Camusso, Landini e il referendum sull’art. 18

Caro Operai Contro, il giorno dopo l’accordo con Cisl e Uil che mette una gabbia al rinnovo dei contratti di lavoro, la Camusso dice di rivolere l’art. 18. In qualità di segretario generale della Cgil, ha lanciato una campagna per un referendum abrogativo del Jobs act ed il ripristino dell’articolo 18 con la giusta causa nel licenziamento, più una sua estensione alle forme di lavoro che prima ne erano escluse. La Camusso che con la Cgil è stata immobile come una statua quando Renzi tagliava l’art. 18, ora lancia l’idea che si possa riacciuffarlo attraverso un referendum, con il […]
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Caro Operai Contro,

il giorno dopo l’accordo con Cisl e Uil che mette una gabbia al rinnovo dei contratti di lavoro, la Camusso dice di rivolere l’art. 18. In qualità di segretario generale della Cgil, ha lanciato una campagna per un referendum abrogativo del Jobs act ed il ripristino dell’articolo 18 con la giusta causa nel licenziamento, più una sua estensione alle forme di lavoro che prima ne erano escluse.

La Camusso che con la Cgil è stata immobile come una statua quando Renzi tagliava l’art. 18, ora lancia l’idea che si possa riacciuffarlo attraverso un referendum, con il quale sarebbero chiamati ad esprimersi indistintamente tutte le classi sociali.

L’iniziativa mira più che altro a frenare la caduta di credibilità del sindacato (e di tessere), cercando di motivare una militanza sindacale smarrita, da quando la concertazione ha sostituito scioperi, lotte e rivendicazioni di un sindacato antitetico agli interessi del padrone e allo Stato padrone.

Camusso pensa di rivitalizzare la Cgil con la suggestione di riprendersi l’articolo 18 attraverso un referendum e la mobilitazione che ciò richiede: propaganda, commissioni, assemblee in fabbrica e sui posti di lavoro, iniziative pubbliche, raccolta di firme, ecc.

Nel 2014 e 2015 in avanscoperta a preparare il terreno per la Camusso si era mosso Landini, il quale prima e dopo la nascita del Jobs act, mentre proibiva gli scioperi contro gli straordinari a Melfi, minacciava da demagogo l’occupazione delle fabbriche, qualora Renzi non avesse rinunciato al Jobs act. Una volta andato in vigore il Jobs act, (7 marzo 2015) Landini il demagogo, avviò un’altra presa per il culo degli operai, promettendo la riconquista della giusta causa nei licenziamenti con l’art. 18, attraverso il rinnovo dei contratti.

Il demagogo mischiava poi la sua farina in arringhe televisive, spiegando che attraverso la formazione di una “coalizione sociale”, avrebbe dato l’assalto (con le chiacchiere) al mondo intero.

Sulla fertilità di questo humus Camusso pianta la bandiera del referendum per l’art. 18.

Finora abbiamo imparato che, senza lotta non si ottiene niente, senza lotta si riprendono ciò che avevamo ottenuto. Impegnandoci in prima persona possiamo organizzare il sindacalismo operaio per resistere al padrone e neutralizzare il sindacalismo filo padronale.

Saluti operai

 

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