QUANDO ARRIVERANNO I SOLDI DELLA CASSA INTEGRAZIONE?

La Confindustria detta le regole, non devono essere le aziende ad anticipare i soldi della CIGS. L'INPS ha bisogno di tempo e nel frattempo gli operai come mangiano?
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La Confindustria detta le regole, non devono essere le aziende ad anticipare i soldi della CIGS. L’INPS ha bisogno di tempo e nel frattempo gli operai come mangiano?


 

Il decreto Cura Italia si appresta a diventare l’ennesima cura dimagrante per gli operai alle dipendenze di aziende che faranno ricorso agli ammortizzatori sociali introdotti come misure straordinarie per far fronte all’emergenza sanitaria.
Il decreto prevede che le aziende possano presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con la causale “emergenza COVID-19”. Ci sono 3 tipologie di interventi:
1) Cassa integrazione ordinaria: ammessa anche per le aziende che si trovano in CIGO;
2) Assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale per le aziende con più di 5 dipendenti che sono escluse dalla CIGO, anche per chi utilizza assegni di solidarietà;
3) Cassa integrazione in deroga per le aziende anche con 1 solo dipendente che non rientrano nelle misure precedenti.

In tutti e tre gli ambiti è previsto un periodo massimo di 9 settimane e procedure di accesso semplificato.
C’è un intervento statale a sostegno delle aziende con regole chiare e veloci, ma non è chiaro come e quando si interverrà materialmente a far entrare gli assegni nelle tasche degli operai. Quando c’è da corrispondere il salario agli operai (pure decurtato) le stesse procedure semplificate non valgono più. Ad oggi sui tempi di erogazione della cassa integrazione non vi è nulla di certo.
I padroni hanno messo le mani avanti, i loro profitti non si toccano, la loro liquidità è blindata, non saranno loro ad accollarsi gli anticipi per gli assegni della cassa integrazione. In un documento inviato alla Commissione Bilancio del Senato sul decreto “Cura Italia”, Confindustria lo dice esplicitamente: «evitare che, in un momento di fortissima contrazione della liquidità, siano le imprese a dover far fronte alle anticipazioni per la corresponsione della cassa integrazione ai lavoratori». Nel documento di 24 pagine l’associazione degli industriali chiede anche di posticipare e rateizzare tutti i pagamenti fiscali e contributivi per le imprese piccole, medie e grandi.
L’INPS sarebbe già alle prese con un incremento considerevole delle richieste di cassa integrazione e non riuscirebbe a gestirle in tempi utili per dare “il primo assegno entro il 15 aprile” come il presidente Conte aveva dichiarato, d’altro canto Tridico ha fatto già sapere che per quanto concerne l’INPS ci sarebbero perfino difficoltà a pagare le pensioni dopo il mese di maggio. Inoltre, in molte Regioni, per la cassa integrazione in deroga le istruttorie non sono ancora state aperte e i tempi andrebbero ad allungarsi ulteriormente.
In queste ore si vocifera di un intervento suppletivo delle banche. L’Associazione bancaria italiana sarebbe favorevole ad attivare prestiti che consentano ai lavoratori sospesi dal lavoro di poter accedere ad un’anticipazione, stipulando un’apposita convenzione con lo Stato che le permetterebbe poi di rimpinguare le casse con i lauti interessi derivanti dai prestiti.
Dalle aziende per cui lavorano gli operai stanno già ricevendo lettere di comunicazione circa “i ritardi” sulla cassa integrazione.
Nell’Italia stretta dalla crisi sanitaria che acuisce quella economica, tutti, dallo Stato alle imprese, denunciano problemi di liquidità, ma agli operai si chiede di attendere mesi per avere il primo salario in cassa integrazione. Sono loro, a conti fatti, gli unici a non dover avere problemi di liquidità e che saranno costretti a tirare a campare per due o tre mesi senza percepire un soldo.
Decreto Cura Italia, sì, dei padroni.
A.B.

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