KARL MARX – “SALARIO, PREZZO E PROFITTO”

Seconda parte dell'intervento letto da Marx alla riunione del 27 giugno 1865 del Consiglio Generale dell'Associazione Internazionale degli Operai. Suddivisa da noi in puntate. <font color=red> Dodicesima puntata </font>
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Seconda parte dell’intervento letto da Marx alla riunione del 27 giugno 1865 del Consiglio Generale dell’Associazione Internazionale degli Operai. Suddivisa da noi in puntate.
Dodicesima puntata


 

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Le diverse parti in cui si scompone il plusvalore

Il plusvalore, cioè quella parte del valore complessivo della merce in cui è incorporato il pluslavoro o lavoro non pagato dell’operaio, io lo chiamo profitto. Questo profitto non viene intascato tutto dall’imprenditore capitalista. Il monopolio del suolo pone il proprietario fondiario nella condizione di appropriarsi una parte di questo plusvalore, sotto il nome di rendita fondiaria, indipendentemente dal fatto che questo suolo sia usato per l’agricoltura, per edifici, per ferrovie, o per qualsiasi altro scopo produttivo. D’altra parte, il fatto stesso che il possesso degli strumenti di lavoro dà la possibilità agli imprenditori capitalisti di produrre un plusvalore, o, il che è poi la stessa cosa, di appropriarsi di una certa quantità di lavoro non pagato, questo fatto consente al proprietario dei mezzi di lavoro, che egli presta in tutto o in parte all’imprenditore capitalista, cioè, in una parola, consente al capitalista che presta il denaro di reclamare per sé un’altra parte di questo plusvalore, sotto il nome di interesse, cosicché all’imprenditore capitalista come tale non resta che il cosiddetto profitto industriale o commerciale. La questione di conoscere secondo quali leggi è regolata questa ripartizione dell’importo globale del plusvalore fra le categorie citate, è del tutto estranea al nostro argomento. Ad ogni modo, da quanto abbiamo esposto risulta quanto segue. Rendita fondiaria, interesse e profitto industriale sono soltanto nomi diversi per diverse parti del plusvalore della merce, o del lavoro non pagato in essa contenuto, e scaturiscono in ugual modo da questa fonte, e unicamente da questa fonte. Essi non derivano dal suolo come tale o dal capitale come tale; ma suolo e capitale danno la possibilità ai loro proprietari di ricevere la loro parte rispettiva del plusvalore che l’imprenditore capitalista spreme dall’operaio. Per l’operaio è d’importanza secondaria il fatto che questo plusvalore, risultato del suo pluslavoro o di lavoro non pagato, venga esclusivamente intascato dall’imprenditore capitalista, oppure che quest’ultimo sia costretto a cederne delle parti a terze persone, sotto il nome di rendita fondiaria e di interesse. Supponiamo che l’imprenditore capitalista impieghi capitale proprio e sia proprietario del suolo: tutto il plusvalore si riversa allora nelle sue tasche. L’imprenditore capitalista è colui che spreme direttamente dall’operaio questo plusvalore, indipendentemente dalla parte che alla fine egli potrà trattenere per sé. Questo rapporto fra l’imprenditore capitalista e l’operaio salariato è dunque il perno di tutto il sistema del salario e di tutto l’attuale sistema di produzione. Quando alcuni dei cittadini che prendevano parte alla nostra discussione tentavano di rimpicciolire la questione e di considerare questo rapporto fondamentale tra l’imprenditore capitalista e l’operaio come questione subordinata, essi avevano torto, quantunque, d’altra parte, essi avessero ragione di affermare che, in date circostanze, un rialzo dei prezzi può interessare in modo molto diverso l’imprenditore capitalista, il proprietario fondiario, il capitalista finanziario, e, se volete, l’agente delle imposte. Da quanto abbiamo detto possiamo trarre ancora una conclusione. (continua)

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