L’ASSOCIAZIONE DEGLI UNTORI HA UN NUOVO PRESIDENTE

Bonomi è stato eletto presidente di Confindustria, il suo programma “ora riapriamo subito tutte le fabbriche”. Per padroni del genere c’è solo lo sciopero, diretto, senza aspettare il solito sindacalista compromesso. Non si può rischiare la pelle per renderli più ricchi. La produzione per il profitto può aspettare.
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Bonomi è stato eletto presidente di Confindustria, il suo programma “ora riapriamo subito tutte le fabbriche”. Per padroni del genere c’è solo lo sciopero, diretto, senza aspettare il solito sindacalista compromesso. Non si può rischiare la pelle per renderli più ricchi. La produzione per il profitto può aspettare.


 

Nella giornata di ieri (16 aprile 2020) è stato eletto il nuovo presidente a capo dell’associazione degli industriali italiani, la Confindustria.
I candidati in corsa erano due. Da una parte l’avvocato piemontese Licia Mattioli a capo dell’azienda orafa di famiglia (80 milioni di fatturato e 230 dipendenti ), già vicepresidente di Confindustria e appoggiata nella corsa alla presidenza dall’ex boss Vincenzo Boccia, la cui politica rappresentava un modello di continuità di “dialogo sociale” con i sindacati e il governo, già messa in pratica dell’ex presidente, che per altro ha ottenuto in piena pandemia di tenere aperte più del 55% di fabbriche col permesso di Conte e la complicità del sindacato confederale.
Dall’altra il vincitore della contesa. Carlo Bonomi, già per altro presidente della potente Assolombarda, imprenditore milanese a capo di un gruppo lombardo che controlla diverse società operanti nella diagnostica e nel biomedicale.
Bonomi, che ha ottenuto la presidenza con 123 voti su 183 complessivi del consiglio generale di Confindustria, può contare sul sostegno incondizionato degli industrialotti bresciani e bergamaschi che, senza nessuna remora hanno accolto con entusiasti applausi, le esternazioni di Bonomi “il governo ci ha esposto ad un pregiudizio fortemente antindustriale …”, e solo perché alcune filiere produttive hanno dovuto fermare la produzione, anche in ritardo rispetto all’espandersi del contagio. Ma ha ancora rincarato la dose “Non pensavamo più di sentire l’ingiuria che le imprese sono indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Sentire certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente, credo che dobbiamo rispondere con assoluta fermezza”. Bonomi si è risentito perché di fronte alla strage delle valli bergamasche qualcuno ha sostenuto che la responsabilità di tanti decessi era dei padroni che mettevano al primo posto i profitti, e ha il coraggio di minacciare risposte di “assoluta fermezza”. Che paura.
Nella sostanza Bonomi vuole che il governo, nonostante una tragedia spaventosa come quella dell’epidemia virale, lasci le mani libere agli industriali di agire per i propri interessi senza troppi ostacoli che blocchino le fabbriche.
Il tempo è nostro nemico” – i comitati di esperti- “vanno benissimo ma la loro proliferazione non può essere uno scudo dietro cui nascondersi” – così l’offensiva di Bonomi è già partita, vuole gli operai al lavoro, al massimo i primi di maggio, e se il prezzo che bisogna pagare sono i 500 morti al giorno, che è la media giornaliera di oggi, è il prezzo necessario perché i profitti riprendano a pieno ritmo.
Nemmeno si è placata la raffica di morti avvenuta proprio nelle zone bresciane e bergamasche, ad alta concentrazione di fabbriche, che gli industrialotti, messo da parte il falso cordoglio, si apprestano con la loro associazione di untori a premere perché le fabbriche riaprano subito, semmai si fossero completamente fermate in questo periodo.
Che interessa a loro dei morti quando il profitto cessa di accumularsi? Nulla!
Cascasse il mondo, gli operai non possono e non devono mai fermarsi, mai, neppure per un breve periodo, dal continuare a macinare profitti a tutto spiano.
Del resto i campioni della produttività e della sete di profitto alla Bonomi, contano nelle loro fila un altro socio della produzione costi quel che costi: Marco Bonometti (padrone delle Officine Meccaniche Rezzatesi colosso della componentistica automotive con 3.200 dipendenti e oltre 700 milioni di fatturato nel 2018) che è un feroce sostenitore della riapertura di tutte le fabbriche subito. Il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti, grande sponsor di Bonomi, nelle sue dichiarazione dell’11 marzo, quindi in piena esplosione ed espansione del virus, non lasciava nulla alle interpretazioni a questo proposito, ritenendo:“ quindi indispensabile la necessità di tenere aperte le aziende, dando continuità a tutte le attività produttive e alla libera circolazione delle merci, poiché interrompere oggi le filiere significherebbe perdere il mercato di appartenenza e chiudere imprese di territori a forte vocazione export vuol dire dare all’estero un segnale di mancata capacità produttiva difficile da recuperare nel breve periodo”.
Gli operai delle valli bresciane e bergamasche, che ancora non hanno finito di seppellire e piangere i loro compagni di lavoro, i loro parenti e i loro più cari e stretti amici, si troveranno di fronte ancora una volta i padroni del vapore che, in barba alla salvaguardia della tanto decantata salute dei “loro” operai, non ci penseranno due volte a riaprire immediatamente le fabbriche precipitando quelle zone in un altra ecatombe annunciata.
Di fronte ad una nuova catastrofe che si profilerà appena le pressioni dei padroni riusciranno a spuntarla con la riapertura di tutte le fabbriche, gli operai sapranno chi ringraziare se ancora sfileranno per le strade di Bergamo i mezzi dell’esercito con il loro carico di bare.
D.C.

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