WÄRTSILÄ, UN CONSIGLIO AGLI OPERAI: NON MOLLATE I MOTORI

CGIL, CISL e UIL hanno deciso di far caricare i motori bloccati nel porto, erano un ostaggio importante per costringere la dirigenza a tenere aperta la fabbrica. Se gli operai vogliono c’è ancora tempo per fermarli.
Condividi:

CGIL, CISL e UIL hanno deciso di far caricare i motori bloccati nel porto, erano un ostaggio importante per costringere la dirigenza a tenere aperta la fabbrica. Se gli operai vogliono c’è ancora tempo per fermarli.


 

Il giudice del lavoro del tribunale di Trieste il 23 settembre ha accolto il ricorso contro i 451 licenziamenti della Wärtsilä Italia, promosso da CGIL CISL e UIL, annullando i licenziamenti e costringendo Wärtsilä ad aprire la procedura per riduzione del personale.
Di fatto Wärtsilä, nel luglio scorso, aveva licenziato i 451 operai in videoconferenza, senza nemmeno avviare la procedura di licenziamento collettivo prevista dalla legge.
Nella realtà i licenziamenti coinvolgono quasi esclusivamente tutti gli operai mentre, a detta di Håkan Agnevall, presidente e CEO di Wärtsilä per il rimanente dei dipendenti esiste la concreta possibilità di continuare a lavorare negli uffici della fabbrica: “nel futuro il nostro sito a Trieste si concentrerà su attività di ricerca e sviluppo, vendite, project management, sourcing, servizi e formazione. Una parte importante dei nostri dipendenti a Trieste è oggi impegnata in queste attività”.
Questa dichiarazione è piuttosto fondamentale a fronte della sentenza del tribunale del lavoro che, rimandando tutto alla procedura ufficiale di riduzione del personale e non determinando la cancellazione dei licenziamenti, lascerà la porta aperte a possibili accordi che mantengano solo la parte tecnica impiegatizia, lasciando gli operai in mezzo ad una strada. 
La procedura prevedendo delle norme precise fatte di incontri in sedi ufficiali con i sindacali e di accordi sottoscritti da ambo le parti, non esclude  affatto che i  licenziamenti non vadano avanti. E non esclude nemmeno che coinvolgano solo una parte dei lavoratori.
È infatti significativa la dichiarazione  rilasciata alla LaPresse dell’avvocato del sindacato, Franco Focareta, subito dopo la sentenza : “L’azienda deve avviare il normale confronto sindacale, deve attivare le procedure di confronto sindacale sia nazionale che aziendale; esaurita questa fase, se riterrà di restare ferma sulla procedura di licenziamento collettivo, nulla le impedirà di riavviarla. Ma dopo, non prima”.
Infatti, terminati gli incontri stabiliti dalla  procedura, indipendentemente dal raggiungimento di un accordo, “il datore di lavoro può licenziare i lavoratori in esubero attenendosi a specifici criteri di scelta.”. La cosa sconcertante è che a fronte a questa possibile prospettiva, in una nota del 28 settembre l’ANSA scrive che: “Potrebbero cominciare domani mattina le operazioni di imbarco dei 12 motori costruiti nella fabbrica Wartsila di San Dorligo della Valle e destinati alla Daewoo.” La probabile partenza dei 12 motori rappresenterebbe il fallimento dei picchetti operai e degli scioperi dei portuali che fino ad ora hanno impedito il carico dei motori. Senza l’ostaggio dei motori gli operai andrebbero agli incontri senza nessun mezzo per obbligare i padroni a sottoscrivere un accordo che cancelli definitivamente i licenziamenti. 
ANSA scrive che non si tratterebbe di una operazione semplice e nemmeno rapida. Inoltre: “questa è soggetta all’esito dell’incontro tra i rappresentanti della stessa DSME (Daewoo Shipbuilding & Marine Engineering) e i sindacati territoriali, chiesto dalla prima e di cui non sono ancora stati forniti dettagli. Ieri si è svolto un confronto in Prefetture ma non è stato reso noto l’esito”.
Bisognerà capire che pressioni ha esercitato Daewoo verso la prefettura per un eventuale sblocco dei motori e che garanzie ha dato la prefettura a Daewoo per prendersi la merce.
Di fatto, se come scrive ANSA le operazioni di imbarco si faranno, la responsabilità  sarà tutta di chi, a fronte delle pressioni dei rappresentati dello stato, darà mano liberà all’imbarco sospendendo lo sciopero dei portuali. Vale a dire i rappresentanti territoriali del sindacato.
Gli operai per ora non hanno mollato il presidio della fabbrica per “ vigilare che l’azienda non venga smantellata”. Ma presentarsi agli incontri solo con il presidio della fabbrica svuotata dalle merci e senza l’ostaggio dei motori, significherà mettere il capo sul ceppo del boia.
Nel frattempo si scopre che i politicanti di tutti i partiti, che si  sono messi in mostra nelle manifestazione a sostegno degli operai stracciandosi le vesti in proclami a proposito della perdita di pezzi importanti dell’industria, non hanno mosso un dito per denunciare l’accordo che Wärtsilä ha fatto con il ministero della difesa. Wärtsilä infatti ha siglato, nello scorso mese di maggio, con la Direzione degli Armamenti Navali del Ministero, un contratto del valore di circa 4,4 milioni di euro per la fornitura del ‘Continuous Improvement Logistic Support (CILS), dei motori endotermici e impianti elica a pale orientabili installati sulle unità navali della Marina militare italiana. L’aggiudicazione, tra l’altro,  è arrivata al termine di una procedura negoziata senza pubblicazione di un avviso di gara. L’accordo continuerà ad essere valido anche se Wärtsilä chiuderà la fabbrica licenziando gli operai.
Gli operai di Trieste se non vorranno essere ridotti a vuoti a rendere dovranno fare i conti oltreché che con i sindacati firmatutto anche con i palloni gonfiati della politica di ogni partito.
D.C.

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.