COMMENTO AD UN COMMENTO

Aldo Milani del Sicobas ha commentato un mio articolo pubblicato su questo giornale dal titolo "La pelle non la rischiano né FCA, né i capi sindacali. Ma solo gli operai". Lo ringrazio per l'interessamento. Dato che, anche se in poche righe, si accennano argomenti importanti per gli operai, sfrutto l'occasione per chiarire meglio le posizioni che ho espresso nell'articolo in questione e i contenuti della proposta del partito operaio. Crocco, operaio di Melfi
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Aldo Milani del Sicobas ha commentato un mio articolo pubblicato su questo giornale dal titolo “La pelle non la rischiano né FCA, né i capi sindacali. Ma solo gli operai”. Lo ringrazio per l’interessamento. Dato che, anche se in poche righe, si accennano argomenti importanti per gli operai, sfrutto l’occasione per chiarire meglio le posizioni che ho espresso nell’articolo in questione e i contenuti della proposta del partito operaio. Crocco, operaio di Melfi


Sono da oltre trent’anni sotto padrone, tante ne ho viste e ne abbiamo viste. Si è preso coscienza che qualsiasi sindacato, che possa chiamarsi confederale, che possa chiamarsi autonomo o di base, possa definirsi più radicale, critico e rivendicativo o concertativo, ha sempre la stessa funzione nel sistema organizzato dai padroni. La sua funzione è quella di contrattare il costo delle braccia che noi operai siamo costretti a vendere al padrone per poter sopravvivere. Ci sono sindacati disposti a vendere le braccia di noi operai a un determinato prezzo, quelli a svendere le braccia di noi operai a un prezzo inferiore. In cambio di questa funzione, nel sistema messo in piedi dai padroni, gli operai continuano ad essere sfruttati, lo strato dell’aristocrazia operaia a salvaguardarsi la propria pelle allontanandosi dalla fatica, la piccola borghesia sindacale a fare una vita agiata.
Nomini la Fiom. La Fiom è uguale agli altri sindacati, ha la stessa funzione, l’unico elemento di distinguo era, fino a qualche tempo fa, che all’interno di questa organizzazione sindacale erano presenti operai più combattivi. Nel corso degli anni tanti sono stati i licenziati e tanti sono stati gli operai isolati dalla stessa organizzazione sindacale. Tanti altri operai combattivi nel corso degli anni sono fuoriusciti e entrati in altre parrocchie grandi e piccole. Tante di quelle parrocchie che hanno determinato solo la divisione ulteriore di noi operai. Parrocchie che determinano se la pagnotta deve essere più grande o più piccola per gli operai. Sono decine le parrocchie i cui capi non hanno mai vissuto la condizione di noi operai. È vero e non c’è nessun dubbio che gli operai più combattivi, che hanno preso coscienza in fabbrica, devono fare i conti anche con l’opportunismo operaio, animato direttamente dall’aristocrazia operaia presente nel sindacato e in fabbrica, dai contatti con la piccolo borghesia sindacale lontana dai luoghi di sfruttamento e da capi e capetti al soldo dei padroni. Ne abbiamo sperimentato di sindacati.
Ma abbiamo sperimentato anche partiti e movimenti politici che si definivano comunisti, che dicevano di rappresentarci. Ne abbiamo conosciuto di elementi che parlavano a nome di noi operai. Loro sono finiti a fare la bella vita, la nostra classe ad essere più sfruttata.
Adesso basta! Abbiamo capito che o si fa in proprio o niente. Siamo giunti a una consapevolezza: abbiamo bisogno di una nostra organizzazione indipendente, di un nostro partito, il Partito Operaio. Chi è favorevole può farne parte, il nostro programma è il seguente:


Operai delle fabbriche FCA Pomigliano, FCA Melfi, INNSE Milano, Avio Pomigliano, Florida 2000, Ambiente spa, si sono incontrati a Napoli sabato 12 Ottobre 2019. Avendo la consapevolezza che la loro condizione non potrà mai veramente migliorare finché non sarà abolito il lavoro sotto padrone, hanno deciso di organizzarsi in partito, dandosi il seguente programma:


1. Dato che tutta la ricchezza delle classi possidenti viene dallo sfruttamento operaio dichiariamo che il nostro obiettivo è quello di non farci più sfruttare da nessun padrone. Vogliamo l’abolizione del lavoro sotto padrone, non vogliamo più padroni e di conseguenza vogliamo l’abolizione della condizione di operai, di noi stessi.

2. Dato che la differenza fra ricchi e poveri – invece di diminuire – aumenta, posto che la ricchezza è prodotta dagli operai e la miseria dai padroni, decidiamo come operai  di non voler più vivere in povertà e di unirci  per farci restituire dai padroni il mal tolto e fondare una società in cui non si riformino più né ricchi né poveri, uscendo così dalla preistoria dell’umanità.

3. Dato che la necessità di succhiare sempre  più  lavoro non pagato agli operai ha sviluppato immense e nuove forze produttive tali da soddisfare i bisogni sociali di tutti, non è giusto che queste forze tecnologicamente avanzate servano solo a rendere più ricca e soddisfacente la vita di una parte di società. Le forze di produzione vanno liberate dal vincolo di essere mezzi di sfruttamento per diventare mezzi di emancipazione di tutti gli individui sociali. Per attuare questa possibilità, queste forze, devono diventare di proprietà comune sotto la direzione e la gestione di chi le usa, gli operai.

4. Dato che il potere in questa società si fonda sui soldi e il potere politico è espressione del potere economico e siccome il potere politico ha sempre agito per garantire gli interessi dei padroni e dei loro sostenitori, noi operai non vogliamo più sottostare a questo potere nemico, vogliamo conquistare per noi il potere di gestire la cosa pubblica, dare finalmente nelle mani della gran massa degli operai la gestione della società. 

5. La società è carica di una contraddizione esplosiva, i produttori diretti, gli operai, producono una immensa ricchezza sociale di cui usufruiscono sempre meno, solo quel poco per sopravvivere. Essere operai ed essere poveri è una situazione insopportabile e gli operai sono stanchi di vivere in questa situazione. 

6. Gli operai che sono giunti a queste conclusioni hanno deciso di organizzarsi in partito, un partito proprio contro tutti i partiti delle classi possidenti.

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