Ritorsioni, ricatti, omicidi per il profitto

Caro Operai Contro, “Se non scaricate subito quei camion, contatto la cooperativa e vi faccio sostituire”, il che equivale al licenziamento. E’ questo l’infame ricatto del direttore dello stabilimento, pochi giorni dopo l’“infortunio” sul lavoro dove ha perso la vita l’operaio Antonino Capuano di 28 anni, nella zincheria De Lucchi di Trezzano Rosa. Operai Contro aveva già denunciato questo omicidio per il profitto. Ho voluto inviare comunque questa corrispondenza, dopo aver appreso il clima di ritorsioni e ricatti in fabbrica. Mentre il Corriere della sera del 26 maggio si limita ad un indignazione di facciata, in realtà ci sono […]
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Caro Operai Contro,

“Se non scaricate subito quei camion, contatto la cooperativa e vi faccio sostituire”, il che equivale al licenziamento. E’ questo l’infame ricatto del direttore dello stabilimento, pochi giorni dopo l’“infortunio” sul lavoro dove ha perso la vita l’operaio Antonino Capuano di 28 anni, nella zincheria De Lucchi di Trezzano Rosa. Operai Contro aveva già denunciato questo omicidio per il profitto.

Ho voluto inviare comunque questa corrispondenza, dopo aver appreso il clima di ritorsioni e ricatti in fabbrica. Mentre il Corriere della sera del 26 maggio si limita ad un indignazione di facciata, in realtà ci sono abbastanza elementi da mettere in galera i responsabili e buttar via le chiavi. Come si apprende dall’articolo del Giorno della Martesana.

Da tempo il sindacato richiamava l’azienda per la mancanza di misure di sicurezza, ma come accade sempre in questi casi, con le sole parole non si ottiene niente.

Oltre al ricatto di cui sopra, un’altra infamia dell’azienda che sa di ritorsione, consiste nell’aver tolto i buoni pasto agli operai, (lasciandoli senza mensa e senza buoni pasto) per investire (a suo dire) questi soldi nelle misure antinfortunistiche che gli operai rivendicavano.

I responsabili di queste ritorsioni, ricatti e della morte di Antonino Capuano, sono a piede libero con l’ipocrita balletto del “dispiacere”. Il padrone della De Lucchi è arrivato dal Veneto dicendo che vorrebbe partecipare ai funerali. L’amministratore si strappa i capelli nel portare cordoglio ai genitori. C’è poi un consigliere D.O.C.: ex sindaco, ex direttore della Star, un uomo d’azienda che ha fatto della flessibilità una bandiera, “ma non a questo prezzo”, dice lui.

Con la legalità e la giustizia dei padroni, nessuno di questi parassiti finirà in galera per l’omicidio dell’operaio di 28 anni Antonino Capuano. Anche perché l’imputato principale non comparirà negli atti processuali: il fatto che una classe sociale per mangiare è costretta a lavorare in condizioni di sfruttamento e subalternità ai padroni ed ai borghesi.

Saluti da un lettore

 

Allego l’articolo del Giorno della Martesana

Trezzano Rosa (Milano), 27 maggio 2016 – Ancora sotto choc, eppure il direttore dello stabilimento De Lucchi, Davide Invernizzi, non ha esitato a «spronarli»: «Se non scaricate subito quei camion, contatto la cooperativa e vi faccio sostituire». Un messaggio per tre giovani operai, a chiamata. Nella fabbrica della tragedia, la zincheria di Trezzano Rosa dove mercoledì una trave di due tonnellate ha spaccato la testa a un altro precario, il 28enne Antonino Capuano, c’è poco spazio per la pietà. A riferire l’episodio è Valter Albani della Fiom-Cgil, dalle prime ore del mattino nel capannone in parte dissequestrato, ma dove non si è lavorato ieri, «nonostante le sollecitazioni», aggiunge amareggiato il sindacalista, per lo sciopero di otto ore proclamato «in onore del collega e per richiamare l’attenzione della proprietà sulla sicurezza». Ore di tensione, dopo una notte insonne e l’abbraccio straziante con la famiglia del giovane manovale che non c’è più. «Una vita spezzata e si poteva evitare» per Fiom e Fim che sventolano 18 mesi di segnalazioni via mail di pericolo ai vertici aziendali.

«Dicevano che eravamo visionari», ancora Albani e Andrea Ricci della Fim-Cisl Milano. Parlano del clima difficile che si respirava in reparto. «L’azienda ha appena dato dato disdetta unilterale dei benefit come i buoni pasto non previsti dal contratto, ma che da sempre riconosceva ai dipendenti. Dicevano che i soldi risparmiati sarebbero serviti per gli investimenti. Ma è troppo tardi: siamo qui a piangere un altro morto sul lavoro». «Le cose, però, adesso devono cambiare«. A Verdello, nella Bergamasca, dove Antonino abitava con i genitori e una sorella, le finestre sono sbarrate.

Un silenzio irreale è sceso su tutto e tutti. Nessuno ha la forza di aprire bocca. Quando le tute blu si presentano alla porta di casa c’è spazio solo per un abbraccio inondato di lacrime. Operai e parenti non si conoscevano, ma provano a consolarsi a vicenda, consci dell’immensa perdita. Il giorno del funerale, non ancora fissato, ci sarà un altro sciopero. Gustavo Bisol, patron della De Lucchi e del Gruppo che porta il suo nome, imprenditore del Nord-Est arrivato dal Veneto di corsa quando ha saputo del ragazzo, fa sapere che vorrebbe partecipare. E così pure l’amministrazione che ieri ha porto il proprio cordoglio ai genitori. «Non riusciamo a darci pace per quel che è successo», dice Adelio Limonta, consigliere, ex sindaco, ex direttore della Star. Un uomo d’azienda che ha fatto della flessibilità una bandiera, «ma non a questo prezzo». «E’ un colpo durissimo per tutti, per la famiglia innanzitutto, a cui ci stringiamo idealmente in un momento così difficile. E anche per l’impresa, sono tramortiti». Antonino al mare, Antonino in un locale. Istantanee di una vita troppo breve, finita nel peggiore dei modi: in reparto, mentre «cercava di guadagnare quattro soldi – dice Ricci – nella speranza di conquistare, prima o poi, un posto fisso».

 

 

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