IRAN, LA FORCA AL LAVORO

Non basteranno tutte le forche dell’Iran a fermare la gioventù in rivolta. La repressione può rallentare la caduta del regime ma non evitarla, può anche spingere le forze in campo ad una resa dei conti imminente. Ed è quello che sta maturando...
Condividi:

Non basteranno tutte le forche dell’Iran a fermare la gioventù in rivolta. La repressione può rallentare la caduta del regime ma non evitarla, può anche spingere le forze in campo ad una resa dei conti imminente. Ed è quello che sta maturando…


 

La forca lavora ogni giorno in Iran. Piccoli spacciatori, omicidi e disgraziati simili ogni giorno passano il supplizio. Dopo una pausa di due anni hanno ricominciato a salire il patibolo anche i rivoluzionari che si battono contro il regime teocratico dei mullah.
Moshen Shakari è stato il primo giovedì scorso: 23 anni, arrestato a settembre per aver bloccato una strada e minacciato un ufficiale basiji (delatori e provocatori, stampelle dei mullah) nel corso di una manifestazione, ha subìto un processo farsa senza avvocato difensore, accusato tra l’altro di “guerra contro dio e contro la terra” (moharebeh in persiano, spauracchio per terrorizzare le coscienze) che porta diretto al patibolo.
Almeno altri venti, tra uomini e donne, sono in attesa dell’esecuzione. Alcuni minorenni.
Secondo Hrana (attivisti per i diritti umani), al 7 dicembre erano 481 i manifestanti uccisi in strada o massacrati nei commissariati e nelle prigioni, spesso da sbirri o altri delinquenti in borghese. Decine i manifestanti rapiti dalle loro case la notte e molti di loro scomparsi ormai da mesi senza averne notizie. Migliaia i feriti e almeno 18.250 imprigionati.
Il regime dei mullah non si ferma di fronte a nessun crimine e contrasta il movimento rivoluzionario, a seconda dei casi, con i tribunali oppure con i criminali di strada.
In gioco c’è il potere per governare le enormi ricchezze che vengono dal petrolio, dall’industria meccanica ed edile, dal contrabbando di merci soggette a sanzioni, questo ultimo ramo economico monopolio dei pasdaran (le guardie della rivoluzione create da Khomeyni, distintesi nella guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, presenti oggi anche nello stesso Iraq e in Siria a fianco di Bashar al-Assad)).
Religiosi, grandi burocrati di stato, amministratori delle aziende statali, imprenditori privati e pasdaran fanno blocco contro la montante richiesta di cambiamento e libertà espressa dal movimento rivoluzionario che coinvolge sempre più ceti medio-piccolo borghesi e proletari e che, se ha avuto come innesco l’assassinio di Masha Amini, in realtà è la continuazione del movimento di resistenza ai mullah sin dal loro insediamento e che procede ad ondate. L’ultimo atto della rivoluzione prima della fase attuale sono state le sollevazioni nel 2018/2019 a causa della incapacità del governo a frenare l’inflazione e la miseria crescente tra molti settori popolari.
Anche allora il governo reagì in modo spietato: 1500 morti tra i manifestanti, 12.000 imprigionati. Condanne a morte di cui l’ultima, per Mostafa Salehi, eseguita il 5 agosto 2020. I parenti delle vittime di allora sono al fianco delle famiglie colpite oggi.
Ma il più grande risultato della lotta passata è che sono cadute le illusioni su una possibile dialettica tra colombe e falchi del regime, non vi è reale possibilità di riformarlo: i manifestanti hanno chiaro che, al di là di intrighi di palazzo, a volte anche di carattere mafioso, c’è compattezza delle fazioni del potere quando si tratta di difendere la comune condizione di privilegio. Nel 2018 i manifestanti scandivano “Riformisti, intransigenti, il gioco è finito”. Nelle manifestazioni attuali si è diffuso il concetto che la sola via è quella di rovesciare il regime. Significativo che le esternazioni della sorella di Khamenei contro il fratello, che hanno sollevato tanta eco nella stampa occidentale, non sono state minimamente considerate dal movimento rivoluzionario.
La repressione sanguinaria non ha ancora avuto ragione dei manifestanti che resistono per un periodo più lungo dei precedenti. Anzi, a fianco di ragazzi e ragazze che in strada sfidano ogni sera il regime, si schierano, in tutto il paese, ceti e settori borghesi-piccolo borghesi coinvolti in un qualsiasi modo: medici che hanno una collega condannata a morte per sovversione, bancari in sciopero per motivi contrattuali, avvocati che protestano per l’esclusione dai processi politici; artisti, insegnanti, sportivi (un calciatore condannato a morte).
Un caso particolare quello dei commercianti di negozio e bazar, compreso il bazar di Teheran che è punto di riferimento per tutto il paese: hanno aderito massicciamente allo sciopero di tre giorni indetto la scorsa settimana contro la repressione. Hanno aderito in tutto il paese, città e villaggi; la compattezza è tale che si sono fermati anche i gestori dei negozi di proprietà dei pasdaran! Brutto segno per il regime perché perde i legami con i commercianti che sono un formidabile mediatore negli scontri sociali: furono decisivi nel favorire l’ascesa al potere di Khomeini creando un opinione pubblica favorevole.
La mobilitazione cresce anche in ambiente operaio che, sebbene al momento non sia al centro della repressione, impegnata con i manifestanti nelle città, a ottobre ha avuto più di 250 arresti (Consiglio dei lavoratori dell’industria petrolifera). E’ aumentato il numero di siti lavorativi (petrolio, meccanica, edilizia, trasporti camionistici) nei quali hanno aperto vertenze a carattere economico ma che esprimono anche sostegno alla lotta contro la repressione in generale. L’adesione allo sciopero nazionale di tre giorni è stata alta e in alcuni casi l’agitazione sta proseguendo in relazione alle vertenze locali.

