METTERE FINE ALLE LORO GUERRE? COMBATTERE I PADRONI E I LORO GOVERNI

Le guerre dei padroni, le guerre dei capitalisti imperialisti della nostra epoca o si fermano con le rivoluzioni o finiranno con una nuova spartizione del mondo e dei rispettivi operai e poveri da spremere ad un nuovo livello, dopo averli fatti massacrare a vicenda.
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Le guerre dei padroni, le guerre dei capitalisti imperialisti della nostra epoca o si fermano con le rivoluzioni o finiranno con una nuova spartizione del mondo e dei rispettivi operai e poveri da spremere ad un nuovo livello, dopo averli fatti massacrare a vicenda.

Dallo sfruttamento degli operai all’oppressione dei popoli, dall’oppressione dei popoli all’aggressione delle nazioni più piccole da parte di quelle imperialiste il legame è indissolubile. Una consequenzialità diretta. Il capitalismo nella sua fase suprema produce questa realtà
Noi siamo contro i padroni che ci sfruttano, contro le guerre che fanno contro i popoli e le nazioni oppresse per rapinarle. Contro le guerre che si fanno fra loro per dividersi il bottino.
Ma noi che siamo contro le loro guerre non possiamo essere per la pace, invocandola ad ogni costo. Uno schiavo che vuole la pace vuole solo che la sua schiavitù rimanga in perpetuo.
Questo desiderio di pace che va dai preti agli uomini di buona volontà è in fondo il desiderio della pace sociale fra sfruttati e sfruttatori e non ci riguarda.
Le guerre dei padroni, le guerre dei capitalisti imperialisti della nostra epoca o si fermano con le rivoluzioni o finiranno con una nuova spartizione del mondo e dei rispettivi operai e poveri da spremere ad un nuovo livello, dopo averli fatti massacrare a vicenda.
Le montagne di morti non hanno impedito ciclicamente ai governi capitalisti di mandare a morire per i loro interessi nuove generazioni di soldati semplici.
Chi NON punta il dito sui veri responsabili di questi conflitti, che sono i ricchi e i loro governi lancia i soliti appelli alla pace che cadono naturalmente nel vuoto.
La borghesia israeliana punta a sterminare i palestinesi nel momento in cui hanno dimostrato di saper resistere all’oppressione del governo di Tel Aviv.
Il popolo palestinese ha prodotto nella sua lunga lotta per sopravvivere come popolo prima l’OLP e poi Hamas. Israele per risolvere il problema vuole tagliare la testa a questo movimento. Ora, che le tattiche di resistenza di questi movimenti siano validi o meno, che si appoggino su forze esterne poco affidabili tocca ai palestinesi stessi deciderlo, agli operai ed ai contadini poveri dei territori.
La resistenza all’oppressione israeliana è il dato di fatto principale che gli operai di tutto il mondo devono sostenere.
Il governo della borghesia israeliana deve far fuori anche i loro sostenitori esterni: in Libano, in Siria e in Iran. I governi di questi paesi sostengono i palestinesi con l’unico scopo di limitare l’espansione di Israele nell’area. Una controversia su interessi economici fra borghesi ricchi. L’Iran ha solo finito ieri di impiccare e incarcerare i manifestanti contro il regime. La vera linea di demarcazione è una linea retta che individua come primo nemico degli operai dell’area la borghesia israeliana che ha prodotto Netanyahu, nel paese imperialista più forte della zona. Non può mancare da parte operaia di tutto il mondo l’appoggio incondizionato alla resistenza palestinese con i suoi combattenti. Toccherà a loro decidere che mezzi usare per difendersi ma il movimento di liberazione dei palestinesi non può fare a meno del sostegno degli operai arabo-israeliani di Israele. Gli operai e il movimento di protesta israeliani sono l’unica forza che può oggi fermare il governo aggressore, ma una cosa è chiara i metodi di pressione non possono fermarsi alle passeggiate, ci vuole la forza in uno stato che ha fatto della forza bruta il suo sistema di rapporti con i popoli che opprime.
I contrasti fra i pretoni oligarchi dell’Iran e il governo Netanyahu è un contrasto fra capitalisti per il controllo dell’area. Essere contro il proprio governo ed augurarsi la sua sconfitta è una scelta che può affratellare le classi operaie israeliane e iraniane. Il sostegno del governo iraniano al popolo palestinese è una copertura di sceneggiate propagandistiche: come può un governo sostenere la lotta di un popolo oppresso dopo che nel proprio paese si è risposto con l’impiccagione delle manifestanti e dei manifestanti che protestavano?
Siamo entrati in una fase in cui il diritto internazionale costruito sui rapporti di forza delle potenze imperialiste uscite dalla seconda guerra mondiale è solo carta straccia, l’ONU è sbeffeggiato apertamente, conta solo la forza e chi la mette in campo. Richiamarsi oggi al diritto internazionale è come tentare di resuscitare un morto.
Ogni governo imperialista sceglie da che parte stare sulla base degli interessi economici dei padroni dei quali è il comitato d’affari. Gli operai non possono fidarsi delle loro dichiarazioni ufficiali.
STANNO con Netanyahu e lo sostengono con gli armamenti mentre aggredisce bombardando gli insediamenti palestinesi provocando un genocidio, si schierano CONTRO l’imperialismo di Putin che sta facendo la stessa cosa con gli ucraini. Qui si vede chiaramente che ciò che li muove non è nè libertà dei popoli, nè pacifismo di facciata. E i sovversivi della piccola borghesia li seguono a parti rovesciate: da una parte sostengono giustamente i palestinesi senza andare troppo per il sottile sulle differenze di classe al loro interno, mentre dall’altra fanno gli equidistanti se non i sostenitori di Putin nella guerra che sta facendo all’Ucraina. Gli operai in lotta contro l’imperialismo internazionale non possono costruire una loro politica indipendente avendo come riferimento le dichiarazioni in quel momento dei loro padroni.
Ogni volta che una grande potenza imperialista opprime un popolo o una nazione, vuol sottometterla con la forza, gli operai si schierano con la resistenza, la promuovano, la usano come tappa per una loro rivoluzione.
Ogni volta che i paesi imperialisti si scannano per la propria supremazia sul mercato mondiale, per spartirsi zone di influenza, territori, gli operai dei paesi belligeranti non hanno altra strada che una rivoluzione contro i propri governi, che augurarsi la sconfitta del proprio e sfruttare l’occasione per prendere il potere. Al massacro di una guerra per gli interessi dei padroni si risponde con un nuovo ordine sociale.
Ma naturalmente manca l’elemento capace di far pesare come forza autonoma gli operai, e finché siamo in questa situazione la guerra imperialista e la pace imperialista la decideranno i capitalisti.
Questa è la ragione che spinge noi operai, in ogni parte del mondo alla costituzione di un nostro partito indipendente, il partito operaio.
PARTITO OPERAIO

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