PASTORI SARDI: I NODI VENGONO AL PETTINE

Il conguaglio promesso in campagna elettorale è rimasto un miraggio, non c’è altra scelta che la lotta di strada Dopo le eclatanti proteste dello scorso inverno, i pastori sardi sono pronti a tornare in piazza. A febbraio avevano manifestato in tutta la Sardegna con blocchi stradali e sversamenti di cisterne di latte per chiedere l’aumento del prezzo del latte alla stalla da 0,60 € a 1 € al litro. Dopo oltre un mese di lotta la protesta si era conclusa con un accordo fra pastori e industriali per aumentare il prezzo del latte a 0,74 €/l subito, una sorta […]
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Il conguaglio promesso in campagna elettorale è rimasto un miraggio, non c’è altra scelta che la lotta di strada

Dopo le eclatanti proteste dello scorso inverno, i pastori sardi sono pronti a tornare in piazza. A febbraio avevano manifestato in tutta la Sardegna con blocchi stradali e sversamenti di cisterne di latte per chiedere l’aumento del prezzo del latte alla stalla da 0,60 € a 1 € al litro. Dopo oltre un mese di lotta la protesta si era conclusa con un accordo fra pastori e industriali per aumentare il prezzo del latte a 0,74 €/l subito, una sorta di acconto in vista di un conguaglio, a novembre, sulla base dei prezzi medi ponderati del Pecorino romano dop della borsa di Milano per il periodo tra novembre 2018 e ottobre 2019, che lo avrebbe portato a 1 €/l.
L’accordo venne firmato, dissero i portavoce dei pastori, “per senso di responsabilità”, chiarendo però di “non esserne soddisfatti”. Ma venne subito smentito dal malcontento e dalla rabbia dei tanti pastori che, dopo oltre un mese di dura lotta nelle strade, si sentirono “sconfitti e fregati” da coloro che li avevano rappresentati al tavolo della trattativa. Dopo sei mesi non è cambiato nulla, tranne il nuovo governatore dell’isola, un esponente di centrodestra sostenuto dalla Lega, Christian Solinas. In estate è ripartita la mobilitazione, con assemblee e dichiarazioni alla stampa, in preparazione delle manifestazioni annunciate per il prossimo autunno.
Quello che i pastori più conseguenti avevano detto subito è emerso con chiarezza in questi sei mesi. L’accordo fasullo fu voluto fortemente dagli industriali e dalla classe politica locale e nazionale, in previsione delle elezioni regionali del 24 febbraio. Chi tra i pastori non ricorda l’incontro fra una loro delegazione e i rappresentanti di industriali, consorzi e cooperative e il ministro dell’Interno e leader della Lega Matteo Salvini e il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, durante il quale Salvini promise, facendosene garante, che avrebbe trovato “una soluzione entro 48 ore per restituire dignità e lavoro ai sardi” e per portare il prezzo del latte a 1 €/l? Ebbene, il conguaglio promesso in campagna elettorale è rimasto un miraggio.
Ma, scendendo nei fatti, che cosa è accaduto di preciso in questi sei mesi? I caseifici hanno anticipato il prezzo concordato (0,74 €/l), ma non potranno effettuare il conguaglio fino a 1 €/l poiché il prezzo di mercato del Pecorino romano dop, che si doveva tenere come riferimento, non è cresciuto affatto e continua a essere pari a circa 6 €/kg, nettamente inferiore agli 8,20 €/kg previsti dall’accordo per poter pagare, a conguaglio, il latte al prezzo di 1 €/l. Tale prezzo non ha ripreso quota anche perché il promesso ritiro dal mercato di ingenti quantitativi di prodotto da destinare ad aiuti alimentari si realizzerà solo in autunno. Il ritiro potrà quindi avvenire in un periodo in cui la situazione di mercato sarà ancora peggiorata, con aumento della sovrapproduzione e ulteriore contrazione della domanda e riduzione dei prezzi, che ne vanificheranno gli effetti.
A sottolineare che quell’accordo non vale nulla l’Antitrust ha formalmente dichiarato che “l’accordo stipulato nella Prefettura di Sassari è fuori dalle logiche della concorrenza” e che “non è stato censurato solo perché sottoscritto dalle parti per ragioni politiche e soprattutto di ordine pubblico”. Infatti prima della firma dell’accordo i pastori avevano minacciato proteste per le strade in forma molto pesante durante il periodo di campagna elettorale e le avevano in parte realizzate attraverso blocchi stradali e sversamenti di cisterne di latte.
Insomma i fatti hanno smentito i cosiddetti rappresentanti dei pastori sardi andati a nozze con i politici vincenti di turno, sulla utilità e bontà dell’accordo per i pastori stessi. Come, giusto per fare un esempio, Gianuario Falchi, presente al tavolo dei negoziati, che così si era espresso: “Stiamo pagando 40 anni di malgoverno. Ora abbiamo dalla nostra parte il ministero, ministri come Salvini e Centinaio che ci hanno creduto, e hanno capito dove sta il problema. Crediamo che finalmente questo problema lo potremo risolvere”.
Tutto ciò conferma i dubbi e le critiche dei pastori che si sentivano presi in giro, l’accordo era passato per la pressione dei soliti politici e sindacalisti agricoli maneggioni, per far sgonfiare la piazza. Ora però la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’arrivo di 14 avvisi di garanzia con obbligo di dimora per altrettanti pastori. Dopo la carota dell’accordo-truffa è arrivato il bastone della repressione per punire chi si era più fermamente ribellato allo strapotere economico degli industriali del settore. Lo evidenziamo giusto per ricordare, a coloro che negano l’attualità della lotta di classe, che anche solo la lotta dei pastori sardi li smentisce in pieno.

L.R.

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