ORBÁN E IL LAVORO SALARIATO

Il modello ungherese viene usato dalla lega per la propaganda elettorale: poche tasse, contributi alle famiglie. Ma tengono nascosto come vengono trattati gli operai. Solo un esempio, il lavoro straordinario è obbligatorio e può essere pagato dopo quattro anni. Dicembre 2018 il parlamento ungherese, guidato da Viktor Orbán, approva la legge che innalza le ore straordinarie obbligatorie se l’azienda lo richiede, e che potranno essere pagate anche a distanza di 4 anni. Questo farà sì che quando i padroni ungheresi decideranno di liquidare gli straordinari i soldi realmente intascati dagli operai saranno erosi dall’inflazione che viaggia oltre il 27 […]
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Il modello ungherese viene usato dalla lega per la propaganda elettorale: poche tasse, contributi alle famiglie. Ma tengono nascosto come vengono trattati gli operai. Solo un esempio, il lavoro straordinario è obbligatorio e può essere pagato dopo quattro anni.

Dicembre 2018 il parlamento ungherese, guidato da Viktor Orbán, approva la legge che innalza le ore straordinarie obbligatorie se l’azienda lo richiede, e che potranno essere pagate anche a distanza di 4 anni. Questo farà sì che quando i padroni ungheresi decideranno di liquidare gli straordinari i soldi realmente intascati dagli operai saranno erosi dall’inflazione che viaggia oltre il 27 %, con il rischio addirittura di non vederseli pagare affatto perché il padrone ha magari chiuso nel frattempo la fabbrica ed è sparito.

Una legge dichiaratamente antioperaia che traccia un confine alquanto labile tra lavoro salariato e il lavoro coatto.

Oltre a questa legge il governo di Viktor Orbán, stretto amico e grande mentore di Salvini, si sta distinguendo per una serie di evidenti misure omofobe ed illiberali per favorire la famiglia tradizionale nel tentativo di incrementare la natalità degli ungheresi, tutto in una chiara funzione antimmigrazione.

Tutte scelte condivise e prese a modello dalla lega di Salvini, che non perde occasione per andare a trovare Orbán, elogiandolo per i sistemi adottati e di cui vorrebbe l’applicazione da parte del suo governo.

Gli estimatori di Orbán, Salvini in testa, vanno dicendo in giro che la sua politica economica ha fatto uscire l’Ungheria dalla crisi economica. Il prezzo che però hanno pagato e stanno tutt’ora pagando gli operai e i lavoratori salariati ungheresi, per permettere ai padroni di continuare a fare profitti, ha un costo altissimo.

I salari sono bloccati da tempo, la tredicesima mensilità è stata abolita, L’IVA è passata dal 25 al 27% dal gennaio 2012, il potere d’acquisto è diminuito fortemente, mentre il costo della vita è allineato con quello dei paesi europei (un litro di benzina costa1,263 euro, lo stipendio mensile di un elettricista, per esempio, è di 95.000 fiorini, circa 290 euro mensili).

Il lavoro nero di conseguenza è aumentato esponenzialmente perché con i salari compressi i lavoratori non riescono ad arrivare alla fine del mese e cercano di trovare lavoretti in nero al di fuori della fabbrica nel tentativo di far quadrare il bilancio familiare.

La politica tanto sbandierata degli aiuti alle famiglie, nella realtà si traduce nella ridicola esenzione dal pagamento dell’imposta sul reddito, una regalia di poche decine di fiorini, a patto che la donna ungherese sia almeno madre quattro figli.

Questi sono i provvedimenti draconiani che il governo sovranista del compare di Salvini, Orbán, ha adottato per garantire al capitale ungherese di continuare a macinare profitti su profitti sulla pelle degli operai.

Provvedimenti che il ministro Salvini non avrà nessuna remora ad adottare a sua volta, facendone una bandiera propagandistica da sbandierare sotto il naso dei padroni e dei manager della grande industria, dei padroncini dell’ “operoso” Nord-Est e degli agrari che hanno instaurato, già oggi, un vero e proprio sistema di schiavitù nelle campagne e nelle fabbriche di tutta Italia. Leggi che taglieranno ancora di più i salari, aumenteranno gli orari di lavoro e peggioreranno le condizioni di lavoro, così come ha fatto in Ungheria il suo grande amico Orbán.

Salvini e Orbán due facce della stessa medaglia. L’uno, Orbán, ha fatto da apripista sulle politiche di contenimento dei salari e sulle modifiche degli orari di lavoro quasi al limite del lavoro forzato. L’altro, Salvini, seguendo l’esempio di Orbán sta lentamente continuando sulla strada dei provvedimenti antioperai. Strada che peraltro avevano già imboccato i vari governi che hanno preceduto quello legastellato. I governi Monti e Renzi.

D.C.

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