IL PADRONE SI NUTRE DELLA FAME DEGLI OPERAI E CI RENDE SCHIAVI

Dalla Stellantis di Melfi una precisa coscienza della condizione di schiavitù nella quale gli operai sono costretti a lavorare proprio mentre i capi del sindacato ufficiale gioiscono per il passaggio da 15 a 17 turni.
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Dalla Stellantis di Melfi una precisa coscienza della condizione di schiavitù nella quale gli operai sono costretti a lavorare proprio mentre i capi del sindacato ufficiale gioiscono per il passaggio da 15 a 17 turni.


Il padrone si nutre della fame degli operai e ci rende schiavi.
Quanta vita si perde per racimolare qualche soldo in più per arrivare a fine mese?
La vita dell’operaio è totalmente condizionata dai continui cambi dettati dal padrone, l’incertezza del presente ha contribuito ad intensificare quel clima di devozione che ci fa addirittura ringraziare chi ci sottrae ai nostri affetti. La fame di arrivare a fine mese ci rende schiavi, e in alcuni casi fieri promotori di un sistema che ci sfrutta senza nasconderlo.
Le sigle sindacali hanno celebrato la comunicazione dei 17 turni rivendicando i meriti di un “sindacato presente”, e fare questa affermazione vuol dire sminuire l’intelligenza di 7000 persone.
Ennesimo sacrificio sulle spalle degli operai.
Mesi di cassa imposti da una gestione fallimentare dei semiconduttori, poi la corsa natalizia per il mercato Nafta e la beffa dei 10 giorni di cassa a Gennaio.
Si corre, non importa a nessuno se il mix di produzione non viene rispettato, non importa se ci sono postazioni oltre qualsiasi logica, non importa se ci saranno comandate individuali sul giorno di riposo.
Dobbiamo ringraziare l’azienda che ci permette di lavorare, e dobbiamo ringraziare i passeggiatori seriali che con le loro candide divise continuano a mangiare al tavolo del capo.
50 anni fa i nostri padri non avevano nemmeno la terza media, avevano solo l’unità e con quella sono riusciti a guadagnare l’umanità negata dal padrone sfruttatore. Che eroi. Ora siamo laureati ma abbiamo paura di alzare la testa, i sindacati cercano di salvarsi la pelle e noi scendiamo a compromessi per restare a galla.
Vi lascio con uno stralcio di uno studio pubblicato da Gianpaolo Contestabile.
Esiste una correlazione tra la salute mentale e la classe sociale: le condizioni di povertà e precarietà generano maggiori fattori di stress che a loro volta possono portarci a sviluppare disturbi specifici. Ma secondo uno studio della Columbia University, per capire le cause del disagio mentale non basta guardare il reddito di una persona, il suo livello di istruzione o il prestigio della sua professione: l’insorgere delle malattie mentali dipende in questo caso dal livello di sfruttamento. Gli esempi più chiari sono gli straordinari non retribuiti, l’aumento dei ritmi di produzione, il taglio dei salari o la precarizzazione dei contratti. La salute o il disagio mentale sarebbero quindi, tra le altre cose, anche un prodotto del conflitto di classe: da un lato le esigenze imprenditoriali dell’aumento della produttività, dall’altro la salute dei lavoratori e delle lavoratrici.
Sono 17 o 20 turni poco importa, si festeggia l’ennesimo sacrificio col bicchiere sempre vuoto.
NINCO NANCO, operaio di Melfi

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