LA RIVOLTA DEI DETENUTI

Dovevano morire gli uni sugli altri, impestati dal coronavirus senza cure, per far contenti falsi garantisti e veri forcaioli. Non avevano altra scelta che la ribellione e si sono ribellati.
Condividi:

Dovevano morire gli uni sugli altri, impestati dal coronavirus senza cure, per far contenti falsi garantisti e veri forcaioli. Non avevano altra scelta che la ribellione e si sono ribellati.


 

Il coronavirus e la sua prevenzione con l’eliminazione delle visite dei parenti, è stata la scintilla che ha innescato la rivolta dei detenuti.
Le proteste sono iniziate domenica 8 marzo, a Frosinone e a Modena. Detenuti in rivolta a Piacenza, Ferrara, Reggio Emilia e Bologna. Disordini a San Vittore a Milano e a Rebibbia a Roma, con le infermerie assaltate. A Pavia due poliziotti sono stati presi in ostaggio . Analoghe scene di protesta a Napoli e Salerno, a Torino e Alessandria. Danneggiato l’istituto penitenziario di Salerno, mentre ad Ariano Irpino e a Santa Maria Capua Vetere c’è stata una vera e propria rivolta. La situazione peggiore si è registrata a Foggia, con oltre 70 detenuti evasi. Nel frattempo il penitenziario foggiano, era finito completamente in mano ai rivoltosi.
Il maggior numero di detenuti è incarcerato per droga o piccoli furti. Tra i 60 mila detenuti più di un terzo sono stranieri, uno su tre sono persone affette da disturbi psichiatrici, mentre due su tre sono tossicodipendenti o alcol dipendenti. Il penitenziario è prima di tutto e soprattutto un luogo di raccolta di poveracci e di disperati. I politici dimenticano che in Italia abbiamo un codice che ci è stato lasciato dal fascismo nel 1930. Lo stato continua ad usare la sola repressione per il così detto ruolo di “recupero” della galera
Il ministro Alfonso Bonafede riferisce al parlamento alcuni dati della rivolta e afferma che la rivolta non era una protesta perché i detenuti avevano bruciato e distrutto: “Dodici morti, diciannove evasi, 6mila detenuti coinvolti nei disordini, 600 posti letto inagibili, danni per 35 milioni di euro cui si aggiungono 150.000 euro di psicofarmaci.”
Oggi più che l’elenco dei danni sono altri i problemi che la rivolta fa emergere: sovraffollamento dei penitenziari, strutture sanitarie inesistenti, nessuna norma igienica e oggi l’infezione da Corona Virus.
Partiamo dal sovraffollamento e riportiamo i dati nei particolari per avere un’idea precisa di cosa vuol dire stare in cella ammucchiati gli uni sugli altri alle prese col coronavirus. Con 60mila detenuti per appena 50 mila posti disponibili, più detenuti sono stipati in meno di tre metri quadrati di spazio. Il numero (50 mila posti), diffuso dal ministero della Giustizia a luglio 2019, non tiene conto delle numerose sezioni penitenziarie chiuse: Alba, Nuoro, Camerino – vuota dal terremoto che ha colpito l’Umbria nel 2016 – Como, Brescia, Taranto solo per citarne alcune. Per cui il numero di posti disponibili è inferiore a quello dichiarato dal ministro.
La rivolta nelle carceri legata all’emergenza Coronavirus riaccende i riflettori sul sovraffollamento nei 189 penitenziari. Attualmente ci sono oltre diecimila detenuti in più rispetto ai posti disponibili. Secondo i dati del ministero della Giustizia aggiornati al 29 febbraio scorso, i detenuti sono 61.230 a fronte di una capienza di 50.931 posti (abbiamo visto che i posti disponibili sono meno, con un tasso di sovraffollamento del 120% ( in realtà maggiore).
Le regioni con il record di carceri che scoppiano si confermano Molise (175% cento) e Puglia (153%); ma allarmano anche la Lombardia (140%) , l’Emilia Romagna (130%), il Lazio (127%), mentre va un po’ meglio in Campania (119%) e Piemonte (114%).
Il dato regionale non dà conto di come sia drammatica la situazione nei singoli penitenziari, dove la maglia nera del sovraffollamento spetta da tempo a quello di Larino, in Molise, dove il tasso raggiunge il record del 208%, con 238 detenuti a fronte di 114 posti. In fortissima sofferenza anche il carcere di Taranto, dove il sovraffollamento è al 196% con un numero di detenuti quasi doppio ai posti letto (600 su 306) e quello di Como (195%) con 452 reclusi a convivere in uno spazio la cui capienza è stimata a 231.
Nel carcere della rivolta più cruenta, a Modena, dove sono morti 6 detenuti, il sovraffollamento è al 152%, con 562 detenuti a fronte di 369 posti. Ancora peggiore la situazione nell’altro penitenziario dell’Emilia Romagna in cui è in corso la protesta: a Bologna il sovraffollamento è al 178% , con 500 soli posti a fronte di 891 reclusi. Su una percentuale analoga si attesta a Roma il carcere di Regina Coeli (172%) con 1061 e una capienza ferma a quota 616, mentre è più vivibile l’altro penitenziario romano, quello di Rebibbia. Nel carcere di Foggia da cui sono evasi 20 detenuti, il sovraffollamento è al 166% con 608 reclusi per 365 posti.
Per quanto riguarda agli altri istituti teatro della protesta, nel milanese San Vittore i detenuti sono 1029 a fronte di 799 posti, con sovraffollamento del 128%; il tasso è superiore alle Vallette di Torino (134%) con 1.061 posti a fronte di 1.429 detenuti.
A conferma del sovraffollamento c’è il quindicesimo rapporto pubblicato dall’associazione Antigone sulle “condizioni di detenzione”. L’Italia, che con il Regno Unito, la Polonia, la Germania e la Spagna si conferma uno dei Paesi con il numero più alto di reclusi nell’Unione europea, non è riuscita dal 2013 – quando la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha emesso una condanna all’Italia per trattamento inumano e degradante al pagamento di migliaia di euro di risarcimento per danni morali a favore di alcuni detenuti – ad oggi a intervenire in modo incisivo sul problema.
Con la sentenza dell’8 gennaio 2013 la Corte europea dei Diritti dell’Uomo-Cedu ha accertato la violazione da parte dell’Italia dell’articolo 3 della Convenzione europea che riconduce nella proibizione della tortura anche il divieto di pene o situazioni disumane o degradanti derivanti dal sovraffollamento carcerario. Con detta sentenza la Corte ha condannato l’Italia al risarcimento del danno in favore dei ricorrenti.
Oggi siamo nel 2020 e lo Stato italiano non ha affatto risolto il sovraffollamento delle galere. E’ evidente che il sovraffollamento comporta l’insufficienza delle strutture igieniche e l’insufficienza delle strutture sanitarie. Il decalogo per la prevenzione dal Corona virus è solo una buffonata nelle galere come nelle fabbriche.
L.S.

MELFI notizia di cronaca – Con un’operazione alla quale hanno partecipato circa 260 uomini della Polizia penitenziaria, 60 detenuti del carcere di Melfi (Potenza) – tutti della sezione “alta sicurezza” – che il 9 marzo scorso si erano rivoltati prendendo in ostaggio nove persone fra agenti di custodia e personale sanitario, sono stati trasferiti stamani in altri istituti di pena d’Italia. La rivolta era cominciata, come in decine di altre carceri italiane, per protestare contro le misure – come la sospensione dei colloqui con i parenti – prese per contrastare la diffusione del coronavirus. Ancora una volta lo stato dei padroni dimostra di conosce solo la repressione.

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.