La Groenlandia, la storia degli INUIT fra dominazione danese e pretese di Trump, il capo dell’imperialismo della Casa Bianca.
Perché una terra ricoperta per l’80 per cento di ghiaccio, spesso due miglia, la Groenlandia, è diventata un’ossessione per Trump? ”Proteggeremo la Groenlandia e la custodiremo”, “facciamo la Groenlandia di nuovo grande”. Con questo slogan , il Capo della Casa Bianca, ha mandato il figlio “Don jr”, a gennaio 2025 in avanscoperta in Groenlandia, in una visita ”non ufficiale”, ma scortato comunque, da altri rappresentanti della sua amministrazione. Già nel 2019 durante il suo primo mandato aveva manifestato, un interesse particolare verso questa isola artica, farneticava riguardo una sua idea, “una grande operazione immobiliare, strategicamente interessante”, convinto del fatto che “la proprietà e il controllo della Groenlandia, siano una necessità assoluta…” ed ancora usando il solito cavallo di battaglia tipico di tutti i paesi imperialisti: “Per la sicurezza nazionale e la libertà in tutto il mondo”. Gli Americani già posseggono sull’isola la Pituffik Space Base, una posizione strategica per missioni di difesa missilistica e sorveglianza spaziale, ma evidentemente con Trump sono pronti al passo successivo, l’acquisizione dell’intera isola. In perfetto stile trumpiano, l’altro genio di famiglia, il secondogenito di Trump, Eric ha pubblicato un’immagine su X, che rappresenta l’America fare acquisti online su Amazon e aggiungere al “carrello della spesa” Groenlandia, il Canale di Panama e il Canada. Ma forse i maliziosi siamo noi a non aver colto il carattere ludico e burlesco, della famiglia Trump, non hanno mire espansionistiche reali, sono solo impegnati in una partita a “Risiko” online.
La storia della Groenlandia, la più grande isola al mondo, è la storia della vita in condizioni estreme, ma queste condizioni non sono determinate solo dalle difficoltà climatiche, che si creano in un territorio ghiacciato per la maggior parte della sua estensione, ma piuttosto dalle continue ondate migratorie dal vecchio e dal nuovo continente con lo scopo di conquistarla a partire dal 2500 a.C. Nel 1721 la Danimarca-Norvegia rivendicò il territorio inviando nell’isola una “spedizione missionaria”. La dinamica delle “spedizioni missionarie” è ben nota, la chiesa armata di Bibbia, con alle spalle l’esercito armato di fucili, si appresta a “battezzare” i nativi Inuit groenlandesi, con il risultato dell’esproprio delle terre, la cancellazione della lingua e della cultura dei nativi e la fondazione di colonie commerciali lungo la costa, per la creazione di un “impero coloniale Danese”, fatto di privilegi e monopoli a beneficio unico dei Danesi. Dopo la seconda guerra mondiale, la Danimarca che aveva perso il dominio economico e politico dell’isola, lo riconquista e nel 1953 lo status coloniale si trasforma in “contea”. La Groenlandia si è poi resa autonoma nel 1979, ma di fatto è rimasta dipendente dalla Danimarca riguardo la politica estera. L’isola conta una popolazione di 56.000 abitanti che vivono su un territorio sterminato: 2,2 milioni di chilometri quadrati. Hanno una loro lingua , una cultura , una bandiera e un primo ministro ed hanno per loro “fortuna” o “disgrazia” giacimenti di risorse naturali. Infatti il loro immenso territorio custodisce oltre al petrolio, minerali di terre rare, Neodimio e Disprosio. Fino ad oggi questa terra custodiva gelosamente queste ricchezze, sotto metri e metri di ghiaccio, su una estensione territoriale inospitale e pericolosa da affrontare. Ma purtroppo (oltre il danno la beffa) il cambiamento climatico, gli effetti del riscaldamento globale, stanno sciogliendo i ghiacciai artici, aumentando la superficie terrestre abitabile, rendendo accessibili nuove risorse naturali, come appunto il petrolio e i minerali. Ecco cosa rende così appetibile questa terra così ostile agli USA e non solo a loro. Infatti dal 2012 al 2017 la Cina ha investito 450 miliardi di dollari in otto nazioni artiche, con lo scopo di aprire la “rotta del mare del nord”. Il governo cinese già nel 2018, ha dichiarato di voler costruire una “via della seta Polare”, per collegare l’Europa con l’Asia e facilitare i mezzi di trasporto. Gli Americani si sentono minacciati da questa “Polar Silk Road”, perché anche i Russi non se ne sono stati con le mani in mano e sono entrati sin dal 2017 nella partnership con la Cina su questo progetto. Ma i progressi Russi nell’ultimo decennio sono