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È meglio farsi sfruttare dai padroni di Stato che da quelli di Arcelor-Mittal? È meglio mandarli tutti affanculo e resistere come si può e si deve al loro sfruttamento.
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È meglio farsi sfruttare dai padroni di Stato che da quelli di Arcelor-Mittal? È meglio mandarli tutti affanculo e resistere come si può e si deve al loro sfruttamento.

Nazionalizzare le imprese in crisi è una parola d’ordine ricorrente ogni volta che l’economia capitalistica viene investita ciclicamente da una grande crisi economica.
In Italia, ma anche negli altri paesi, America compresa, avvenne negli anni trenta del secolo scorso in concomitanza della grande crisi del 29. Da noi fu fondato un ente apposta, l’IRI. Esso nazionalizzò le grandi banche travolte dalla crisi finanziaria di wall street e le imprese industriali di cui le banche detenevano i pacchetti azionari di maggioranza, praticamente di cui erano proprietarie.
Non era un prodotto di “sinistra” e non era stato posto da nessun “movimento operaio”. Nacque nel 1933 in pieno fascismo.
Nel dopoguerra è stato attraverso l’IRI che è avvenuta la ricostruzione industriale dell’Italia distrutta dalla guerra. Lo stato, capitalista collettivo, ha messo in campo la sua forza economica a sostegno dell’economia in sostituzione e in aiuto dell’industria privata per farla ripartire.
È stato così per ogni settore industriale, aiuti e sostituzione.
Quindi, per più di quarant’anni i profitti fatti sulla pelle di milioni di operai sono stati realizzati in imprese statali o a partecipazione statale.
L’ILVA di Taranto viene costruita all’inizio degli anni sessanta e entra in funzione nel 1965. E’ un’impresa statale ma inquina e uccide come un’impresa privata. Le prime inchieste e sanzioni per i danni ambientali sono del 1971.
Come succede per tutte le imprese statali, che per motivi di propaganda vengono definite “pubbliche”, in Italia, alla fine degli anni ottanta esse vengono “privatizzate”. Il marchingegno tecnico è quello di trasformarle in società per azioni e di dare il pacchetto di maggioranza a qualche privato. Di solito non si tratta neanche di una svendita ma di un regalo. Grandi gruppi industriali vengono praticamente regalati a padroni privati. E’ il caso dell’Alfa Romeo, regalata agli Agnelli, è il caso delle maggiori autostrade italiane regalate ai Benetton, è il caso dell’ILVA di Taranto regalata ai Riva nel 1995 che la pagano meno di un terzo del suo valore. Da Taranto, i Riva se ne vanno dopo che hanno guadagnato montagne di soldi senza aver investito un euro nello stabilimento per eliminare l’impatto ambientale. Lo stato li sta ancora inseguendo con la magistratura per recuperare i soldi spariti nei paradisi fiscali.
Le casse dello stato continuano nel frattempo a tirare fuori altri soldi ogni volta che serve, per le ristrutturazioni, per la cassa integrazione per tutto quello che i manager, gli azionisti pubblici o privati che siano, chiedono.
Lo stato è una macchina organizzata delle classi possidenti. In economia è direttamente al servizio dei banchieri e degli industriali. Con l’IRI cosa ha fatto? Ha tolto le castagne dal fuoco ai padroni. Quando sono andati in crisi, li ha aiutati rendendo collettive le loro perdite, ma non i loro guadagni. Quando dovevano ripartire, nel dopoguerra, ha messo a loro disposizione la sua forza collettiva, ma i profitti sono sempre rimasti privati,nelle tasche dei funzionari pubblici, delle banche e dei padroni che facevano affari con lo Stato.
Ora si ripropone la stessa strada, facendola passare come una proposta contro i padroni, a favore della collettività, addirittura una proposta di parte operaia.
Quelli che sostengono queste posizioni pensano che una impresa se è statale appartiene a tutti, è come se fosse diventata un’impresa collettiva. In realtà essa rimane un’impresa capitalista, dove gli operai sono sfruttati e di quello che producono solo una piccola parte va nelle loro tasche, il loro misero salario, e tutto il resto va a ingrassare i gruppi dirigenti di queste aziende, i manager, che sono veri e propri padroni di stato e, scendendo nella scala sociale, tutte le altre classi che non producono nulla, ma vivono della ricchezza prodotta dagli operai.
Si potrà parlare di proprietà collettiva degli stabilimenti solo quando gli operai, organizzati, avranno distrutto lo stato dei padroni e avranno costruito una nuova forma di organizzazione economica su cui si eserciterà il potere dei diretti produttori, degli operai.
L’ILVA inquina e la sovrapproduzione di acciaio ne chiede un ridimensionamento. Inquina perché i padroni pensano solo a guadagnare e riducono costantemente i costi e rendere un’acciaieria non inquinante costa. La scelta di Mittal di far fuori ancora degli operai non viene dal fatto che si è prodotto troppo acciaio ma che va prodotto solo se garantisce un adeguato margine di profitto alla famiglia ed agli azionisti . Ma l’illusione che gestita da manager di Stato non segua le stesse leggi, gli stessi interessi di profitto, lasciamola ai soliti piccoli funzionarietti che pensano in quanto “politici” o sindacalisti di ritagliarsi nelle aziende nazionalizzate un ruolo di privilegio.
F. R.

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