La società iraniana è sempre più coinvolta nel movimento rivoluzionario; corruzione, controllo asfissiante quotidiano, violenza, spingono a cercare un’alternativa che al momento non è matura. Non esistono ancora le condizioni per un’insurrezione: come hanno cominciato a notare nei social, manca una direzione unica del movimento, per portare tutti all’assalto. I vari settori medio piccolo-borghesi e proletari non hanno ancora creato tra loro modi di comunicazione stabili e quindi di coordinamento. Poi è presto per notare avvisaglie di demoralizzazione tra le forze repressive, anzi sono ancora più arroganti e violente: fanno di tutto per scongiurare un cambio di regime che potrebbe costare loro caro. Infine la grande borghesia e il sistema dei mullah sono ben solidi, dalle moschee di quartiere al sommo Khamenei, perché il movimento non ha ancora colpito qualche loro interesse vitale e non ha ancora creato un inizio di contropotere, a parte la coraggiosa presenza in strada ogni giorno.
La situazione si presenta così aperta a soluzioni opposte: una insurrezione vittoriosa il cui carattere sarà definito dall’elemento sociale che ne prenderà la direzione, tutta da preparare con il contributo essenziale della classe operaia; oppure una sanguinosa disfatta dalla quale i rivoluzionari ripartiranno per la prossima ondata.
M. B.



DOCUMENTO
Il consiglio organizzatore delle proteste dei lavoratori petroliferi condanna l’esecuzione di Mohsen Shekari

