“UMILIARE PER SOTTOMETTERE”

Tutte le condanne della violenza sulle donne sono solo chiacchiere. L’abuso subito dalle militanti durante il fermo di polizia è passato sotto silenzio con la censura dei ministri che stanno portando in votazione, proprio in questi giorni, una legge per dare ai poliziotti più libertà di azione.
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Tutte le condanne della violenza sulle donne sono solo chiacchiere. L’abuso subito dalle militanti durante il fermo di polizia è passato sotto silenzio con la censura dei ministri che stanno portando in votazione, proprio in questi giorni, una legge per dare ai poliziotti più libertà di azione.

Il presidio organizzato dalle attiviste/sti di Ultima Generazione, Extinction Rebellion e Palestine Libera, davanti ai cancelli della fabbrica di armi Leonardo di Brescia (prima produttrice bellica Europea di armi, usate in molti degli attuali scenari bellici, inclusa la Palestina), si è conclusa con l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno spostato di peso i manifestanti, portandoli in questura. Tutto ciò nonostante che la manifestazione si fosse svolta pacificamente, e che tutti e 23 gli attivisti avessero accettato di essere identificati. L’atteggiamento pacifico e collaborativo dei manifestanti non ha risparmiato loro una denuncia per ” adunata sediziosa” e di ricevere fogli di via obbligatori. Un fermo di 7 ore in questura per gli”adempimenti di polizia” consistenti anche in “perquisizioni personali”…”per salvaguardare l’incolumità degli operatori di polizia”. In un video pubblicato sui social dal movimento di protesta ambientalista Extinction Rebellion, una delle militanti sottoposte al fermo, ha denunciato di essere stata costretta a spogliarsi, togliersi le mutande, e fare tre squat (poco importa che a controllare fosse un’altra “donna” poliziotta) per effettuare dei controlli, un trattamento, denuncia l’attivista “riservato solo a delle persone femminilizzate, ai maschi non è stato chiesto di spogliarsi”. E’ evidente che questi metodi umilianti riservati alle donne sono espressione di qualcosa che viene da lontano nel tempo, e che hanno l’unico scopo di farti vergognare e farti sentire “sbagliata”. Le strategie di genere sono da sempre usate per screditare le attiviste politiche e le militanti    in qualsiasi parte del mondo esse si trovino a combattere le loro battaglie. Le umiliazioni “fanno male” minano l’autostima e la sicurezza, contribuendo a mettere in dubbio le proprie scelte e capacità. L’umiliazione rappresenta il castigo “giustamente meritato dalle donne” come conseguenza alla loro disobbedienza. Gli arresti o i fermi politici delle donne (come nel caso di Brescia) sottoponendole a perquisizioni corporali, o alla diffusione dei dati personali, hanno uno scopo ben preciso, quello di inviare un messaggio chiaro a tutte … “possiamo mettere a tacere qualsiasi voce” … nessuna voce è autorizzata ad elevarsi al di sopra dello Stato. Formulando le accuse di mettere in pericolo “la sicurezza pubblica”, lo stato borghese mette in atto strumenti di repressione e umiliazione, per ben definire e restringere sempre di più i confini della libertà di espressione, ostentando un potere di controllo ed oppressione che sembra “inattaccabile”. Lo stato iraniano e quello israeliano (solo per citarne due), sono gran maestri in questo. Oltre ad eliminare fisicamente nelle piazze, o ad ucciderle nelle loro galere, sanno che l’arresto delle donne, nella società oppressiva maschilista, crea “ansia sociale”e soprattutto intimidisce tutte le altre donne che vorrebbero partecipare alle rivolte sociali, ma che magari non hanno la capacità di resistenza per affrontare tutta la repressione che si riverserebbe contro di esse. Probabilmente anche l’azione repressiva dello Stato Italiano, “nel suo piccolo” adottando questi sistemi di umiliazioni e abusi sui corpi delle donne, mira alla possibilità di portare queste ad autocensurarsi , abbandonando la lotta collettiva.
Ma come ci insegna la storia delle rivolte sociali, anziché smobilitare un movimento, la repressione spesso, ne alimenta la resistenza.
S.O.

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