Previsioni economiche, il gioco del lotto

Redazione di Operai contro, Danilo Taino sul Corriere della Sera si interroga sull’attendibilità delle previsioni economiche. La conclusione è che non lo sono! E la colpa sarebbe della finanza. Sulle conclusioni siamo perfettamente d’accordo, ma che ciò si debba imputare al capitale finanziario è solo un comodo mezzo per scantonare dalle ragioni della crisi e dall’incapacità di uscirne. Facciamo subito notare che quelle previsioni inondano quotidianamente  giornali e Tv. Sarebbero le stesse a cui poi si affidano ministri, capi di governo, banchieri centrali nelle decisioni che prendono, o almeno così favoleggiano. Ma non solo: quante volte ci siamo trovati […]
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Redazione di Operai contro,

Danilo Taino sul Corriere della Sera si interroga sull’attendibilità delle previsioni economiche. La conclusione è che non lo sono! E la colpa sarebbe della finanza. Sulle conclusioni siamo perfettamente d’accordo, ma che ciò si debba imputare al capitale finanziario è solo un comodo mezzo per scantonare dalle ragioni della crisi e dall’incapacità di uscirne.

Facciamo subito notare che quelle previsioni inondano quotidianamente  giornali e Tv. Sarebbero le stesse a cui poi si affidano ministri, capi di governo, banchieri centrali nelle decisioni che prendono, o almeno così favoleggiano. Ma non solo: quante volte ci siamo trovati queste previsioni sull’andamento dell’economia nei cappelli dei contratti? In quelli nazionali, ma anche quelli della singola fabbrica, negli sproloqui dei padroni per farci digerire i peggio sacrifici, licenziamenti, “aumenti” salariali legati proprio all’andamento economico?  Non parliamo poi del ruolo fondamentale, soprattutto in tempo di crisi, che queste previsioni hanno nel creare consenso politico, nei governi e in generale negli amministratori della cosa pubblica, nell’assicurare la fiducia nel sistema che, viceversa, il perdurare della crisi mina alle radici. Ebbene quelle previsioni,  ora si “scopre”, essere state dei veri e propri terni al lotto, senza alcun fondamento scientifico.

Una tesi stravagante

Il giornalista del Corriere, invero, riprende la tesi dell’economista Roger Charles Altman  (non “Robert” Altman (sic!), famoso regista, con cui Taino “forse” lo confonde), il quale a sua volta non fa altro che sostenere la solita falsa tiritera che se qualcosa va storto è colpa della finanza. Ben strana cosa se a sostenerla è uno come Roger Altman – perché allora fai il mestiere di consulente finanziario? Ci verrebbe da dire. Infatti Altman è tornato a fare soldi con la finanza nel 1995 fondando Evercore, una Investment Banking, ma prima aveva fatto il consigliere economico di Bill Clinton. Insomma uno che nelle sue attività ha da sempre fatto ampio uso delle previsioni economiche, ma che ora dice non hanno nessuna attendibilità. Ma si sa, gli affari non stanno andando troppo bene e qualche giustificazione con i propri clienti, azionisti e investitori (e lettori) bisogna pur trovarla, prima che credano di aver a che fare con ciarlatani.

La tesi esposta da Altman sul Wall Street Journal, e ripresa dal Corriere, è in estrema sintesi la seguente: tutte le previsioni economiche degli ultimi anni si sono dimostrate sbagliate perché la quantità  di capitali che il sistema finanziario muove è così grande e alla continua ricerca di rendimenti da imporre all’economia reale le sue bizzarrie. Una tesi curiosa, non proprio originale, ricorrente nelle grandi crisi del capitalismo, ma soprattutto che viene solo enunciata. Quale relazione ci sia tra la “continua ricerca di rendimenti” del capitale finanziario – che poi non è diversa dalla continua ricerca di profitto che caratterizza il funzionamento del capitale in genere – e imprevedibilità economica non è dato saperlo. E tanto meno, ammesso che sia vera, viene fatto alcuno tentativo di spiegarla.

Una lunga serie di toppate

Certo leggere l’articolo di Altman con l’elenco delle previsioni sbagliate e le istituzioni che le hanno fatte, toppando clamorosamente, già di per sé ci mette di buon umore. Troviamo il “grande”, e sempre preso di riferimento, Fondo Monetario Internazionale che, nel 2013, prevedeva la fine della crisi grazie a una crescita globale del 4,1% l’anno seguente. Fuori dalla crisi ci avrebbero portato i paesi emergenti come Brasile (previsione +4%) e Russia (previsione +3,8%). “La Federal Reserve pubblicò una previsione simile” – scrive sempre Altman.  Nel mondo oggi si ha ben altro. E “sia Brasile che Russia sono in recessione, cioè crescita negativa”. Non male per le prime due istituzioni economiche del mondo! – aggiungiamo noi.
Vengono poi le previsioni su materie prime, con il petrolio previsto due anni fa tra 70 e 90$ al barile, “mentre invece abbiamo visto esattamente l’opposto”: un crollo fino al minimo di 29$ e oggi oscilla intorno ai 40$. Le previsioni su tassi di interesse: indicavano un 4%, oggi i fed-funds sono allo 0,5% e nel mondo si sono visti persino tassi negativi.
Altman che due anni fa  si sfregava le mani pensando al rendimento preventivato, e oggi sembra che si metta a piangere, non si capacita che sia stata la prestigiosa Goldman Sachs a sbagliare così clamorosamente. Mentre per il petrolio le previsioni erano della EIA, quella che Altman definisce “la miglior conosciuta al mondo agenzia di previsioni sulle risorse energetiche”.
Sconsolato Altman ricorda che non si sta parlando di “categorie economiche oscure”.  Tassi di interesse, petrolio, crescita economica, sono “normalmente ottimi per fare previsioni”. Ed ecco così che prende corpo la “profonda” tesi di Altman: ormai tutto, anche merci tradizionali come petrolio e oro, sono diventati strumenti finanziari, pertanto le dinamiche non son più quelle del mercato delle merci, ma quelle estremamente volatili dei titoli finanziari quotati in Borsa. Cosa ha creato questo capovolgimento di ruoli tra mondo reale e finanziario, e quali sono le nuove dinamiche in modo che nuovi modelli previsionali si possano fare, non interessa né ad Altman, né a Taino del Corriere. Quest’ultimo semplicemente ci avvisa che probabilmente Altman esagera solo quando sostiene  che «La finanza rappresenta oggi la forza più potente sulla terra, anche più delle armi nucleari».

