LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA

Terminati i lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, la situazione è terrificante ma naturalmente le contromisure sono minacce inapplicabili. E' previsto un aggravio delle pene per datori di lavoro, ma nessuno andrà in galera. Alla fine la colpa è dei lavoratori che non denunciano le situazioni, chissà per quale motivo?!
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Terminati i lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, la situazione è terrificante ma naturalmente le contromisure sono minacce inapplicabili. E’ previsto un aggravio delle pene per datori di lavoro, ma nessuno andrà in galera. Alla fine la colpa è dei lavoratori che non denunciano le situazioni, chissà per quale motivo?!


 

Caro Operai Contro, per i padroni trasgressori di norme di leggi e contrattuali che regolamentano i contratti di lavoro, compresa l’antinfortunistica, la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, chiede fino 8 anni di reclusione per i padroni, ben sapendo che finché non gira il vento, i padroni in galera non andranno.
Questa Commissione la spara grossa per non cambiare niente. Alla fine della sua inchiesta dà la colpa agli operai se la loro condizione è peggiorata. Dopo un anno di audizioni e sopralluoghi nei posti di lavoro, ha depositato il 21 aprile una relazione di 400 pagine i cui aspetti salienti sono stati riassunti e pubblicati dal Fatto Quotidiano, riprendiamo qui in una stringata sintesi di 5 punti.
1) “Diffusione trasversale a molti settori dell’economia, del delitto di intermediazione illecita di manodopera, sistemi organizzativi che scaricano sui lavoratori più direttamente sulla loro pelle, i deficit strutturali e organizzativi dell’ambiente di lavoro”.
2) Infortuni, morti sul lavoro e malattie professionali, preoccupano la Commissione, perché danneggiano l’economia nazionale con un incidenza “che raggiunge il 6,3% del Pil”.
3) “Una condizione di sfruttamento che si registra in ogni campo lavorativo: edilizia, sanità, assistenza, case di cura, logistica, call-center, ristorazione, servizi a domicilio, pesca, cantieristica navale, in un sistema che la commissione definisce caporalato urbano, ai danni di un incontrollato bracciantato metropolitano per lo più straniero spesso costretto ad accettare qualsiasi condizione di lavoro, con retribuzione indegna“.
4) Nella Logistica: “prevale l’intermediazione illegale della forza lavoro e del meccanismo delle finte cooperative, appalti e subappalti che affidano la gestione dei magazzini attraverso gare d’appalto in cui premia il ribasso sul costo della forza lavoro. Le grandi aziende mantengono le mani pulite in merito alla questione, presentandosi come vittime dei consorzi di cooperative. Autisti, facchini, corrieri e magazzinieri con straordinari non pagati, negazione del riposo settimanale, giorni di ferie cancellati, minacce di cambio dei turni o trasferimento in sedi lontane dalla famiglia, sospensioni dal lavoro, irregolarità nel versamento dei contributi”.
5) “I lavoratori in appalto non hanno alcuna garanzia di parità di trattamento economico e normativo: l’articolo 29 del decreto legislativo 276 del 2003 si limita a prevedere la responsabilità solidale del committente per i crediti retributivi vantati dai lavoratori verso l’appaltatore”.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, composta da 20 senatori nominati dal Presidente del Senato in proporzione al numero di componenti i Gruppi parlamentari, dopo le sue “indagini” propone al Parlamento i seguenti “rimedi”.
“Introdurre nel Codice penale un nuovo reato nei confronti di chiunque, con violenza o minaccia, costringe il lavoratore ad accettare trattamenti remunerativi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate e, più in generale, condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti collettivi, ovvero a rinunciare a diritti spettanti in relazione al rapporto di lavoro (quali riposi, ferie, permessi, congedi, eccetera).
La sanzione dovrebbe consistere secondo la Commissione, nella reclusione da 5 a 8 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro, aumentata da un terzo alla metà se i lavoratori sono più di tre, sono stranieri irregolari o minori. Inoltre all’articolo 603 bis del Codice penale su Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, andrebbe inserito un nuovo comma che preveda la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato”.
I “rimedi” proposti vanno dai pannicelli caldi delle multe alle aziende, fino ai roboanti 5, 6 e 8 anni di carcere che i padroni non faranno mai. Proposte con la funzione di specchietto per allodole per i creduloni da una parte, e dall’altra di freno e deterrenza a ribellarsi contro il sistema della schiavitù operaia.
“I nuovi reati servirebbero a poco” – tiene a precisare la Commissione parlamentare, – se non si riesce a rafforzare l’attività di controllo: per ovvi motivi “sono rarissime o pressoché inesistenti le denunce presentate dai lavoratori e dalle lavoratrici oggetto di sfruttamento”. Con quest’ultima dichiarazione, (“inesistenti le denunce presentate dai lavoratori e dalle lavoratrici oggetto di sfruttamento”) la Commissione parlamentare fa ricadere sugli operai la colpa del peggioramento e impoverimento della loro condizione.
Saluti Oxervator.

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