parassiti. Convinti come sono che lottare contro i ricchi, contro i padroni, contro di loro sia solo il frutto di invidia sociale e non di legittima rivendicazione di avere indietro, dai borghesi, il mal tolto.

Per le organizzazioni apertamente fasciste, che si presentano alle politiche, gli operai devono prestare la massima attenzione. Se lo scontro fra operai e padroni prenderà vita e consistenza queste formazioni saranno sempre pronte a mettersi al soldo di quest’ultimi. Con la copertura di questo governo hanno fatto dei passi in avanti. Qui devono intervenire gli operai con un antifascismo militante che ne freni lo sviluppo, domani sarà troppo tardi.

Rimangono infine le formazioni politiche a sinistra del PD. Denunciano tante storture del sistema, si indignano per le forme di sfruttamento senza regole, sullo strapotere delle multinazionali, sul clima rovinato. Ma sullo sfruttamento legale degli operai nessuna parola, sulla maledizione del profitto industriale e commerciale che strangola la società nemmeno una parola. Si immaginano un capitalismo senza sfruttamento, un lavoro salariato senza schiavitù, un padrone buono per operai soddisfatti. Una minestra riscaldata che per cento anni, i riformisti, hanno dato da bere agli operai. Dopo cento anni, dopo tanti tentativi falliti di fare del capitalismo un sistema umano, dopo aver visto in che condizioni sono messi gli operai del mondo intero oggi, dopo aver contato i quotidiani morti sul lavoro, parlare ancora di riforme del sistema ha fatto il suo tempo. Pochi saranno gli operai che voteranno per loro, siamo entrati in una fase che o è tutto o niente. O gli operai o i padroni.

Per chi votare, domenica 26 maggio? Per nessuno.

E.A.

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