Aumenta la richiesta di cassa integrazione in tutti i settori industriali. Un vero e proprio esercito operaio di riserva viene mantenuto inattivo con i soldi pubblici secondo le necessità degli industriali. Un esercito operaio che deve vivere con un contributo che copre circa metà del salario mensile ai quali i padroni rifiutano anche un’integrazione.
Caro Operai Contro, dei 103mila metalmeccanici in cassa integrazione guadagni (cig) i giornali non parlano. A orario ridotto o a zero ore, niente prima pagina, neanche un titolo. Non devono fare notizia. Se poi come spesso avviene, la soluzione arriva con il licenziamento, meglio che i riflettori siano lontani. Saltuariamente e molto di fretta i telegiornali danno conto di questa o quella azienda in crisi, ma il dato complessivo dei cassaintegrati in tutti i settori è oggetto da “caccia al tesoro”.
Cortina fumogena anche sul numero delle aziende in crisi, circoscritte a 32, ovvero quelle con “tavolo aperto” al Ministero, con “58 mila operai e dipendenti a rischio”.
Le ore di cig continuano a salire. Sommando cig ordinaria, straordinaria, in deroga, in solidarietà, c’è stato un balzo del 36,8%, passando dalle 34,5 milioni di ore autorizzate a maggio 2023, alle 47,2 milioni di ore del maggio 2024.
I mezzi d’informazione hanno metabolizzato e – quando raramente ne parlano – rilanciano il dato falso per il quale gli operai in cig, prenderebbero un assegno pari all’80% del loro salario pieno, perderebbero quindi il 20% del salario.
Ma questa è una gigantesca falsità, in cig ci si perde fino e oltre la metà del salario!
Il tema non viene mai sviscerato dai media, nei dibattiti televisivi, tanto meno affrontato dai partiti in parlamento, men che meno dal governo.
Preferiscono lasciar correre il luogo comune che basterebbe fare un po’ di sacrifici quando sei in cassa integrazione, tirare un po’ la cinghia fino quando si torna ad orario pieno, (ammesso che non arrivi il licenziamento) quasi come se il problema non ci fosse. (Oggi poi anche a salario pieno si tira la cinghia).
Da uno studio non più recente, ma ancora valido come ordine di grandezza della perdita di salario in cig, Fiom Cgil, ne evidenzia la perdita in tre esempi, perdita che varia dal 48,5% al 53% del salario, compresi ratei mensili, tredicesima, ferie, premi di produzione ecc. ecc.
“Non è vero che la cassa copre l’80% degli stipendi – se guardiamo ai minimi tabellari del Ccnl Industria metalmeccanica:
L’indennità di cig è: per un 3°livello al 65%
per un 4° livello al 62%
per un 5° livello al 58%
Se poi guardiamo alle retribuzioni di fatto, la perdita è ben superiore. Tre esempi:
– Operaio settore Auto 3°livello turnista con 2 scatti di anzianità. Su uno stipendio netto di 1.220, perde circa 460 euro a mese cui si aggiungerebbero altri 257 euro di perdita di ratei con una diminuzione complessiva di circa 716 euro pari circa il 48,5% delle competenze maturate nel mese (retribuzione mensile più ratei) (In un trimestre perde 2.149 euro).
– Operaio 4° livello non turnista con 2 scatti di anzianità e un premio aziendale di €100 mensili. Su uno stipendio netto di €1.210 perde mensilmente € 450 rispetto a alla paga mensile cui vanno aggiunti altri € 254 per i ratei non maturati di 13°, Par e ferie, per una perdita complessiva di € 704 pari a oltre il 48% delle competenze maturate nel mese (retribuzione mensile più ratei) (In un trimestre perde 2.112 euro).
– Operaio siderurgico di 5° livello turnista (21 turni) con 2 scatti di anzianità. Su uno stipendio netto di € 1.535 perde mensilmente 655 euro cui si aggiungono altri 323 euro di perdita per ratei non maturati, per un totale di perdita di circa 973 euro, che corrisponde a circa il 53% delle competenze maturate nel mese (retribuzione mensile più ratei) (In un trimestre perde 2.934 euro)”.
Nel 2024 l’importo massimo mensile di cig, è fissato nella cifra di 1311,56 euro al netto del contributo previdenziale del 5,84%. Dagli esempi sopra, s’intuisce chiaramente che non cambia l’ordine di grandezza di quanto si perde stando in cassa integrazione.
Gli operai della INNSE di Milano (esempio di una storica lotta) hanno dimostrato che resistere è possibile: ottenere l’integrazione della cig al 100% e respingere i licenziamenti. A condizione che la lotta sia condotta con i piedi per terra e non affidata a iniziative massimaliste e/o allegoriche che riducono la fabbrica a un porto di mare dove tutti, padrone compreso, possono entrare e uscire e all’occorrenza prendersi il macchinario, magari con il consenso dei delegati sindacali.
L’azione di lotta collettiva degli operai può smascherare anche i partiti in parlamento, che scandalosamente stanno zitti di fronte al rifiuto delle aziende di integrare l’assegno di cig al 100% del salario e non pensano nemmeno lontanamente di rivalutare gli importi mensili stabiliti dall’INPS condannando gli operai alla discesa verso la miseria nera. Stanno al gioco dei padroni e del loro governo. La cig quando non serve per spianare la strada ai licenziamenti di massa è un affare per i padroni, l’esercito di riserva degli operai sempre a disposizione e mantenuto interamente con i soldi pubblici.
Saluti Oxervator.