STELLANTIS CASSINO. TIRA UNA BRUTTA ARIA

Se gli spioni degli uffici del personale degli stabilimenti Stellantis, ex FCA, ex Fiat vogliono scoprire chi sono questi operai ...
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Se gli spioni degli uffici del personale degli stabilimenti Stellantis, ex FCA, ex Fiat vogliono scoprire chi sono questi operai che mandano le denunce al giornale sulle condizioni di schiavitù in cui sono costretti a lavorare ed a vivere, se vogliono scoprire chi sono questi che osano incitare i compagni di lavoro ad alzare la testa, devono cercare nella storia d’Italia, nella storia del brigantaggio e troveranno che Crocco, Pilone, Rosa Cedrone, Michelina Di Cesare, Ninco Nanco, Croce di Tola erano tutti briganti. Contadini, braccianti, poveri che combatterono contro i ricchi, contro il dispotismo di uno stato nemico. Se degli operai oggi firmano i loro articoli con i nomi dei briganti, che sono passati alla storia, è come se volessero testimoniare che la stessa voglia di ribellione è ancora viva ed anzi si va diffondendo in ogni fabbrica del gruppo, su ogni linea di produzione.


Qui a Cassino tira una brutta aria. Siamo messi davvero male. Nessuno ha il coraggio di affrontare di petto la situazione e dire chiaramente come stanno le cose. Tutti ci girano attorno. Tutti sanno, ma nessuno parla.
Tutti evocano tavoli ministeriali e regionali, auspicano indefiniti interventi governativi, presentano stupide e inutili interrogazioni parlamentari e tutti fingono di essere “fortemente preoccupati per il futuro della FCA di Cassino”.
Il tutto, nonostante l’azienda non abbia mai formalmente dichiarato l’apertura dello stato di crisi. Ma nessuno ha il coraggio di dire la verità, ovvero che lo stabilimento FCA di Cassino è interessato a un profondo ridimensionamento dei volumi occupazionali che comprometterà l’economia di un territorio interamente assoggettato all’industria automobilistica.
Solo cinque mesi fa, durante la visita di Tavares a Cassino, politici e sindacalisti confederali fecero a gara a chi esprimeva i migliori apprezzamenti al mega amministratore mondiale di Stellantis, roba che Fantozzi genuflesso davanti al granduca, al cospetto dei sindacalisti e politici locali sembrava un estremista guevarista.
Solo cinque mesi fa si parlava di investimenti, rilancio del sito produttivo e qualcuno azzardava anche nuove assunzioni. Insomma, il nuovo messia, il manager dal volto umano (sic.!), l’amministratore venuto da lontano (come il Papa), il salvatore della patria, il taumaturgo che risolleva le sorti dell’automotive a Cassino, l’illuminato creatore del cielo e della terra, aveva rassicurato tutti che “andrà tutto bene”, una frase che già di per sé imporrebbe tutta una serie di riti scaramantici.
Ebbene, dal giorno dopo è stato l’inizio della fine. Oggi, per dire, lavoriamo alla giornata, due o tre giorni a settimana, con la prospettiva di una lunga fermata estiva e con salari inferiori al reddito di cittadinanza. Lavoriamo alla giornata, nel vero senso della parola, nel senso che a fine turno ci viene comunicato se il giorno successivo si lavora o meno. Al limite ti telefonano a casa per sapere se ti tocca lavorare. Proprio come il caporalato agli albori dell’industrialismo: tu e tu lavorate, tu stai a casa, a te ti faccio sapere, e tu domani fai due ore di straordinario.
E questo è il niente: lo stabilimento di Cassino, infatti, partecipa appieno alla lotteria dello stabilimento FCA d’Italia che chiuderà nei prossimi due anni. E’ una lotteria preannunciata anche dai giornali economici dei padroni, di quelli che anticipano le previsioni del grande capitalismo industriale, che evidenziano il surplus di stabilimenti produttivi in Europa, alcuni considerati doppioni, da tagliare nei primi anni della fusione tra FCA e Peugeot. Ma queste cose nessuno ha il coraggio di dirle apertamente.

L’ultima assemblea dei lavoratori, indetta un mese fa dai sindacati di regime, il giorno dopo l’incontro nazionale con i vertici di Stellantis, è stata molto partecipata. L’ampia partecipazione all’assemblea era proprio motivata dall’interesse dei lavoratori sulle future prospettive occupazionali dello stabilimento FCA di Cassino, e, anche in quel caso, si è ripetuto il mantra che gli operai del gruppo FCA conoscono molto bene, dai tempi di Marchionne: state tranquilli.
La tranquillità deriverebbe dal fatto che i sindacani avrebbero ottenuto la possibilità di gestire il mattatoio sociale su di un tavolo di concertazione permanente nel quale l’azienda dovrebbe informare preventivamente su licenziamenti, tagli, cassa integrazione e chiusura di stabilimenti.
Il problema, quindi, non è rappresentato dagli esuberi strutturali degli operai FCA e di quelli dell’indotto, ma dal fatto di essere concertati! E per essere stati tranquilli, nell’ultimo decennio a Cassino abbiamo perso circa duemila posti di lavoro tra i dipendenti diretti (mancato turn over) e almeno il doppio tra gli operai dell’indotto. Per essere stati tranquilli abbiamo perso il contratto nazionale di categoria, parte del salario, la malattia, le pause fisiologiche, la mensa, l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il diritto di sciopero e la dignità.
In compenso abbiamo avuto un aumento scriteriato dei ritmi di lavoro, da stroncare anche gli operai più giovani, e centinaia di lavoratori con ridotte capacità lavorative costretti a “zappare” in catena di montaggio. Praticamente la produzione mensile di ventidue giorni lavorativi ce la comprimono in quindici giorni, e gli altri sette stai a casa in cassa integrazione.
In questo contesto particolarmente distopico, aleggia tra gli operai un sentimento di rassegnazione e remissione generale da far spavento. Ci si guarda in faccia, si allargano le braccia, si alzano gli occhi al cielo, si incrociano le dita, si mostra tutta l’impotenza che ogni singolo lavoratore ha nei confronti di un colosso industriale mondiale, e si confida nella bontà d’animo del padrone, sperando di poter lavorare il più a lungo possibile.
Il sentimento di impotenza lo si tocca con mano, è tangibile, aleggia sulle linee di montaggio dove la sofferenza fisica si mescola alla rabbia, dove il dolore fisico diventa il nemico con il quale si è costretti a convivere per tutto l’orario di lavoro, dove i centesimi di minuto per montare un particolare delle automobili diventano ogni giorno sempre più pesanti, gravi come macigni, dove il potere d’acquisto dei salari è dell’82% più basso di quello di 25 anni fa.
Ma il sentimento più terribile che serpeggia tra gli operai, molto difficile da mitigare, è la paura. La paura di perdere il lavoro, di finire in mezzo a una strada, di non poter tirare avanti la famiglia.
Nonostante tutto, però, anche alla FCA di Cassino esistono le condizioni politiche per opporre un’adeguata resistenza di classe e di massa a quest’ultimo attacco padronale. Toccherà all’avanguardia operaia e a quella del sindacalismo di base, trasformare le condizioni politiche in azioni di lotta.
Rosa Cedrone e Michelina Di Cesare

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