Toncar carabinieri contro lo sciopero

I carabinieri intervengono direttamente sugli organizzatori dello sciopero. La forza pubblica presidia i cancelli. Il decreto sicurezza è applicato alla lettera. I sindacati confederali stanno zitti come se niente fosse successo. La Toncar S.R.L. è una fabbrica cartotecnica di Muggiò in provincia di Milano specializzata nel confezionamento per conto terzi di figurine, album, gadget e altro materiale stampato sopratutto per il gruppo Panini di Modena. La fabbrica non occupa operai a tempo determinato ma per il lavoro di confezionamento impiega circa 80 operai di una cooperativa a cui delega tutta la produzione di tutto il ciclo di impacchettamento. Nel […]
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I carabinieri intervengono direttamente sugli organizzatori dello sciopero. La forza pubblica presidia i cancelli. Il decreto sicurezza è applicato alla lettera. I sindacati confederali stanno zitti come se niente fosse successo.

La Toncar S.R.L. è una fabbrica cartotecnica di Muggiò in provincia di Milano specializzata nel confezionamento per conto terzi di figurine, album, gadget e altro materiale stampato sopratutto per il gruppo Panini di Modena.

La fabbrica non occupa operai a tempo determinato ma per il lavoro di confezionamento impiega circa 80 operai di una cooperativa a cui delega tutta la produzione di tutto il ciclo di impacchettamento.

Nel settembre 2016 era già iniziata una prima lotta degli operai per chiedere le dimissioni del responsabile della cooperativa appaltatrice Etika, accusato di minacce e molestie sessuali e per tentare di far applicare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle aziende della legatoria.

La cooperativa in questione non aveva mai pagato straordinari, malattie, ferie, 13ma e 14ma, non aveva mai pagato il TFR a chi si licenziava e pagava gli operai 6,50 euro all’ora. Una paga oraria fuori da ogni regola contrattuale. A queste richieste la cooperativa Etika scaricava la responsabilità sulla proprietà che a sua volta, come risposta convocava il sindacato UIL nel tentativo di azzardare un finto cambio d’appalto e affidare il lavoro ad un’altra cooperativa.

Il 17 gennaio di quest’anno, dopo innumerevoli cambi di appalti di cooperative che si sono succedute all’interno della fabbrica, dopo che a dicembre 2018 i 78 operai della Toncar sono stati licenziati in blocco senza preavviso dalla cooperativa One Job, ennesimo cambio, a cui è subentrata una SRL, e dopo la risposta spontanea degli operai che avevano occupato immediatamente la fabbrica, si era giunti ad un accordo, firmato in prefettura, tra il sindacato Si Cobas e la proprietà.

Questa è la dichiarazione, al termine dell’accordo raggiunto, di Papis Ndiaye, sindacalista del Si Cobas: “Una buona uscita per 20-25 lavoratori e assorbire gli altri a tempo indeterminato rispettando l’anzianità, i livelli. Presentate due proposte. Assumere tutti i lavoratori subito chiamandoli però a lavorare tra 15 giorni (perché al momento le commesse sono finite), con contratto a tempo indeterminato con la nuova società, rispettando l’anzianità convenzionale, lo storico dei lavoratori. Oppure l’alternativa è assorbire lavoratori a scaglioni di dieci alla volta fino ad assorbirli tutti. Ora bisogna accertare la forma di assunzione che vogliono fare e riuscire a verbalizzarla”.

Dopo l’incontro in prefettura la lotta degli operai, che rivendicano un assunzione a tempo indeterminato contro le assunzioni a tempo determinato, è ripresa, denunciando altresì il fatto che gli stessi operai subiscono pressioni per dimettersi con la promessa, poi, di venire nuovamente assunti dalla stessa coop, logicamente senza nessun tipo di contratto e senza nessuna garanzia salariale.

Il prefetto ha fatto sapere che il decreto sicurezza (il decreto voluto fortemente dal ministro Salvini) sarà “applicato alla lettera”. Il frutto della prima applicazione del decreto è stata il fermo di uno dei due delegati del Si Cobas della Toncar, che è stato portato in caserma dai carabinieri a cui hanno notificato un provvedimento di rimpatrio forzato con foglio di via obbligatorio dal comune di Muggiò.

La dimostrazione che il decreto sicurezza, espressamente voluto dal sig. Salvini, al di là della pesante repressione contro i migranti, ha una funzione prettamente antioperaia, ha trovato nella lotta della Toncar una delle prime verifiche con la sua diretta applicazione.

La reintroduzione del reato di blocco stradale (reato depenalizzato nel 1999) è inevitabilmente una lama sulla testa degli operai in lotta.

La lotta comunque non si è fermata, gli operai della Toncar, malgrado il fatto che la polizia in assetto da guerra presidi costantemente i cancelli della fabbrica e reprima costantemente a suon di manganellate gli scioperanti, dando una copertura materiale ai propositi dei padroni di continuare a licenziare, ad assumere senza nessun contratto di lavoro, a sottopagare gli operai e a non retribuirli correttamente di tutte le spettanze.

Pur essendo la Toncar in un area ad alta densità di fabbriche la solidarietà che hanno ricevuto da altre fabbriche e da altre categorie di lavoratori è stata quasi nulla. In un fatto così grave come quello che sta succedendo in quella fabbrica, ma anche in altre fabbriche in lotta, il sindacato, al di là della sigla di appartenenza avrebbe dovuto scendere in piazza a solidarizzare con la determinazione a lottare dimostrata da questi operai, invece nulla. Ogni sindacatino o sindacatone, al di là del solito comunicato di solidarietà non si espone più di tanto. La CGIL addirittura ha steso un velo di silenzio su questa lotta, ma non solo su questa! Ogni volta che operai di fabbriche in maniera autonoma, oppure legati a sindacati “alternativi”, decidono di mobilitarsi con scioperi picchetti o occupazioni in difesa dei propri interessi, i sindacati confederali, o non spendono una parola di solidarietà, o arrivano a parlarne male, manifestando addirittura una critica della lotta che sconfina persino nella calunnia. E la ragione di questo comportamento sta tutta nel fatto che la concorrenza tra i vari sindacati è arrivata ad un livello inconcepibile. Il risultato di questa aberrante guerra di parrocchie cade ancora una volta sulle spalle degli operai che oltre a subire il peso della schiavitù salariale tocca anche di pagare le conseguenze della dissociazione dalle lotte degli apparati sindacali.

D.C.

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