CHI HA VISTO GIUSTO NELL’AFFARE WÄRTSILÄ?

L’accordo è fatto. Gli operai l’hanno approvato e Wärtsilä chiuderà la produzione il 30/11/2023. Il solito impegno alla reindustrializzazione che impegna tutti ma non obbliga nessuno. Si scoprirà che avevano ragione quei pochi operai e i sindacalisti dell’USB contrari all’accordo. Ma sarà troppo tardi.
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L’accordo è fatto. Gli operai l’hanno approvato e Wärtsilä chiuderà la produzione il 30/11/2023. Il solito impegno alla reindustrializzazione che impegna tutti ma non obbliga nessuno. Si scoprirà che avevano ragione quei pochi operai e i sindacalisti dell’USB contrari all’accordo. Ma sarà troppo tardi.


 

Facciamo il punto per capire come si è arrivati ad oggi, come si giunti alla firma di un accordo tra Mise, regione Friuli e sindacati (CGIL, CISL e UIL), che sembrerebbe garantire le attività di produzione nello stabilimento della Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra e forse, a detta dei firmatari dell’accordo, evitare licenziamenti di oltre 400 operai.
Nella metà luglio 2022 la multinazionale finlandese Wärtsilä aveva comunicato la chiusura della fabbrica di Trieste dove si producono grandi motori marini da 1,9 MW a 23 MW e il conseguente licenziamento dei dipendenti.
Immediatamente gli operai avevano incominciato a scioperare presidiando la fabbrica ed il sindacato aveva proclamato lo sciopero dei portuali per bloccare  la consegna di 12 grandi motori fermi nel piazzale della Sea Metal, sul Canale navigabile di Trieste, in attesa di essere spediti alla DSME (Daewoo Shipbuilding & Marine Engineering).
A distanza di 4 mesi CGIL, CISL e UIL, dopo che gli stessi sindacati avevano convinto gli operai a mollare il presidio ed a consegnare i 12 motori, siamo d’accapo. I sindacati hanno firmato questo  accordo con l’impegno che si provveda alla consegna di un ordine di 6 altri motori ordinati dalla Fincantieri. 
Motori che potevano essere ancora tenuti come ostaggio dagli operai, dato che stanno ancora in fabbrica, nella prospettiva di ottenere un accordo inoppugnabile che garantisse agli stessi operai un accordo con i fiocchi di piena occupazione e di una continuità produttiva se non con Wärtsilä, almeno con un altro padrone che è più elegante chiamare imprenditore.
La nave è arrivata, la consegna dei motori sta per essere effettuata, l’accordo è stato firmato e gli operai si troveranno ancora una volta appesi ad un filo nella speranza che l’accordo firmato dai sindacati sia, come lo raccontano, la garanzia della continuità produttiva e l’assunzione di tutti e non sia la solita vigliaccata che invece li accompagnerà al portone della fabbrica senza nulla ottenere.
Ad ogni modo l’approvazione dell’accordo da parte dei 700 lavoratori c’è stato. Evidentemente ancora si riesce a far accettare questi accordi promettendo ciò che non c’è, ma giurando che non ci sono alternative.
Nel merito bisogna rilevare 2 cose. La prima è che gli operai occupati sono scesi da 450 dall’inizio della lotta agli attuali 337 (Sole 24 ore); la seconda è che il sindacato USB non ha firmato l’accordo sostenendo:  “Quello invece sottoscritto nella notte al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, non è nient’altro che il lasciapassare garantito all’azienda per l’uscita immediata dei motori, delle forniture e per la conseguente chiusura della produzione di motori sancita nero su bianco il 30 settembre 2023”
Ma  nello specifico in che consiste l’accordo? 
1)“Entro questa data l’azienda si impegna a non riattivare alcuna procedura di licenziamento collettivo. È contestualmente avviato un percorso di reindustrializzazione del sito per tutelare i posti di lavori dei dipendenti della Wärtsilä e dell’indotto”. Questo è quanto dichiarato dall’assessore al lavoro della regione Friuli, Alessia Rosolen. Un impegno a non licenziare prima del giorno dello STOP della produzione Wärtsilä, e che garanzia è?
2) La produzione è “garantita” fino al 30 settembre 2023, da marzo 2023 sarà previsto l’utilizzo dei contratti di solidarietà per gestire il calo delle commesse legato al fatto che Wärtsilä abbandonerà la fabbrica al proprio destino. Le “organizzazioni sindacali e Confindustria si attiveranno per assicurare gli ammortizzatori sociali ai lavoratori dell’indotto”. Una discesa ammortizzata in funzione del completamento delle commesse in atto ed allo svuotamento dell’attività. 
3) “La società (Wärtsilä), il Ministero, e i rappresentanti della Regione Friuli Venezia Giulia hanno messo per iscritto la propria volontà di accompagnare il percorso di reindustrializzazione con una serie di momenti di confronto presso lo stesso Mimit. ( Ministero delle imprese e del made in Italy) Il primo di questi è previsto a marzo 2023”La data coincide con l’inizio dei contratti di solidarietà, saranno i soliti incontri con tanto fumo e tanta cassa integrazione comunque mascherata.
4) Presentazione, entro il 31 gennaio 2023, di un piano industriale comprensivo degli investimenti per le attività non coinvolte dal processo di reindustrializzazione con l’obiettivo di garantire i posti di lavori nei siti impiegatizi di Trieste, Napoli e Genova ( la parte tecnico impiegatizia della fabbrica e in qualche modo protetta)
5) Un impegno nel contempo ad investire 5 milioni di euro di fondi propri nello sviluppo dell’area R&D e Service (ricerca e sviluppo, praticamente solo la parte tecnica della progettazione senza produzione)  che rimarrebbe, nei piani di Wärtsilä, a Trieste, anche dopo l’abbandono delle attività di produzione.

Nella sostanza per gli operai della Wärtsilä triestina si preannuncia un futuro di lacrime e sangue, nulla di concretamente esigibile sulla continuità di attività della parte direttamente produttiva dello stabilimento, anzi la questione vera che si va configurando è lo sganciamento della parte progettuale della fabbrica e il mantenimento di quest’ultima da parte dei finlandesi di Wärtsilä. Saranno in tanti a spacciare il mantenimento di questa attività tecnico-impiegatizia come un risultato per l’intera città. Gli operai produttivi possono essere sacrificati, non è difficile trovarli ad un costo inferiore. La forza di imporre la continuità dell’attività produttiva, di legare le mani a Wärtsilä impedendogli di sganciarsi prima di aver garantito questa continuità era il minimo che si doveva ottenere da un accordo, i motori ostaggi in officina erano la garanzia. Si è voluto scendere ad un compromesso a perdere, non si è imparato niente sulle “reidustrializzazioni” dove un prestanome si impadronisce del terreno e dei macchinari a costo zero per poi rivenderli.
Operai che hanno accettato accordi simili a questo senza mettere in campo la loro forza, senza essere determinati a resistere delegando al sindacato collaborazionista la trattativa, è una pratica quotidiana di centinaia di fabbriche che hanno chiuso mettendo gli operai in mezzo ad una strada. Ancora una volta chi ha visto giusto sono i pochi operai e i sindacalisti dell’USB della Wärtsilä che hanno criticato l’accordo. Quando si scoprirà che avevano ragione loro sarà troppo tardi, ma dagli errori si può sempre imparare.
D.C.

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