Renzi conta gli occupati ma non vede il crollo del monte salari

Caro Operai Contro, Renzi sbandiera l’aumento degli occupati e benda gli occhi davanti all’occupazione che nel 2016 è risalita ai livelli del 2008, ( contando come occupati anche chi ha lavorato una sola settimana) ma ha visto crollare il monte salari. Con i contratti usa e getta il monte ore lavorate è sceso di1,1 miliardi (-5 per cento). Infatti, sebbene quella dell’Istat sia la media del pollo di Trilussa, è indicativo il dato che nel 2016 pur essendoci gli stessi occupati del 2008, il monte ore complessivamente lavorato sia diminuito di oltre 1,1 miliardi (-5 per cento) e nessun […]
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Caro Operai Contro,

Renzi sbandiera l’aumento degli occupati e benda gli occhi davanti all’occupazione che nel 2016 è risalita ai livelli del 2008, ( contando come occupati anche chi ha lavorato una sola settimana) ma ha visto crollare il monte salari. Con i contratti usa e getta il monte ore lavorate è sceso di1,1 miliardi (-5 per cento). Infatti, sebbene quella dell’Istat sia la media del pollo di Trilussa, è indicativo il dato che nel 2016 pur essendoci gli stessi occupati del 2008, il monte ore complessivamente lavorato sia diminuito di oltre 1,1 miliardi (-5 per cento) e nessun sindacato si è sognato di rivendicare recupero dei salari. L’Istat somma le ore lavorate degli operai con le ore lavorate degli impiegati nei tre settori: industria, servizi, agricoltura. Per questo non si tratta di dati omogenei per settore e categoria. Anche il calo della “retribuzione media” del 3,4% al netto dell’inflazione tra il 2008 e il 2016, è una media tra i salario operaio ed il resto dei redditi.

Sempre tenendo conto di questo “mischione”, nel 2008 i dipendenti full time erano l’86 per cento del totale, 8 anni dopo si sono abbassati all’81 per cento. Quelli a tempo parziale, invece, sono saliti dal 14 al 19 per cento del totale. Ancora nella media di Trilussa, “rispetto alla situazione pre-crisi l’Italia deve recuperare  tra i principali indicatori economici 3 punti percentuali di consumi delle famiglie, 5,8 punti di Pil, 7 punti di reddito disponibile delle famiglie e ben 24,4 punti di investimenti”.

Gli operai non si fanno certo abbindolare dalle statistiche dei padroni, tengono i piedi ben saldi per terra, si riconoscono e si contano in ogni reparto, in ogni fabbrica, nei posti di lavoro per costruire la propria organizzazione.

Saluti operai

 

Allego da un elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati ISTAT 9 settembre 2017

STESSI OCCUPATI DEL 2008, MA LE ORE LAVORATE SONO SCESE DI 1,1 MILIARDI

Sebbene l’ultima rilevazione dell’Istat abbia messo in evidenza che gli occupati a luglio di quest’anno, pari a poco più di 23 milioni di unità, sono tornati allo stesso livello del 2008, il monte ore lavorate, invece, è diminuito di oltre 1,1 miliardi (-5 per cento).

Nei primi 6 mesi del 2008, infatti, i lavoratori italiani erano stati in fabbrica o in ufficio per un totale di 22,8 miliardi di ore, nei primi 2 trimestri di quest’anno, invece, lo stock è sceso a 21,7.

In buona sostanza, segnalano dall’Ufficio studi della CGIA, se a parità di occupati sono diminuite le ore lavorate, rispetto al 2008 i lavoratori a tempo pieno sono scesi e, viceversa, sono aumentati quelli a tempo parziale (contratti a termine, part time involontario, lavoro intermittente, somministrazione, etc.).

Difatti, se nel 2008 i dipendenti full time erano l’86 per cento del totale, 8 anni dopo si sono abbassati all’81 per cento. Quelli a tempo parziale, invece, sono saliti dal 14 al 19 per cento del totale.

Nel 2016 il monte ore lavorate totale (dati grezzi) è stato pari a 42,9 miliardi. Nel 2008, invece, ammontava a 45,8 miliardi

Con una produttività del lavoro che ha subito una contrazione molto importante sia nei servizi (-3,1 per cento) sia nelle costruzioni (-7,1 per cento) – settori, questi ultimi,  che danno lavoro al 79 per cento del totale dei dipendenti presenti nel Paese – anche la retribuzione media per occupato ha registrato una forte contrazione: tra il 2008 e il 2016 è diminuita, al netto dell’inflazione, del 3,4 per cento.

“Nonostante abbiamo recuperato gli occupati che avevamo prima della crisi – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – ciò è avvenuto a scapito della qualità dei nuovi posti di lavoro e della diminuzione della produttività nei settori più importanti che hanno trascinato verso il basso anche i livelli retributivi pro capite”.

Oltre a ciò, ricordano dalla CGIA, rispetto alla situazione pre-crisi l’Italia deve recuperare  tra i principali indicatori economici 3 punti percentuali di consumi delle famiglie, 5,8 punti di Pil, 7 punti di reddito disponibile delle famiglie e ben 24,4 punti di investimenti.

 “Speriamo – conclude il Segretario della CGIA Renato Mason – che con la legge di Bilancio 2018 le risorse a disposizione vengano utilizzate per ridurre le tasse, in particolar modo attraverso il taglio dell’Irpef. Solo così possiamo sperare di rilanciare con vigore i consumi interni che, ricordo, costituiscono la componente più importante del nostro Pil”.

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati ISTAT 9 settembre 2017

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