Gli schiavi della movimentazione delle merci

Caro Operai Contro, Arturo descrive la sua giornata lavorativa e dice di essere schiavo di un algoritmo. Se sei schiavo è perché hai un padrone. Arturo consegna le merci per conto di Amazon, ma il suo padrone non è Amazon, ma una cooperativa che lavora per Amazon, così Arturo ha due padroni da mantenere. È uno schiavo D.O.C. Una delle nuove forme di schiavitù salariale che fa dire a Padoan che l’occupazione aumenta. Anche questa fa parte delle “tutele crescenti” (per i padroni) del Jobs act, voluto dal Pd al governo. I sindacalisti amici di Poletti e Renzi, avevano […]
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Caro Operai Contro,

Arturo descrive la sua giornata lavorativa e dice di essere schiavo di un algoritmo. Se sei schiavo è perché hai un padrone. Arturo consegna le merci per conto di Amazon, ma il suo padrone non è Amazon, ma una cooperativa che lavora per Amazon, così Arturo ha due padroni da mantenere. È uno schiavo D.O.C. Una delle nuove forme di schiavitù salariale che fa dire a Padoan che l’occupazione aumenta. Anche questa fa parte delle “tutele crescenti” (per i padroni) del Jobs act, voluto dal Pd al governo.

I sindacalisti amici di Poletti e Renzi, avevano già fatto il colpaccio in un altro ramo della movimentazione delle merci, tenendo i facchini delle cooperative soggiogati ad un sindacalismo collaborazionista. Quando i facchini delle cooperative con le loro lotte hanno scoperchiato le condizioni di lavoro a cui sono sottoposti, hanno nel contempo smascherato il sindacalismo collaborazionista al servizio del padrone.

Ribellarsi è giusto! Lo diceva un rivoluzionario cinese. E’ più che mai d’attualità!

Saluti da un affezionato lettore

 

Invio un articolo preso da Adnkronos

“Lavoro per Amazon, consegno 200 pacchi al giorno e sono schiavo di un algoritmo”

Hanno i minuti contati. La velocità fa la differenza, come insegna il fondatore Jeff Bezos. E a dettare i tempi per le consegne Amazon è un “algoritmo”. E’ questo il nostro vero problema, spiega all’AdnKronos Arturo, ma il nome è ovviamente di fantasia, perché “sa lavoro ancora dentro, sono un ‘driver’, un fattorino, non posso espormi'”. Ogni mattina all’alba si ritrova con i suoi colleghi e i capi per prendere le consegne: fino a 200 pacchi al giorno per circa 150 fermate, ‘stop’ in gergo, “perché qualcuno, magari, ne ha più d’uno (di pacco, ndr.)”. E, poi, parte la corsa. Scorrazzano per tutta la città, il più veloce possibile perché altrimenti “ci chiamano” e, ora, con Amazon Prime – consegna in 2 ore, ma anche un’ora se paghi -, i tempi si restringono ancora.

A decidere le rotte, i giri che i driver dovranno fare e, soprattutto, quanto ci dovranno mettere, è un sistema automatico, un “algoritmo”, che “non tiene conto dell’imprevisto: il semaforo, il traffico e la macchina che ti si spegne davanti con il ‘nonnino’ alla guida”. Non è facile per i tanti Arturo, l’età è compresa tra i 30 e i 50 anni, portare a termine l’impresa di consegnare tutti i pacchi nell’orario stabilito. “Siamo costretti, spesso, a finire più tardi di 2/3 ore nei giorni più caldi, saltando anche la pausa pranzo di 30 minuti”. “Come ci arrivi dal Politecnico a Romolo nell’ora di chiusura degli uffici in mezz’ora? Mica volo, ho un furgone, non sono un drone”.