Mohsen Shekari è stato giustiziato con l’accusa di aver partecipato a proteste pubbliche.
Diverse decine di migliaia di persone sono in carcere con la stessa accusa.
Questo è il pericolo che minaccia tutti i detenuti e ognuno di noi che alziamo la voce per protestare.
Ora noi, le persone che protestano e cercano i diritti, sappiamo che il governo sta pensando con esecuzioni, arresti e confessioni forzate di poter ridurre la voce della nostra protesta, ma si sbaglia di molto.
Noi difendiamo le nostre vite e i nostri mezzi di sussistenza con tutte le nostre forze.
Non siamo più disposti a vivere nella schiavitù e nel silenzio.
Le esecuzioni e la repressione non possono allontanarci dalle nostre rivendicazioni e dal diritto ad avere una vita dignitosa e ad avere rispetto e dignità.
Il nostro slogan è donna, vita, libertà e ci battiamo per questo.
Appoggiamo gli appelli popolari per scioperare e protestare domani contro l’esecuzione e per liberare i detenuti.
Proviamo a rilasciare tutti i detenuti. Libertà, libertà, libertà.
Unità, unità, unità.
Sciopero, sciopero, sciopero sono i nostri slogan urgenti.
https://t.me/shoranaft


CRONACA MINIMA
Le manifestazioni sono sempre pacifiche ma in alcuni casi si è reso necessario l’uso della forza: un poliziotto ucciso a Isfahan, caserme basiji date alle fiamme, spazzolatura dei negozi pasdaran che non hanno aderito allo sciopero come gli altri. Solo in territorio curdo ci sono stati scontri armati. Per un organizzazione pratica minima sono in produzione video educativi. Già apparsi quello per preparare molotov; sul comportamento da tenere sotto interrogatorio se arrestati (e se si arriva sani all’interrogatorio), sul trattamento di primo soccorso per ferite da armi da fuoco. È in funzione un servizio di controinformazione militante: vengono resi pubblici fotografie, identità, indirizzo di casa e di lavoro, numero di telefono e cellulare di delatori, sbirri e basiji violenti, giudici e simili. Ad esempio sono pubbliche le identità dei falsi testimoni che hanno portato al patibolo Moshen Shakari: uno sbirro e un basiji, più il giudice specializzato in condanne a morte.
Il regime si compra i suoi servi: riparametrazione delle pensioni di funzionari statali agli stipendi statali correnti: cioè aumento del 20% per gli stipendi di polizia e forze armate.
Lista, parziale, delle aziende e siti che hanno aderito allo sciopero nazionale di tre giorni:
-Pars Oil and Gas Company: 37 piattaforme di gas nella regione di South Pars: hanno ottenuto aumenti di salario in due rate.
-Mahshahr Petrochemical Tanks and Terminal: circa 500 lavoratori scioperano per aumento di salario, bonus, riconoscimento di altre condizioni e fine della discriminazione tra lavoratori fissi e a tempo determinato.
-Haftpeh Sugarcane, produttore di canna da zucchero.
-Impianti petrolchimici di Asalouye, Bandar Abbas, Abadan, Bushehr.
-Ghadir Niriz Fars Steel, Esfahan Steel Company acciaio.
-Mashahr pipes tubi.
-Centrale elettrica a ciclo combinato di Abadan.
-Pardis Petrochemical Urea Production Complex di Asalouye.
-Cruise Company produttore di componenti per l’automotive.
-Bahman Motor Group.
-Nasimshahr: autisti e addetti al locale polo logistico.
-Masjid Suleiman Petrochemical.
-Grida elettrodomestici.
-Mercato di Ganaveh, controllato dai pasdaran ha comunque aderito alla sciopero.
-Sepahan Cement Company.

Agitazione anche tra i contadini nella zona di Isfahan per problemi di irrigazione. Danno fastidio ai mullah il cui reddito storicamente era ed in parte è ancora costituito dalla rendita fondiaria.

Infine, a casa nostra, gli antimperialistiantiamericani tutti di un pezzo hanno già stabilito che si tratta di una rivoluzione colorata, fomentata dagli amerikani, come ad esempio https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/iran-i-morti-di-izeh-e-la-partita-con-gli-stati-uniti che si scorda di raccontarci chi avesse fomentanto negli anni passati. Fanno così il tifo per la repressione di operai e studenti. Forse riceveranno simpatia dall’ambasciata iraniana a Roma. Di sicuro non cambia niente per chi si sta battendo in strada contro i mullah.

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.