Se i tavoli non sono imposti dalla lotta

Caro Operai Contro, ogni giorno ci sono fabbriche che chiudono e licenziano gli operai. Il sindacato invece di organizzare scioperi e lotte, continua a chiedere incontri alle istituzioni. Ma gli incontri senza la pressione delle mobilitazioni, diventano passerelle che sanciscono i licenziamenti. Con questo sindacalismo non combineremo mai niente di buono. Condivido che ci vuole il sindacalismo operaio e che gli operai hanno bisogno di un proprio partito. Perciò sono d’accordo con Operai Contro, e ne ho parlato anche ai miei amici, alcuni sono stati licenziati come me. Saluti da un operaio disoccupato     Articolo da: La Prealpina […]
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Caro Operai Contro,

ogni giorno ci sono fabbriche che chiudono e licenziano gli operai. Il sindacato invece di organizzare scioperi e lotte, continua a chiedere incontri alle istituzioni. Ma gli incontri senza la pressione delle mobilitazioni, diventano passerelle che sanciscono i licenziamenti.

Con questo sindacalismo non combineremo mai niente di buono. Condivido che ci vuole il sindacalismo operaio e che gli operai hanno bisogno di un proprio partito. Perciò sono d’accordo con Operai Contro, e ne ho parlato anche ai miei amici, alcuni sono stati licenziati come me.

Saluti da un operaio disoccupato

 

 

Articolo da: La Prealpina

Chiude anche la Masci. Ventisei dipendenti a casa. I sindacati: «Nel Luinese la situazione è grave». Il sindaco scrive alla Regione. Ancora un duro colpo per l’occupazione locale. Dopo la Italtrasfo, infatti, un’altra storica azienda chiude i battenti lasciando a casa 26 dipendenti: si tratta della Ascanio Masci srl, ditta specializzata nella lavorazione della lamiera dal 1963, che, ironia della sorte, si trova praticamente accanto alla Italtrasfo.

L’annuncio ai dipendenti è arrivato nel corso di un’assemblea indetta dalla stessa proprietà. La funzionaria delegata della Fiom-Cgil, Francesca De Musso, che ha seguito da vicino anche il caso della ditta di Luino IMF e di Italtrasfo di Germignaga, si è detta particolarmente preoccupata per ciò che sta accadendo nel territorio. Uno stillicidio continuo di perdita di posti di lavoro a cui si sommeranno, se non cambieranno le cose, anche i posti, una cinquantina, dei dipendenti della Rsa di Agra.

Circa cento famiglie dovranno rimboccarsi le maniche per ricominciare.

«Due o tre di queste persone rimaste senza lavoro alla Masci – ha spiegato la De Musso – potranno andare in pensione mentre per tutti gli altri ci saranno due anni di Naspi (la vecchia disoccupazione, ndr) ma, chiaramente, questa non basta a chi ha un futuro così incerto davanti. La diminuzione del lavoro ed alcuni problemi economici del passato non risolti hanno costretto a questo triste epilogo e lunedì saranno portati i libri in Tribunale.

Il curatore deciderà poi le sorti di questa azienda. Se è vero che quelli che rimarranno senza lavoro della Italtrasfo riceveranno cuscinetti e bonus importanti, qui va sottolineato che, nonostante tutte queste difficoltà che non partono certo da ieri, la proprietà non ha mai fatto mancare lo stipendio ai propri dipendenti, nemmeno per il mese di ottobre».

Il sindaco Marco Fazio, già da ieri, sabato 21 ottobre,si è attivato con canali istituzionali, reputando la perdita di una sessantina di posti di lavoro sul territorio un fatto davvero grave.

«Abbiamo interessato subito Regione Lombardia – dice – con una missiva al presidente della Commissione Attività Produttive della Regione chiedendo un’audizione urgente. Pensiamo di fare altri passi meno formali o istituzionali, come la costituzione di un fondo di solidarietà per queste persone perché l’assegno di disoccupazione potrebbe non arrivare subito. Bisogna solo capire le modalità di questo tipo di intervento da parte nostra».

Nel documento Fazio manifesta tutta la sua preoccupazione e quella dell’amministrazione per la difficile ricollocazione dei circa 60 lavoratori rimasti a casa. Motivo per il quale chiede che siano ascoltate sia le proprietà delle due aziende, sia le parti sindacali.

L’auspicio finale è che si apra una riflessione sulla situazione occupazionale complessiva dell’Alto Varesotto che sta perdendo “pezzi” importanti.

Dietro questi numeri ci sono famiglie che un tempo potevano ricollocarsi nella vicina Svizzera. Ora, anche oltre frontiera, un po’ per motivazioni politiche, un po’ per una reale flessione del mercato del lavoro, il rischio è che chi viene lasciato a casa a Luino possa vivere l’incubo di rimanere in una terra di mezzo depauperata di industrie e occupazione.

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