Il dominio del capitale finanziario

Infatti, la tesi che il sopravvento del mondo della finanza impedisca di fare serie e attendibili previsioni economiche sui mercati delle merci, nell’articolo di Altman si estende e diventa una dominazione crescente sulle scelte industriali delle grandi società (le corporations) e infine persino una perdita di controllo dei governi sulla politica economica. Come persino, sempre secondo Altman, è accaduto ultimamente in Cina. Per anni le autorità economiche e monetarie cinesi hanno gestito e controllato l’economia del paese prevedendo e fissando obbiettivi di crescita, ma poi c’è stata anche lì la finanziarizzazione e …. “la caduta della borsa. E a quel punto l’hanno chiusa, riaperta, imposti vincoli alla contrattazione, rivalutato la moneta e significativamente minato la fiducia globale nel paese”.
Insomma, conclude Altman, ogni cosa reale, “prezzi delle merci, industrie, governi sono sempre di più in sua balia [della finanza].  Per cui le affidabili previsioni economiche è possibile che siano storia passata”.

Tirano i dadi

Bene, prendiamo atto in primo luogo che, al di là delle ragioni, le previsioni economiche che in questi anni ci hanno propinato, e con le quali hanno giustificato le varie manovre governative, contratti, accordi, ecc., compreso le campagne ideologiche sullo stato del sistema capitalistico e della presunta sua uscita dalla crisi, sono state puntualmente disattese. L’articolo di Altman ha almeno il pregio di constatare che in pratica i grandi esperti navigano a vista, non sanno in realtà dove stanno andando e sono in balia di forze che non hanno la più pallida idea di come controllare. Altman/Taino fondamentalmente sono arrivati alla conclusione che tanto vale tirare un dado nel prendere le decisioni e/o giocare alla roulette. Il che fa presagire (qui la previsione la possiamo fare tranquillamente noi) che ne vedremo ancora di belle, e la classe degli operai riprendere il ruolo nella storia che le spetta.

Bisogni umani o leggi del capitale?

In secondo luogo, veniamo dunque alla questione sollevata: nella nuova epoca, in cui è il capitale finanziario a dominare, non si possano fare previsioni attendibili.
Intanto ci sarebbe da capire se tutte le previsioni non si possono fare o, piuttosto, soltanto quelle che piacciono ai capitalisti, ovvero quelle che indicano che il capitale torna a fare margini di profitto adeguati precedenti la crisi. In fin dei conti le previsioni sbagliate, che Altman ricorda, sono state quelle che indicavano una presunta fine della crisi. Ma quelle sul peggioramento della crisi e il suo perdurare non sarebbero state sbagliate. Solo che queste nessuna delle famose istituzioni citate le ha fatte, pur avendo migliaia di ben pagati laureati impegnati nel raccogliere e sondare i milioni di dati economici oggi disponibili.
Inoltre, è una ben strana tesi quella che sostiene che poiché il capitale finanziario è alla continua ricerca di rendimento ogni previsione economica è fallace, quasi che fosse la bramosia di profitti finanziari a renderle inaffidabili. Mentre se la stessa smania appartiene, come in effetti appartiene, al capitale impegnato nella produzione ad esempio del grano, allora, le previsioni non vanno incontro a sonore cantonate?
La “continua ricerca di rendimento” è la legge che spinge tanto il capitale finanziario che quello impegnato nella produzione della più concreta e reale delle merci, ovvero è la legge del capitale in genere. Al mondo ci potrebbe essere il più grande, reale bisogno del prodotto x, ma se produrre x non fa fare profitti, nessun capitale verrà impiegato nella produzione di x. E in quel caso specifico, nella società capitalista, x non verrà mai prodotto, anche se da ciò dipendesse la vita di milioni di esseri umani.
Quando si sostiene che la previsione di crescita fatta su una merce reale confligge con il suo essere diventata anche strumento finanziario (future, derivato, obbligazione emessa dalla azienda produttrice, ecc.),  viene il sospetto che si stiano in realtà confondendo “bisogno umano” che quel prodotto soddisfa e “bisogno economico” che ci sia rendimento al capitale che verrà utilizzato per produrlo come merce. Non è che, allora, le toppate derivino da modelli predittivi fatti da uomini che non riescono a capacitarsi che nel “miglior dei mondi possibili” i due bisogni non vadano necessariamente assieme, soprattutto nella crisi?
Concludiamo precisando che in realtà, piuttosto che di “rendimento”, usato qui come sinonimo positivo di “profitto”, si sarebbe dovuto dire di saggio di profitto. Poiché per le leggi del funzionamento capitalistico quel che contano sono sì i profitti ottenuti, ma in relazione alla massa del capitale che hanno permesso di ottenerli. Qui Altman, quando parla di una massa enorme di capitale finanziario che si muove alla continua ricerca di rendimento, coglie una parte del problema. Ma questo importante aspetto richiede un ancor più grande spazio di approfondimento e non può che essere rimandato.

R.P.

Altman_forecast

 

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