IL CONVITATO DI PIETRA, L’ASTENSIONISMO.

Il più importante avvenimento politico di questi mesi sparito dal dibattito pubblico, esorcizzato come se fosse una lieve influenza che passerà presto. Non sarà  così, si è aperta la possibilità di nuove alternative politiche per gli operai e per gli strati bassi della popolazione.
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Il più importante avvenimento politico di questi mesi sparito dal dibattito pubblico, esorcizzato come se fosse una lieve influenza che passerà presto. Non sarà così, si è aperta la possibilità di nuove alternative politiche per gli operai e per gli strati bassi della popolazione.

Alle elezioni Regionali nel Lazio del 12-13 febbraio 2023 il primo partito è risultato essere quello degli astensionisti con il 62,8% degli aventi diritto al voto che hanno disertato le urne.
“Vittoria netta del centro destra” (CdS 14/2/23). A leggere i giornali dei padroni e sentire i notiziari radio-televisivi dei giorni successivi alle elezioni regionali il fatto non fa notizia. Anche i leader dei partiti borghesi di destra e di sinistra che si sono presentati alle elezioni lo ignorano deliberatamente.
934.604 sono i voti ottenuti da Francesco Rocca candidato della coalizione di partiti di Centro Destra per la Regione Lazio, che corrispondono al 19,5% degli aventi diritto al voto nella regione, 4.786.000 in totale. Probabilmente il presidente di giunta regionale con la percentuale di voti reali più bassa di sempre, nemmeno due elettori su dieci lo hanno votato.
Il partito di maggioranza cioè gli astenuti ammontano a 3.057.152.
“Il voto regionale rafforza il governo” dichiara subdolamente entusiasta Giorgia Meloni. Ma è davvero questa la realtà? Analizziamo i risultati reali.
Il partito della Meloni, Fratelli d’Italia ottiene alle regionali del Lazio 519.633 voti mentre alle elezioni politiche del settembre 2022 aveva ottenuto 844.939 voti. Perdendo in 100 giorni oltre 325mila voti.
La Lega di Salvini perde quasi 40mila voti passando da 170.384 voti delle politiche a 131.631 voti alle regionali.
Rimanendo nel centro destra non va molto meglio al partito di Berlusconi che con i 130.368 voti delle regionali perde oltre 50mila voti rispetto alle politiche, dove ne aveva ottenuti 185mila.
Nella coalizione di centro sinistra Letta, il segretario dimissionario del PD, maggiore partito della coalizione rivendica la tenuta elettorale del Partito Democratico, ma i numeri non tengono conto della retorica o viceversa.
Il Partito Democratico in tre mesi perde rispetto alle elezioni di settembre 200mila voti passando dai 523mila voti delle politiche ai 313.23 voti delle regionali.
Crolla anche il partito di Renzi e Calenda, Italia Viva, che ottiene 43.314 voti rispetto ai 104,527 voti delle politiche.
Frana rovinosamente il Movimento 5 Stelle passando dai 406.065 voti di settembre ai 186.876 voti delle regionali.
Come è evidente dai numeri reali e contrariamente a quello che pubblicamente sostiene la classe dirigente che siede in parlamento, tutti i partiti borghesi indistintamente perdono consensi.
Prendendo in considerazione il risultato delle elezioni nel Lazio e in Lombardia (vedi anche articolo OC del 16/02/23) appare chiaro che oltre 6 elettori su 10 aventi diritto al voto, hanno deliberatamente deciso di non recarsi alle urne. Non si tratta di un campione irrilevante e marginale, 12.250.000 elettori sono circa il 25% del totale degli aventi diritto, una percentuale più alta se non teniamo conto degli oltre 4 milioni di residenti all’estero.
Una scelta, quella dell’astensione di massa che mette esplicitamente in crisi l’immagine stessa della democrazia formale borghese, basata sul consenso della maggioranza della popolazione.
Gli astensionisti si sono dimostrati refrattari a qualsiasi tipo di retorica che li voleva “mobilitati al voto” sia quella dei partiti della sinistra borghese a difesa della “costituzione più bella del mondo”, sia dai sostenitori della difesa identitaria nazionale. Neanche l’attuale inquilino del Quirinale è stato in grado di fare breccia con la sua pretesa imparzialità, ed è eloquente il suo mutismo a proposito dell’astensionismo.
La democrazia formale cerca di coprire, di celare i reali rapporti di forza tra le classi.
La classe dominante, la borghesia, per continuare ad estorcere la ricchezza prodotta dagli operai si è data una struttura legislativa che rende legittima questa appropriazione, senza il consenso popolare della democrazia formale il carattere dispotico della classe al potere diventa palese, senza più veli.
L’astensionismo però non può essere interpretato come una scelta ideologica, piuttosto è la conseguenza di una scelta dettata dalle proprie condizioni materiali: “non voto perché nessuno dei partiti in lista rappresenta i miei interessi”. Gli operai, i disoccupati, le classi subalterne prendono atto che le elezioni, comunali, regionali, politiche e i partiti che si candidano, sono irrilevanti rispetto all’andamento delle proprie condizioni di vita in continuo peggioramento.
Un primo passo comunque importante.
Rimane la questione non se, ma quando gli operai, sottraendosi all’attuale anestesia in cui sono tenuti dai sindacati filo padronali, saranno in grado di mettersi a dirigere questa tendenza maggioritaria.
M. C.

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