La distanza fra le dichiarazioni sul lavoro in sicurezza e la realtà della prestazione lavorativa è abissale e viene pagata con la vita. Una ragione che può spingere ad andare a votare, e votare cinque SI al referendum del 8 9 giugno, anche i più accaniti operai e lavoratori astensionisti.
Caro Operai Contro, le avevano promesso un lavoro in mare nel turismo nautico, pertinente con la scuola che frequentava. Anna Chiti 17 anni, studentessa e nuotatrice provetta, è annegata “lavorando in nero”, si legge dall’agenzia Ansa.
In nero, come quei circa 4 milioni di lavoratori che devono subire questo ricatto per avere un lavoro. Le reti nazionali dei telegiornali non ne avevano fatto cenno, limitandosi a dire che era al suo primo giorno di lavoro.
La sera del 18 maggio mentre aiutava il comandante ad attraccare alla darsena della laguna di Venezia, Anna è scivolata dal catamarano sul quale aveva accompagnato e fatto da interprete a una quindicina di turisti africani.
“Non aveva firmato alcun contratto di lavoro”, ma per essere il primo giorno di lavoro, svolgeva a prescindere troppe mansioni: marinaia, interprete, guida turistica.
L’analisi dell’incidente è stato possibile tramite un video che ha ripreso tutto l’accaduto.
“Era a bordo per fare l’interprete, non certo le manovre”, l’amaro commento del padre, che aggiunge: “Per quel tipo di barca ci voleva più personale, invece era da sola con lo skipper”.
E’ morta con la cima stretta in mano (il decesso clinico è avvenuto sulla banchina di Sant’Elena a Venezia). Anna salta fuori dalla barca per raggiungere la riva, ma cade in acqua. Riemerge e afferra la scaletta del catamarano per sollevarsi. Il motore dell’imbarcazione che dovrebbe essere spento è inspiegabilmente ancora acceso, risulterà fatale. L’elica avvolge la cima alla quale Anna è agganciata e risucchia la ragazza sott’acqua, facendole sbattere la testa proprio contro l’elica.
Tentando di salvarla si tuffa invano lo skipper, ma ci vorrà l’intervento di un sommozzatore dei vigili del fuoco per spezzare la corda e riportare a riva la ragazza. Tutto in tempo reale, ma i pochi minuti sott’acqua le sono stati fatali. “Forse una bombola da sub a bordo le avrebbe potuto dare una speranza di vita in più” , osserva Marino Masiero, presidente Assonautica di Venezia.
Sul lavoro si muore anche così a 17 anni. La morte incatena Anna sott’acqua all’elica della barca. Pochi minuti ma più che sufficienti per rendersi conto che quello è l’abbraccio della morte, senza scampo.
In quei pochi attimi chissà cosa avrà pensato: se sia normale, sopratutto al primo giorno di lavoro, affidare ad una minorenne simili mansioni e responsabilità; se il motore fosse stato fermo all’attracco, la sua scivolata in mare si sarebbe conclusa con un bagno fuori programma; se la barca avesse avuto un equipaggio vero e completo, ciascuno con le proprie mansioni, questo assassinio non si sarebbe compiuto; se a bordo ci fosse stata una bombola da sub, forse se la sarebbe cavata.
E possiamo aggiungere: se quello era davvero il suo primo giorno di lavoro, una figura professionalmente preposta, avrebbe dovuto mostrarle praticamente, quindi fare, le manovre dell’attracco. In poche parole se le leggi e le norme di prevenzione e antinfortunistica fossero state rispettate, questo assassinio non ci sarebbe stato.
Quello era il lavoro che Anna aveva trovato, in nero. Spesso proposto come un’opportunità, un privilegio riservato a pochi. Tutta una messa in scena, ben sapendo che non trovando lavoro regolare, non sempre e non tutti possono sottrarsi al bisogno di avere un salario. C’è un filo che lega questa situazione di ricatto e precarietà ai referendum di giugno, al tentativo, attraverso il voto del lavoro dipendente, di modificare leggi e norme sul lavoro che hanno favorito il peggiorare della condizione lavorativa degli ultimi anni.
L’8 e 9 giugno bisogna votare SÌ al referendum che pone 4 quesiti sul lavoro e uno su integrazione e cittadinanza. Il bacino degli astensionisti alle elezioni politiche, ora può fornire almeno 12 milioni di voti mancanti per raggiungere il quorum. (Vedi qui art. “Per il quorum ai referendum del 8-9 giugno mancano 12 milioni di voti”).
Bisogna votare SÌ, anche se il referendum non prende di petto la degenerazione della condizione operaia. Nessun referendum può sostituire la potenza della forza operaia, quando è dispiegata.
Da astensionisti alle elezioni politiche, ora i temi sul tappeto esigono di rendere palesi almeno i 12 milioni di voti mancanti, andando a votare SÌ, per raggiungere il quorum.
Saluti Oxervator.
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