PCM: Indotto FCA di Melfi: La falsa “armonizzazione” al Contratto Nazionale

Redazione di Oprai Contro, Il giorno 11 dicembre 2017 i rappresentanti  di Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl e i rappresentanti della PMC, una fabbrica dell’indotto FCA-Fiat di Melfi, si sono incontrati presso Confindustria Basilicata. La società PMC Melfi applicava, per il sito di San Nicola di Melfi, il Contratto Collettivo Specifico di Lavoro di Primo Livello del 29-12-2010, con le successive modifiche integrate, cioè quello attuale FCA-Fiat. L’incontro presso Confindustria è servito per firmare un’ipotesi di accordo da sottoporre ai lavoratori che sancisce il passaggio dal CCSL al CCNL e l’adesione all’Accordo Comparto Auto ACM Melfi, ad eccezione […]
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Redazione di Oprai Contro,

Il giorno 11 dicembre 2017 i rappresentanti  di Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl e i rappresentanti della PMC, una fabbrica dell’indotto FCA-Fiat di Melfi, si sono incontrati presso Confindustria Basilicata.

La società PMC Melfi applicava, per il sito di San Nicola di Melfi, il Contratto Collettivo Specifico di Lavoro di Primo Livello del 29-12-2010, con le successive modifiche integrate, cioè quello attuale FCA-Fiat.

L’incontro presso Confindustria è servito per firmare un’ipotesi di accordo da sottoporre ai lavoratori che sancisce il passaggio dal CCSL al CCNL e l’adesione all’Accordo Comparto Auto ACM Melfi, ad eccezione di alcuni punti fra cui quello inerente l’incentivo di produttività sancito dall’Accordo Comparto Auto ACM, cioè il riconoscimento ai lavoratori  dal 1° al 4° livello un’indennità oraria di 0,82 centesimi, inoltre l’incentivo di euro 6,71 per 13 mensilità a titolo di elemento aggiuntivo.

Il giorno 13 dicembre, due giorni dopo la firma sull’ipotesi di accordo fra i rappresentanti del sindacato e i rappresentati del padrone, senza distribuire una copia dell’ipotesi firmata si è chiamati i lavoratori a votare.

In un’ora di assemblea a turno, senza che gli operai avessero uno straccio di copia dell’ipotesi di accordo, i rappresentanti sindacali, spiegando alla meno peggio che si era ottenuto finalmente il ripristino del Contratto Nazionale, hanno fatto votare, senza una cabina di votazione e di fronte a tutti (sullo stesso tavolo dove erano seduti i rappresentanti sindacali).

Su circa 170 lavoratori aventi diritto al voto i sindacati hanno confermato che hanno votato 102 lavoratori, fra cui un solo No all’ipotesi di accordo.

La Fiom, che in passato non aveva accettato l’accordo ACM, ha firmato presso confindustria l’ipotesi di accordo e lo stralcio di alcuni punti che riguardano il premio di incentivo di produttività, che altri lavoratori dell’indotto hanno.

La Fiom negli anni scorsi aveva più volte espresso la sua contrarietà all’accordo ACM ( uno dei tanti volantini il 30 giugno 2014 http://www.basilicata.fiom.cgil.it/documenti/2013/ACM%20FINALE.pdf),  e prese di posizione in quanto riteneva e scriveva espressamente che: “si andava in deroga al Contratto nazionale (CCNL) e alla Legge perché di fatto si accettava il Contratto Fiat. Inoltre la Fiom affermava che le aziende volevano con quell’accordo  imporre un’organizzazione del lavoro a 18 turni, con lo straordinario obbligatorio fino a 120 ore, un uso unilaterale dei Permessi Annui Retribuiti, il richiamo per i recuperi nella mezz’ora di pausa, il 18° turno, il giorno di riposo, il sabato lavorativo, la deroga al Decreto Legge 8 aprile n.66 sui riposi giornalieri e settimanali”. Tutto questo non bastava e aggiungeva che “le aziende dell’automotive vogliono una intesa che legava il premio alla effettiva prestazione lavorativa, intervenendo sulla malattia, sui permessi elettorali, ecc. per ridurre quello che le aziende chiamano assenteismo”.

Adesso la Fiom si è rimangiata tutto e con l’accordo alla PMC è andata oltre poiché si è resa complice anche dello stralcio relativo al premio di incentivo di produttività.

Non è difficile comprendere perché la Fiom, che non aveva firmato prima, adesso è stata disposta a firmare, anche firmando in peggio escludendo il premio di produttività. Deve recuperare agibilità in fabbrica per poter partecipare ai tavoli insieme agli altri, aumentare eventualmente il numero di tessere e con quelle poter mantenere la burocrazia sindacale.

In verità alla PMC di Melfi si è detto che si è passati  al CCNL come se fosse stato fatto chissà che cosa, ma così non è in quanto l’accordo firmato ha stabilito la validità del contratto peggiorativo dell’ACM a cui bisogna adeguarsi prima ancora di sfogliare il contratto nazionale dei lavoratori. Infatti l’articolo 8 dell’intesa di “armonizzazione” raggiunta dal titolo “Accordi Aziendali”, così recita: “dal 1 gennaio 2018, [l’Azienda PMC Automotive Melfi Srl] applicherà l’accordo di secondo livello sottoscritto in data 25 giugno 2014 (tra Consorzio ACM Melfi e Organizzazioni sindacali presso Confindustria Basilicata) ad eccezione di quanto previsto al punto C) INCENTIVO DI PRODUTTIVITà”. Ebbene, se si legge questo accordo, che a suo tempo, ripeto, non fu firmato dalla Fiom, scopriamo anche che al punto F), dal titolo minaccioso di “Clausola di Salvaguardia”, è scritto che se si verificano conflitti rispetto all’applicazione dell’accordo, l’azienda può sospenderne l’efficacia e non corrispondere più ai sindacati il versamento dei contributi sindacali, cioè delle quote mensili dei tesserati ai sindacati. Una chiara misura antisciopero che è stata preventivamente accettata dai firmatari del contratto separato FCA e che finora è stato uno dei principali motivi ufficiali per cui la Fiom non l’ha firmato. Firmando questa falsa “armonizzazione”, la Fiom fa rientrare dalla finestra quello che aveva cacciato dalla porta.

In sostanza, con l’accordo in Pmc si è andati a firmare un accordo ancora peggiore di quello che avevano firmato Fim, Uilm, Fismic e Ugl il 25 Giugno 2014.

Un operaio di Melfi

 

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