Da Amazon precisano, parlando con l’AdnKronos, che “le persone che consegnano non sono nostri dipendenti perché noi non abbiamo una nostra flotta, ma ci affidiamo a terze parti che fanno questo lavoro”. Noi abbiamo un centro di distribuzione ad Affori a nord di Milano, dove tu con una App accedi a questo servizio Prime Now e scrivi, per esempio, di aver bisogno d’acqua, pane e latte ‘tra le 18 e le 20′, ti arriva a casa e paghi”. C’è, poi, un’altra base a Rogoredo con Amazon Logistic. “E’ un deposito di smistamento, da cui un altro genere di prodotti – il regalo preso all’ultimo momento, la chitarra elettrica o il tablet – partono e vengono consegnati nell’area meneghina”. “Quello che noi diamo è un cellulare con un software di navigazione, quello che loro chiamano ‘algoritmo’, che ti fa un percorso”. Dal colosso dell’e-commerce sottolineano che “se non stai nei tempi non succede nulla”, serve solo per “rendere più facile la consegna”.

“In Lombardia negli ultimi mesi abbiamo ottenuto migliori condizioni nelle aziende dei drivers che lavorano per Amazon – dice all’Adnkronos Luca Stanzione, Segretario Generale Filt Cgil di Milano – ora c’è bisogno di aprire una contrattazione sull’algoritmo che regola il lavoro per salvaguardare la professionalità” degli occupati, oltre a “migliorare il servizio”. Amazon non è solo una piattaforma digitale “ma una grande azienda con un processo produttivo di cui la casa madre è responsabile e a cui il consumatore guarda con molta attenzione”. Per esempio affinché venga rispettata la puntualità nelle consegne , sottolinea, “è necessario mettere i lavoratori nelle condizioni migliori per svolgere il servizio, andare a piedi nella Ztl, con tutte le variabili come il meteo, non è in linea con i ritmi frenetici richiesti dall’azienda”. Serve un sistema normativo, conclude il sindacalista, per garantire ai “grandi soggetti dell’economia telematica di stare nel mercato, pagare le tasse e offrire lavoro di qualità”.

Nonostante gli ultimi guai del colosso americano con l’Europa, che lo accusa di “mancati versamenti fiscali” e gli chiede indietro 250 milioni di euro, il business non si ferma e il nostro Paese è tra quelli con maggiori potenzialità di crescita. “In Italia l’e-commerce è fermo al 5-7% rispetto al 15-20% di Francia e Germania, per questo ci investiamo: crescerà” aveva detto a inizio anno il vicepresidente italo-americano di Amazon Europa Roy Perticucci, annunciando il centro di distribuzione di Passo Corese, frazione di Fara Sabina nel reatino, a una trentina di chilometri da Roma. La struttura, dicono all’Adnkronos da Amazon, ha già cominciato a lavorare il 18 settembre scorso con 400 persone, mentre “ne occuperà 1200 in 3 anni”. Dal 2010 a oggi Amazon ha creato oltre 2mila posti di lavoro in Italia. “Prima di trovare questa occupazione, trovavo solo impieghi saltuari: sono stato fortunato e li ringrazio per questo” ammette il driver, sottolineando che comunque “lo stress è veramente tanto: abbiamo i minuti contati e non puoi farti una vita perché non hai orari”.

Lo stipendio è sui 1250 euro netti al mese, a cui però devi togliere anche le multe. “A differenza degli altri corrieri non abbiamo il permesso ZTL o l’ingresso per l’Area C – denuncia – per questo quando ci tocca entrare, per rispettare i tempi, può capitare che di dover mettere in conto dai 50 ai 100 euro mensili di multe”. Sulla zona C, precisano all’Adnkronos da Amazon, “la paghiamo ai corrieri terzi nell’accordo quadro che noi facciamo”, mentre per quanto riguarda la ZTL “dovrebbero consegnare, facendo il tratto che manca a piedi”.

Ultimo ostacolo, ma un po’ per tutti noi, è quello del posteggio. “Se devi fare tutto in 8 ore e ti metti a cercare un parcheggio dentro città come Milano o Roma, è finita. Non ce la puoi fare a finire le consegne” dice sconsolato il driver. Una vera iattura sono, poi, i cosiddetti ripassi. “Se citofoni e chi ha ordinato il pacco non risponde devi tornare: è un incubo per noi”. Meglio farsi trovare.

 

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