ANCHE IN ITALIA SI RESISTE CON LE ARMI DELLA LOTTA

Dagli operai ucraini che combattono nella resistenza all’imperialismo russo arriva un insegnamento a tutti  noi operai: agli oligarchi alla Putin, presenti anche nel nostro democratico paese occidentale, si può e si deve resistere in ogni fabbrica, in ogni luogo di lavoro, ovunque.
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Dagli operai ucraini che combattono nella resistenza all’imperialismo russo arriva un insegnamento a tutti noi operai: agli oligarchi alla Putin, presenti anche nel nostro democratico paese occidentale, si può e si deve resistere in ogni fabbrica, in ogni luogo di lavoro, ovunque.


 

Caro Operai Contro, la guerra con i suoi orrori a 1.500 km dall’Italia, documentata con mezzi moderni, coraggiosi operatori e giornalisti che lavorano sotto le bombe, occupa a pieno titolo (a differenza di conflitti più lontani che ne avrebbero lo stesso diritto) da oltre un mese tivù, giornali, web, con immagini, filmati e riprese aggiornate quotidianamente in tempo reale.
Vedere la guerra, si può dire in diretta tivù, non vuol dire ovviamente condividerne giudizi, commenti, analisi e dibattiti che dagli studi televisivi e dalle redazioni dei giornali, ci costruiscono sopra, dove ognuno dice la sua o del suo partito, o sulla base delle proprie convenienze.
Ciò che emerge nelle argomentazioni di questi dibattiti, spesso solcati da becero-pacifismo, è che tutti parlano dando per scontato che gli operai ucraini, che formano una buona fetta indipendente della resistenza ucraina, stiano combattendo contro l’esercito dell’aggressore Putin per ridare il potere alla borghesia degli oligarchi ucraini, e non invece, qualora le cose andassero nel giusto verso, per affermarsi come classe sociale che, in una vittoriosa guerra di resistenza, potrebbe rappresentare una componente determinante per un nuovo indirizzo del tipo di società…ma negare il ruolo degli operai nella guerra di resistenza in Ucraina è la base del partito dei “né , né” né con Putin, né con gli ucraini.
Per stare in Italia, un dato di fatto è che con tanto spazio giustamente occupato dalla guerra in Ucraina, i mezzi d’informazione, dedicano ancora meno attenzione esempio, alle morti sul lavoro, ai licenziamenti operai, alle lotte e alle ripetute proteste che di volta in volta gli operai sostengono.
Dalla grande industria con l’aumento dello sfruttamento e i licenziamenti comunque mascherati alla Stellantis, alla Piaggio con le continue provocazioni in aperta trasgressione delle norme e delle regole contrattuali, alla INNSE di Milano ora Cam, che si accanisce contro delegati e attivisti sindacali.
Nonostante la grande stampa usi la guerra in Ucraina come silenziatore dello scontro con i padroni in Italia, tutti i giorni si contano a decine gli attacchi alla condizione operaia.
Non solo nelle grandi ma anche nelle piccole e medie aziende, fino ai contratti dei precari, come alla Lubiam di Mantova dove il 29 marzo è stata esclusa da un incontro con l’azienda, una delegata sindacale Nidl Cgil, eletta e rappresentante degli operai in somministrazione.
O nella Grande Distribuzione dove pochi giorni fa un operaio delegato sindacale Cobas, in un supermercato Unicoop di Roma, è stato licenziato per aver denunciato le inadeguate misure antinfortunistiche: licenziamento per rappresaglia contro il quale questo sindacato sta organizzando una risposta di lotta.
Per questo e mille altre situazioni analoghe, un sindacalismo che non badi alle sigle, dovrebbe cercare la strada per sostenere e capitalizzare queste resistenze che di fatto si contrappongono direttamente al padrone.
Non hanno una grande risonanza sociale, ma in esse è “diretto” il “perché” e “l’obbiettivo” dello sciopero, della lotta, del resistere.
Non alzano ridondanti obiettivi come “la transizione ecologica”, mentre i padroni aumentano lo sfruttamento e licenziano in tutte le forme possibili: per ristrutturare, per rappresaglia, per motivi “economici” ecc. ecc.
Valorizzare queste realtà serve anche per dimostrare agli indecisi che resistere al padrone è possibile.
Non c’è da perder tempo per organizzarsi in tal senso. Sia per le ragioni sopracitate, ma anche per i tempi che prospettano osservatori accreditati: nuovi licenziamenti e carovita/tzumani.
Saluti Oxervator

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