GLI OPERAI NELLA RESISTENZA

Ricordando in questi giorni di Aprile la resistenza degli operai al nazifascismo, ci auguriamo che gli operai ucraini non perdano l’occasione, che a noi fu rubata, di ricostruire la loro società su nuove basi, senza sfruttamento, dal momento che armi alla mano stanno resistendo all’invasione dell’imperialismo russo.
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Ricordando in questi giorni di Aprile la resistenza degli operai al nazifascismo, ci auguriamo che gli operai ucraini non perdano l’occasione, che a noi fu rubata, di ricostruire la loro società su nuove basi, senza sfruttamento, dal momento che armi alla mano stanno resistendo all’invasione dell’imperialismo russo.


 

A più di un mese dall’inizio dell’invasione russa nei territori ucraini, l’opinione pubblica spazia a trecentosessanta gradi per trovare i reali motivi che hanno portato l’imperialista Putin a compiere questo scriteriato gesto. A tutte le ore e su tutte le reti, fossimo a reti unificate, conduttori e giornalisti nei caldi studi televisivi o nelle loro accoglienti case, sbriciolano motivazioni a getto continuo cercando di accaparrarsi quella più originale, sempre restando fedeli all’ordine strutturale costituitosi in questa società. Gli argomenti destinati ad un vasto palcoscenico sono i classici a cui fa riferimento l’establishment politico borghese e a cui fanno riferimento gli speculatori i quali sono pronti ad accaparrarsi qualsiasi trofeo che questa o quella o quell’altra sporca guerra offre. Morti atroci sotto i bombardamenti ed esodi biblici colpiscono ora gli ucraini, ma hanno colpito in passato gli afgani, i ceceni, i siriani e molti altri popoli. Comunque basta scandalizzarci per la distruzione, per le deportazioni, per le morti, la guerra è la guerra, quando viene innescata è perché le merci giacciono invendute nei magazzini e la sua apertura rivitalizza numerosi settori pronti ad “affilare i coltelli”.
Senza scomodare i sentimenti perché chi perde tutto e questo tutto è il frutto di una vita di duro lavoro mal pagato o magari della propria vita, non ha bisogno di misericordia e pietà ma di azioni che devono determinare la demolizione dell’ordine precostituito instaurato nelle varie realtà, dove distruzione, sottomissione e normalizzazione diventano fatto compiuto.
E considerando che in Ucraina gli operai formano una buona fetta indipendente della resistenza contro l’esercito dell’imperialista Putin, in una fase di mutamento positivo dello scontro, questa volta invece di ascoltare le promesse di cambiamento radicale nella loro condizione sociale, proponessero un nuovo corso , qualcosa che produca un nuovo tipo di società, non più basata sul plusvalore, ma basata sui bisogni reali del popolo che loro rappresentano, come la recepirebbero gli oligarchi occidentali inseriti nelle liberal social democrazie europee e mondiali?
In Italia una fase simile si ebbe durante la seconda guerra mondiale, quando a combattere i nazifascisti entrarono in campo nella resistenza gli operai delle grandi fabbriche, i quali con grandi sacrifici e determinazione sconfissero il prodotto di una decadente società. E qui si perse una grande occasione di capovolgere il sistema, illusi di poter con il riformismo cambiare la società, gli operai si accorsero solo dopo pochi anni che la borghesia statale e i padroni con il ritorno al controllo sistematico dei mezzi di produzione avevano ripreso il controllo totale del capitale e dello sfruttamento su larga scala.
Come operai, come classe sociale sfruttata, il nostro dovere di tutti i giorni è ricordare la resistenza degli operai ucraini, i loro sacrifici e la loro autodeterminazione, proponendo nelle fabbriche una forma di resistenza collettiva contro lo storico aggressore di turno, vigilando che, in un contesto di riproposta della grande occasione storica, questa volta non venga sprecata.
Un operaio della INNSE

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