Se è stato solo un inizio è andata benissimo. La produzione quasi ferma. L’azienda e i sindacati firmatutto hanno cercato, senza riuscirci, di sabotare lo sciopero proclamato dalla Fiom. L’unico rischio è che ora la Fiom faccia il solito gioco, un giorno incendiari, un giorno pompieri.
Si è concluso lo sciopero che la Fiom ha proclamato per ieri 24 Aprile di 8 ore su tutti i turni alla Stellantis di Pomigliano, con i presidi che sono cominciati già nelle ore notturne per garantire un controllo serrato degli ingressi, dove alcuni operai si sono presentati addirittura con due ore di anticipo sul proprio turno di lavoro, nella speranza di eludere il blocco dei loro colleghi in sciopero, secondo quanto azienda ed altre sigle sindacali avevano chiesto loro fin dal giorno prima: avviarsi in fabbrica con largo anticipo in segno di boicottaggio.
Tutti gli ingressi, dai principali ai secondari, nonché l’ingresso delle merci, vengono presidiati dagli operai Fiom e da pochi solidali accorsi sul posto. È proprio all’ingresso merci che l’azienda tenta di convogliare il maggior numero di veicoli di operai che avrebbero dovuto forzare il blocco per entrare in fabbrica. Molti di questi ci riescono lasciando le proprie auto nei piazzali e nelle strade adiacenti la fabbrica, proseguendo poi a piedi per varcare i cancelli, con i funzionari della Digos che sorvegliano l’area. Ma l’adesione allo sciopero c’è, nonostante le manovre dissuasive dell’azienda. La produzione fa registrare per tutta la giornata volumi drasticamente ridotti, nel turno pomeridiano lo sciopero riesce anche con un’incidenza maggiore.
Da alcuni mesi è in corso la trattativa tra azienda e sindacati per il rinnovo del contratto degli operai Stellantis (CCSL) che tiene la Fiom ai margini, in quanto unico sindacato rappresentativo a non aver firmato questo contratto. La Fiom rivendica aumenti salariali che possano “realmente compensare la perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione”. Il problema dietro queste mobilitazioni è la tempistica e il reale coinvolgimento degli interessi operai. Appena due mesi fa, uno sciopero a carattere spontaneo per il dimezzamento del premio di produzione aveva messo a soqquadro la fabbrica per due giorni consecutivi.
Senza che nessuna bandiera sventolasse sopra le loro teste, gli operai avevano deciso immediatamente di fermarsi chiedendo l’adeguamento economico del premio. La Fiom, pur garantendo una copertura allo sciopero, fece finire tutto nella solita retorica assembleare, spegnendo il fuoco che era tornato a divampare in fabbrica. Era quello il momento in cui invece si sarebbe dovuto dar seguito e forza alla mobilitazione spontanea degli operai, incardinando una lotta generale per il salario, dal premio di produzione agli aumenti in busta paga. Allora si sarebbe raccolta anche una maggior disponibilità da parte degli stessi operai a proseguire la lotta.
Dopo gli scioperi in cui gli operai rimangono sostanzialmente soli nelle loro rivendicazioni, oggi i vertici sindacali chiedono invece di mostrare uno scatto di dignità e tornare alla lotta, nella solita versione degli scioperi di fazione, dove è più facile il controllo delle rispettive organizzazioni sindacali, dove è più facile che gli operai rimangano intruppati negli ordini di scuderia, dividendosi in scioperanti e crumiri, dove anziché unirsi si dividono, favorendo proprio il gioco dell’azienda e la solita confusione postuma generata dai numeri che riguardano l’adesione allo sciopero. Chi dice che è totale, chi dice che è stata veramente marginale.
È la conseguenza prevedibile di una mobilitazione che viene costruita da chi preme per avere più voce in capitolo nella contrattazione, ma tentenna quando sono gli stessi operai a decidere che è arrivato il momento di scioperare per il proprio salario. Resta il fatto indubbio che lo sciopero è riuscito e il segnale di una lotta operaia per il salario è stato lanciato.
A.B.
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