SOSTENERE LA RESISTENZA UCRAINA. RESISTERE ALL’ATTACCO DEI SALARI

Dirigenti sindacali imbalsamati, equidistanti fra imperialisti e nazioni oppresse, bombardate e massacrate, non sostengono la resistenza ucraina e nello stesso tempo non difendono i salari operai. Sono due facce della stessa politica.
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Dirigenti sindacali imbalsamati, equidistanti fra imperialisti e nazioni oppresse, bombardate e massacrate, non sostengono la resistenza ucraina e nello stesso tempo non difendono i salari operai. Sono due facce della stessa politica.


 

Caro Operai Contro, mentre gli operai con la resistenza ucraina da 45 giorni combattono eroicamente contro l’aggressione dell’esercito di Putin, in Italia, a parte qualche sciopero e manifestazioni locali, nessun sindacato ha finora dichiarato in loro sostegno, uno sciopero importante in tutto il paese. Segno che gli interessi della guerra di Putin hanno radici e diramazioni profonde, lunghe e articolate? Altrimenti i sindacati cosa aspettano a indire mobilitazioni contro la guerra e a sostegno della resistenza ucraina? Cosa aspettano a muoversi decisamente di fronte a un inflazione che in Italia a marzo 2022 è arrivata al 6,7%?
Dagli scaffali del supermercato e soprattutto dallo scontrino alla cassa, pur avendo scelto i prodotti con l’occhio ai prezzi, si ha la netta sensazione che i rincari siano più alti del 6,7%. Anche perché c’è da aggiungere caro bollette, carburante, vestiario, sanità, scuola, trasporti, ecc. tutto ciò che non rientra nel carrello della spesa.
Il 21 marzo 2022 Altroconsumo rileva alcuni aumenti medi registrati da quando, un anno fa, è partita la spirale dei rincari: olio di semi di mais e di girasole + 19%, verdura + 17,8%, pasta di semola + 14%, farina “00” +11%, olio extra vergine di oliva + 9%, frutta + 8,1%, zucchero +7%, pesce + 6%, passata di pomodoro +4%, latte a lunga conservazione + 3%.
L’Unione Nazionale Consumatori in base ai nuovi prezzi, ha calcolato che per una famiglia con 2 figli ci vorrebbero 2.600 euro in più all’anno, pari a 216 in più al mese. Dove prenderli?
I padroni nelle banche ne hanno accumulati tanti, e oggi lo spazio per reinvestirli come intendono loro, è tutto occupato. Sperano che la guerra in Ucraina apra loro nuovi mercati o prospettive in tal senso.
Per ottenere aumenti salariali bisogna come prima regola rivendicarli. Il sindacato sta facendo pressione sul governo (non se ne conoscono i termini) per “migliorare” i contratti dei lavoratori precari. Ma né il sindacato, tantomeno Bonomi/Confindustria vogliono sentir parlare del salario minimo per legge, e nessun partito di governo ha fiatato quando Draghi l’aveva fatto sparire nella versione finale del Pnrr.
Nel frattempo, operai e assimilati con contratti “non precari”, che come visto hanno una perdita del potere d’acquisto di migliaia di euro l’anno, si trovano su un piano inclinato che scivola verso il precariato. Molti, precari lo sono già, e da tempo fanno parte dell’affollata famiglia dei poveri.
Il termine è poco elegante e il Corriere della sera in prima pagina spiega che i “poveri” è più moderno chiamarli “diseguali” e precisa le figure che rientrano in questa definizione. I diseguali sono: “gli operai, gli impiegati a bassa qualifica, i disoccupati, i precari, i meno abbienti, le finte partite Iva”.
Chiamandoli diseguali i poveri spariscono. In Ucraina con la guerra finiscono realmente nelle fosse comuni, in Italia un artifizio linguistico, pur non eliminandoli fisicamente, funziona da fosse comuni in tempo di “pace”.
L’azione del sindacato sul versante dei salari, deve tener conto della nuova situazione, data dalla grave perdita del potere d’acquisto, (che non riguarda solo i contratti precari) senza aspettare che l’inflazione arrivi a 2 cifre (in Spagna poco ci manca è già al 9,8%, in Germania al 7,3%, negli Stati Uniti al 7,9%).
Senza le mobilitazioni operaie non sarà possibile recuperare il potere d’acquisto dei salari. Le lamentele del sindacato senza la lotta si perderanno nelle ampie stanze di Palazzo.
Un primo riscontro sull’andamento dei consumi con i salari erosi, arriva dal direttore Ufficio studi C.A. Buttarelli della Federdistribuzione, che lancia l’allarme di un calo dei volumi di vendita del 3% nella Grande Distribuzione.
Il suo omologo di Confcommercio riportando il lamento dei negozi più piccoli, riconosce che senza il ripristino del potere d’acquisto dei salari: “Ci aspettiamo che lo scontrino medio delle famiglie diminuisca di 1.700 euro all’anno” (Sole 24 ore 3 aprile 2022).
Scusate se è poco ma è solo l’inizio dicono gli analisti. Primo perché alcuni aumenti all’ingrosso di materie prime e alcuni prodotti, non sono ancora arrivati sui prezzi al consumo. Secondo perché essendo Russia e Ucraina i maggior produttori ed esportatori di grano e mais, gli effetti della guerra potrebbero provocare una crisi alimentare globale, accompagnata da una nuova recessione economica.
Saluti Oxervator.

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