IL PIANO ARCELOR-MITTAL ILLUSTRATO DA DEUTSCHE BANK

Nel gran polverone attorno all'ex Ilva l'unica cosa chiara è il rapporto dei banchieri tedeschi. Il piano per recuperare i profitti passa attraverso la chiusura o il ridimensionamento dell'acciaieria. Piegarsi alle necessità dei padroni di fare profitti vuol dire accettare alla fine ogni loro decisione.
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Nel gran polverone attorno all’ex Ilva l’unica cosa chiara è il rapporto dei banchieri tedeschi. Il piano per recuperare i profitti passa attraverso la chiusura o il ridimensionamento dell’acciaieria. Piegarsi alle necessità dei padroni di fare profitti vuol dire accettare alla fine ogni loro decisione.

La vicenda del ritiro dagli accordi sulla ex-Ilva di Taranto da parte di ArcelorMittal vede dirigenti sindacali, esponenti dei partiti politici, padroni italiani, piccoli e medi borghesi che da sempre fanno affari con la grande acciaieria esporsi in grandi dichiarazioni, spiegazioni, soluzioni possibili. I giornali poi si sprecano ad elencare le ipotesi per il futuro – piano A, piano B ecc. – che il governo con i sindacati e gli esponenti delle varie categorie sociali stanno studiando. Naturalmente si dovrà – dicono – salvare gli operai, il “lavoro”. Aggiungono poi, data la vicenda specifica di un’acciaieria tra le più nocive in Europa, che andrà fatto nel rispetto dell’ambiente, il territorio, la salute. Tutte balle a cui gli operai non possono dare ormai alcun credito. Non solo perché scottati dal passato in cui, ad esempio, i numerosi incidenti, spesso mortali, malattie e avvelenamento dentro e fuori la fabbrica, sono fatti a cui nessuno ha posto mai seriamente rimedio. Ma soprattutto perché la credibilità di qualsiasi cosa ormai propongano agli operai è inficiata dalle mille mistificazioni con le quali i vari soggetti, non operai, coprono i loro beceri interessi di bottega. Le scelte che si apprestano a fare risponderanno agli interessi delle classi a cui appartengono. Così come alla stessa maniera quegli stessi interessi avevano determinato le scelte precedenti, legate a quelle di ArcelorMittal.

La semplice, chiara e lampante verità sulla decisione dei Mittal la racconta invece un rapporto della Deutsche Bank. Una banca globale, commerciale ma anche e soprattutto d’investimento, che periodicamente stila dei rapporti per gli investitori. Poiché si occupa di “risparmio gestito e gestione dei grandi patrimoni di aziende, governi ed enti pubblici, investitori istituzionali, piccole e medie imprese, famiglie e privati” (così recita la sua autopresentazione sul sito ufficiale). In estrema sintesi il rapporto parla chiaro ai suoi clienti borghesi: se ArcelorMittal fermasse la produzione d’acciaio alla ex-Ilva di Taranto le sue azioni (oggi oscillanti intorno ai 15 euro) vanno comprate, con l’obbiettivo di prezzo, e quindi di relativo guadagno, di 18 euro. Comprare (“buy”) ArcelorMittal che vuole fermare l’acciaieria ex-Ilva di Taranto, dice Deutsche Bank a chi ha un piccolo o grande capitale da investire. Magari tra i suoi interlocutori ritroviamo anche i padroncini che ora protestano per le fatture non pagate da Arcelor. Sicuramente c’è Salvini, il suo partito, la Lega, investe 300.000 euro in obbligazioni di Arcelor Mittal.
Nel dettaglio il rapporto di Deutsche Bank spiega che due sono le ragioni del suo giudizio positivo, e implicitamente le vere ragioni della decisione del padrone Mittal. La prima è che per l’anno contabile 2019 il gruppo ArcelorMittal senza la ex-Ilva si troverebbe in cassa “1,1-1,4 miliardi di dollari” in più e quindi, per esempio, potrebbe distribuire questi maggiori soldi tra gli azionisti. Infatti senza la ex-Ilva i profitti sarebbero maggiori “per 500-700 milioni di dollari”, inoltre non avrebbe uscite “per gli investimenti” che si troverebbe a dover fare a Taranto “per 400-500 milioni di dollari e non dovrebbe pagare la rata d’affitto di 200 milioni”. Totale 1 miliardo, 1 miliardo e mezzo da contabilizzare in bilancio come maggior guadagno del 2019.
La seconda ragione è più strategica ed è legata alla produzione dell’acciaio che sta toccando nel 2019 un nuovo picco di sovrapproduzione. Il fermo della ex-Ilva farebbe venire meno sul mercato europeo una sensibile quantità di acciaio (circa 4 milioni di tonnellate attualmente prodotte dagli altoforni di Taranto), ridando un po’ di fiato ai prezzi e quindi ai profitti.
Il report di Deutsche Bank si spinge oltre arrivando anche a prefigurare che ArcelorMittal possa nella vicenda giudiziaria tentare di recuperare parte del capitale messo in Ilva, chiedendo il rimborso dei circa due miliardi di dollari investiti finora.

Pertanto, di fronte a tanta “materiale” necessità borghese del grande capitalista Mittal, quale piccolo o grande borghese non si inchinerà con rispetto?
Di certo si inchinano alle leggi del padrone Mittal i padroni italiani. E’ vero, il presidente di Confindustria, Boccia, ha detto di temere per l’economia italiana senza l’acciaio prodotto a Taranto. Peccato che poi, di fronte alla “necessità economica” che per continuare a produrre acciaio a Taranto bisognerebbe farlo con 5.000 operai in meno (uno dei piani B), ha sostenuto che tale decisione non può che spettare ai padroni soltanto. Non saranno certo i padroni italiani, sono così “pezzenti” da non riuscire nemmeno a mettere insieme i capitali, ma son pronti a sostenere la eventuale scelta di Mittal.
Chi altro allora, di fronte a queste “impellenti necessità” del capitalista Mittal di alzare i margini di profitto del suo grande, enorme capitale, è invece pronto a dire basta? I padroncini che aspettano con ansia che la grande macchina dell’acciaieria paghi loro la fattura emessa tre mesi prima e ora con terrore temono rimanga insoluta? Potranno forse essere i sindacalisti a mettere in discussione la macchina per far soldi? In passato non si son fatti scrupolo di scambiare la salute degli operai con “il lavoro”, oggi in coro hanno dichiarato: “rimettete l’immunità a uccidere per il padrone Mittal”. Inoltre sono sensibili alle necessità di fare profitti dei padroni, quante volte ci siamo sentiti dire proprio da loro che se il padrone non fa profitti “non può dare lavoro”. Ebbene, se siamo arrivati al punto che le condizioni del lavoro operaio che il padrone può dare sono queste, è forse giunto il momento di dire basta. Ma è solo agli operai che questa decisione si può prefigurare come qualcosa di davvero conveniente. A tutti gli altri non conviene.
R.P.

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