andati ben oltre. Hanno riaperto 50 ex postazioni militari sovietiche nell’Artico, investito molti soldi nella ricostruzione di 475 roccaforti militari dell’era della guerra fredda. Quindi la partita a Risiko, sembrerebbe svolgersi tra esperti e navigati “giocatori” quando si tratta di espropriare e rubare le terre degli altri. I Danesi hanno risposto piccati che la Groenlandia non è in vendita, ma qualcosa ci sfugge, i principali protagonisti di questa grottesca “partita” gli unici ad avere diritto di parola sulla gestione di questa terra, sono il popolo nativo degli INUIT. Diretti discendenti dei primi abitanti dell’Artico hanno dovuto affrontare le dure prove a cui li ha sottoposti un clima e un territorio così ostili. Ma la loro storia e sopravvivenza è segnata da qualcosa di ancora peggiore del clima, l’oppressione subita dai colonizzatori europei. Nella loro cultura gli Inuit non possiedono il concetto di “possesso” e “proprietà privata”, riferito sia ai beni materiali che alle risorse naturali. La loro cultura è basata sulla condivisione e cooperazione, ci hanno pensato i colonizzatori europei, a “spiegargli” il concetto di “proprietà privata”, espropriandogli con la forza le loro terre, usando tutte le armi possibili, inclusa l’arma coloniale per eccellenza “l’alcool” e quella infame della’”eugenetica razzista”. Una pratica condotta dalla Danimarca tra gli anni ’50-’60 ma conclusasi realmente solo negli anni ’70. Oggi la sopravvivenza di questo popolo è fortemente minacciata, sia dai cambiamenti climatici, ma anche dalle leggi che regolamentano la caccia , che a differenza del Canada e Norvegia , dove è praticata per fini commerciali, presso di loro è praticata solo e unicamente per la sopravvivenza. La scrittrice nativa groenlandese, Niviaq Korneliussen , racconta che nel 2019, la prima volta che Trump dichiarò di voler comprare la Groenlandia , la cosa suscitò quasi ilarità nel popoli Inuit, ma oggi al suo secondo mandato, il ritorno prepotente a questa idea sta preoccupando seriamente la popolazione, che non la percepisce più come una battuta, ma intravede il pericolo che il presidente americano vada avanti, con tutti i mezzi per concretizzare questa follia espansionistica. Inoltre questa proposta arriva in un momento in cui i rapporti tra il popolo Inuit e la Danimarca sono in continuo deterioramento, facendo aumentare il reciproco odio. Negli ultimi anni il dibattito in Groenlandia sul passato coloniale si è intensificato, questo grazie alle denunce e alle lotte di un gruppo di donne che ha riportato all’attenzione pubblica, rivendicando giustizia e risarcimenti, il programma di sterilizzazione forzata imposto alle donne Inuit. Alle parole di queste donne, che ricordano a tutti che “Se qualcuno non ha fatto l’esperienza diretta dell’odio della discriminazione, se qualcuno non ha conosciuto il dolore che che hanno conosciuto mia madre e mio padre, sarà molto difficile capire le sfumature di questo tema …” Il governo Danese a queste rivendicazioni risponde: “noi abbiamo fatto tutto per voi, voi siete sempre stati un fardello, abbiamo finanziato e speso molti soldi per voi”. Ancora oggi il popolo Inuit è un popolo schiacciato dal razzismo, annientato dall’aumento dei suicidi, soprattutto tra i giovani. Nonostante non si sia mai ripreso dal trauma della colonizzazione e dallo sfruttamento illegittimo delle sue terre, il popolo nativo sta oggi rimettendo in discussione con tutti i mezzi a disposizione la narrativa dei “Danesi brava gente” e la menzogna della “buona colonizzazione”. Grazie al loro impegno sono riusciti a far saltare i piani UE per sfruttare le miniere della Groenlandia. Ma anche con iniziative ricche di significato, come quella portata avanti da quattro donne originarie del villaggio Puvirnituq, che si sono fatte carico di far conoscere e tramandare il canto di gola degli Inuit (Katajjaq), canto che fu vietato fino agli anni 80 perché la chiesa cattolica lo riteneva una pratica satanica (gente che se ne intende bene di pratiche sataniste). Il canto viene eseguito da due donne che si tengono per le braccia e si sfidano in una gara di resistenza.
Ieri come oggi Resistenza, al colonialismo e alle mire imperialiste delle super potenze in “corsa per l’accaparramento dell’oro bianco”. Una “RESISTENZA” a cui abbiamo tutti l’obbligo di partecipare, con i mezzi che abbiamo a disposizione, con la solidarietà a tutti i popoli sottomessi, perché l’indifferenza rende complici.
S.O.