CONTRO I “ME NE FREGO” DEL MELONISMO AFASCISTA

Nella guerra dichiarata contro poveri e migranti, il governo Meloni forza spesso anche l’attuale quadro normativo. In questo trova sempre più appoggi a Bruxelles. Sbaglieremmo ad illuderci perciò che basti attestarsi sul terreno della difesa del diritto per mettere in crisi le sue politiche. Come ha dimostrato il collasso del cosiddetto “diritto internazionale”, è solo il piano dei rapporti di forza che decide.

Nella guerra dichiarata contro poveri e migranti, il governo Meloni forza spesso anche l’attuale quadro normativo. In questo trova sempre più appoggi a Bruxelles. Sbaglieremmo ad illuderci perciò che basti attestarsi sul terreno della difesa del diritto per mettere in crisi le sue politiche. Come ha dimostrato il collasso del cosiddetto “diritto internazionale”, è solo il piano dei rapporti di forza che decide.

 

Caro Operai Contro, non solo i “me ne frego” del governo Meloni nel foraggiare i lager libici con annessa tortura; e neanche solo quelli che hanno riaccompagnato in Albania con un volo di Stato, l’assassino e torturatore Almasry, subito dopo la sua scarcerazione ordinata dal governo italiano.
Ma anche i “me ne frego” di Gorgia Meloni che hanno colpito gli operai (e assimilati per condizione sociale) con una serie di consistenti misure antipopolari. Temendo proteste e rivolte, il governo ha sfornato con il Decreto sicurezza, una serie di regole autoritarie e repressive. Una prova di forza che rivela tutta la sua coda di paglia nell’affrontare lotte e contrasti sociali. Basti pensare giusto per fare un esempio, allo sciopero della fame e alla resistenza passiva trasformati in reati penali!
La Cassazione ha valutato il Decreto sicurezza “a rischio incostituzionalità nel metodo e nel merito”, aprendo la strada all’intervento della Corte costituzionale, che potrebbe riservare altre sorprese.
Una sorpresa grossa il governo l’ha già avuta, scoprendo che il Decreto sicurezza non funziona da deterrente delle lotte, tantomeno le ferma come sperava in entrambi i casi.
Il “melonismo afascista” punisce poveri e meno abbienti, non per quello che fanno, ma per quello che sono. Se poi si ribellano, s’illude di fermarli con il bastone e la galera del Decreto sicurezza.
Per il governo Meloni essere poveri è una colpa. Perciò ha tolto il Reddito di cittadinanza e li addita insieme ai meno abbienti, facendo credere che è colpa loro se il governo non può fare andar bene le cose per il resto della società. Mentre padroni e nababbi della finanza facevano profitti stratosferici, insieme a evasori e benestanti il governo regalava loro altri miliardi con almeno 20 condoni, poi ha ripristinato i vitalizi e aumentato gli stipendi di 500 euro al mese ai parlamentari.
Per i poveri cristi salariati invece, aumentava la tassazione sulle buste paga, peggiorava la legge Fornero, stroncava il salario minimo legale, aumentava il canone Rai e le accise sui carburanti.
Nei tanti “me ne frego” del melonismo afascista, è racchiusa anche la sfrontata decisione del governo di riattivare i trasferimenti dei migranti dai Cpr italiani verso il campo di concentramento in Albania, in aperta trasgressione proprio alla Cassazione che aveva rinviato questa decisione alla Corte di giustizia europea.
Altro “me ne frego” sono i rimpatri fatti direttamente dall’Albania all’Egitto, rimpatri espressamente vietati dal diritto dell’Unione europea.
Al Consiglio europeo di Bruxelles i “me ne frego” della Meloni, trovano spazio e consensi anche in riunioni “informali” a margine dei vertici ufficiali, ma non per questo meno indicativi dell’aria che tira anche da quelle parti.
Per la Meloni, le credenziali in questi ambienti vanno dal bottino di misure antipopolari imposte in Italia, fino al miliardo di euro e oltre “investito” per le prigioni costruite in Albania, dove richiudere i migranti, (già li rinchiude nei Cpr sul patrio suolo, ma vuoi mettere l’impatto mediatico di deportarli in un altro paese?).
Vanto della Meloni a Bruxelles è anche il “me ne frego” del suo governo, che non stacca un assegno uno, per i 5,7 milioni di poveri assoluti in Italia. E’ in questo clima di caccia alle “orde immigrate” una delle occasioni in cui forse la Meloni si realizza, ponendosi come icona del razzista collettivo, gratificata da quanti della stessa levatura, gli stanno appresso nel più alto organismo Ue.
In primis Ursula Von der Layen che raggiante illustra in anteprima il nuovo Regolamento Rimpatri. Permetterà di “rimpatriare” i clandestini. Non solo nei paesi d’origine e di transito ma anche nei paesi terzi, previo adeguato accordo. Chiaramente sul modello Albania/Meloni.
Fa ridere, o piangere il “previo adeguato accordo” con paesi terzi e di transito se si considerano le difficoltà ed i costi quando viene fatto con i paesi d’origine. Va anche ricordato non da ultimo, che l’accordo per fare il campo di concentramenti in Albania, il governo Meloni lo ha fatto con Tirana, ma non con le leggi italiane, per questo motivo è ancora bloccato dalla Cassazione, ed è operativo solo per il “me ne frego” del governo Meloni.
In questi summit informali in Europa, Meloni, Von der Layen in totale 14 paesi, lavorano anche per rivedere la convenzione per i diritti dell’uomo, per sveltire le procedure di cacciare i migranti dall’Europa più facilmente senza giudici e intralci di mezzo.
Salvo ripensamenti, cambi di programmi o “imprevisti”, l’approvazione di tutto questo non avverrà prima del prossimo dicembre. La Meloni è al centro dell’operazione: dal “me ne frego” contro i poveri e i migranti in patria, fino al “me ne frego” ispiratore della politica razzista e contro i poveri, dal podio europeo. Prendere atto di tutto questo è il primo doveroso passo.
Saluti Oxervator.

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