TRE POSITIVI E GLI OPERAI DELLA FCA DI DETROIT ABBANDONANO LE LINEE

In Italia, nel paese del “lavoro in sicurezza”, dei burocrati della Prefettura e dell’AUSL, dei sindacalisti parolai alla BRT di Bologna, con più di 100 contagi si continua a lavorare
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In Italia, nel paese del “lavoro in sicurezza”, dei burocrati della Prefettura e dell’AUSL, dei sindacalisti parolai alla BRT di Bologna, con più di 100 contagi si continua a lavorare


 

Giovedì 25 giugno gli operai del turno A, dello stabilimento di assemblaggio Jefferson North della FCA di Detroit (USA) che impiega 5.000 operai, quando hanno saputo che tre di loro erano risultati positivi al tampone per il Covid, hanno abbandonato il reparto, bloccando la linea e lasciando lo stabilimento. Qualche ora più tardi i colleghi del turno successivo B, si sono rifiutati di attivare le linee, bloccandole fino al venerdì mattina. Nonostante il tentativo da parte dei dirigenti padronali e burocrazie sindacali (UAW) di intimidire gli operai comandandoli alla ripresa del lavoro, anche gli operai del turno C si rifiutavano di riprendere il lavoro. Nel comunicato del Comitato di Base per la Sicurezza FCA Jefferson North di recente costituzione, gli operai accusano le burocrazie sindacali del UAW e i padroni di non fornire nessuna informazione sulle reali dimensioni del contagio nello stabilimento. “L’unica preoccupazione delle case automobilistiche e del sindacato è stata quella di far ripartire la produzione e assicurarsi che gli azionisti continuassero a realizzare profitti e che i debiti delle società fossero pagati, indipendentemente da quanti di noi si ammalassero e morissero.” Continua il comunicato. “La nostra principale preoccupazione è quella di difendere la nostra vita e quella delle nostre comunità”. L’accusa alle burocrazie sindacali è esplicita, senza mediazioni “Sappiamo che l’UAW non farà nulla per proteggerci. Tutto ciò che fanno è prendere i nostri soldi – e prendere tangenti dalle aziende – e sostenere tutto ciò che la direzione vuole. Nessuno ci proteggerà se non noi stessi.”L’azienda, intanto, cerca di tamponare lo sciopero assumendo operai precari a giornata.
Il Comitato di Base per la Sicurezza chiede in 6 punti, garanzie per la ripresa del lavoro, sintetizzate nel punto 6 . “Se le condizioni non sono sicure, gli operai hanno il diritto di rifiutarsi di lavorare senza minaccia di ritorsioni da parte della direzione e del sindacato.” L’azione indipendente degli operai americani in questo punto si ricollega concretamente alla recente posizione di un delegato operaio Piaggio: “Alla fine se il lavoro deve andare avanti o no lo decidono gli operai”. Il comunicato si conclude con un appello a tutti gli operai affinché costituiscano Comitati Operai per la Sicurezza che blocchino le produzioni non sicure.

Sabato 27, al turno serale, gli operai di un altro stabilimento FCA, quello di Sterling Heights sempre a Detroit, hanno bloccato le linee di assemblaggio. Almeno cinque operai impiegati presso lo stabilimento sono deceduti a causa di COVID-19, tra cui due elettricisti del laboratorio di verniciatura che i lavoratori segnalano sono morti il ​​mese scorso, insieme ad altri due operai presso il vicino stabilimento di Stampaggio di Sterling Heights. Complessivamente, decine di operai FCA, Ford, GM, Hyundai e altre case automobilistiche sono morti durante la pandemia. Anche qui gli operai denunciano un’azione concertata tra padroni e sindacalisti dello UAW per costringere gli operai a riattivare il lavoro di linea e l’utilizzo di precari a tempo sulle linee.

Anche in Germania, dove il contagio COVID-19 nell’industria di macellazione (vedi art OC) è scoppiato in maniera drammatica alla Tönnies, 1500 positivi su 7000 dipendenti, l’azione dei sindacalisti compiacenti è simile. Invece di organizzare l’immediata chiusura dello stabilimento per salvaguardare gli operai, Freddy Adjan, vicepresidente del sindacato di categoria NGG scopre improvvisamente “le catastrofiche condizioni di vita e di lavoro degli operai del settore, prevalentemente provieniti dai paesi dell’Est che lavorano per ditte di subappalto”. Il sindacalista chiede che il governo si adoperi con i sindacati per mettere fuori legge “Il sistema schifoso degli appalti”. Un bel tavolo istituzionale di concertazione mentre gli operai crepano.

E in Italia?
L’ultima in ordine di tempo è la vicenda del contagio del polo logistico della Bartolini di Bologna, secondo la AUSL sono 107 i contagiati totali su 328 tamponi eseguiti. La maggioranza dei contagiati sono operai di magazzino ma anche alcuni autisti, familiari e conoscenti. “Le regole non sono state rispettate” ha detto Paolo Pandolfi, direttore del dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl senza chiarire da chi, mentre Maurizio Lago, segretario della Uil Trasporti Emilia-Romagna, pur non avendo indetto un minuto di sciopero dichiara: “Noi stiamo chiedendo di fare un lockdown di quel sito. Andrebbe bloccato tutto. Qui si parla della salute dei lavoratori e per noi tra la produzione e la salute dei lavoratori non ci sono dubbi“.
Sulle priorità del segretario UIL nessuno nutriva dei dubbi. Anche i sindacati di base, comunque, sembrano essere più interessati a inseguire i tavoli istituzionali piuttosto che tutelare nell’immediato la salute degli operai seguendo l’esempio del Comitato di Base per la Sicurezza FCA Jefferson North. Il sindacato Si Cobas, molto presente in Bartolini, infatti, chiede un incontro urgente al presidente della Regione Stefano Bonaccini e al sindaco di Bologna Virginio Merola, “per aprire un tavolo di confronto che definisca i criteri di sicurezza e le modalità che permettano ai lavoratori di lavorare in sicurezza”. Operai e autisti alla Bartolini, in attesa dei tavoli istituzionali, intanto si contagiano!
M.C.

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