LA GUERRA IN LIBIA

Redazione di Operai Contro, la guerra in Libia si estende. I droni americani da tempo bombardano. Operano al servizio dei padroni migliaia di mercenari. L’ENI e le altre compagnie petrolifere hanno assoldato in proprio mercenari, ma non riescono a bloccare l’ISIS. Renzi è pronto per la riconquista della colonia. un lettore dalla Stampa giordano stabile inviato manama (bahrein) Dopo giorni di battaglia nell’Est della Libia intorno agli impianti petroliferi, l’Isis ha attaccato anche a ovest, a Zlitan, vicino a Misurata. Una terrificante esplosione ha devastato un campo di addestramento della polizia del governo di Tripoli. Fonti locali parlano di […]
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Redazione di Operai Contro,
la guerra in Libia si estende. I droni americani da tempo bombardano. Operano al servizio dei padroni migliaia di mercenari. L’ENI e le altre compagnie petrolifere hanno assoldato in proprio mercenari, ma non riescono a bloccare l’ISIS. Renzi è pronto per la riconquista della colonia.
un lettore
dalla Stampa
giordano stabile
inviato manama (bahrein)

Dopo giorni di battaglia nell’Est della Libia intorno agli impianti petroliferi, l’Isis ha attaccato anche a ovest, a Zlitan, vicino a Misurata. Una terrificante esplosione ha devastato un campo di addestramento della polizia del governo di Tripoli. Fonti locali parlano di decine di morti. Tripoli e Misurata, controllate da milizie vicine ai fratelli musulmani, combattono anche loro lo Stato islamico.

 

L’edificio della polizia nel mirino dei miliziani dell’Isis

 

Intanto il generale Khalifa Haftar, a capo delle forze armate libiche regolari, ha ordinato questa mattina all’aviazione di «fermare con tutti i mezzi a disposizione» l’avanzata dell’Isis verso il terminal petrolifero di Sidra. I combattenti islamici sono a circa 50 chilometri dal porto, dopo aver assaltato ieri il complesso industriale di Hindia, alle porte di Ras Lanuf (altro terminal petrolifero). Se dovessero oltrepassare Ras Lanuf, uno dei maggiori scali petroliferi libici sarebbe in gravissimo pericolo e con esso tutta la Libia.

 

ANALISI Il Paese più in bilico del Nord Africa tra Isis e pacificazione

 

AFP

 

Ieri c’è stato il più deciso attacco islamista a partire da Ben Jawad, la nuova base dello Stato islamico, a Est della loro “capitale libica”, Sirte. Tutti nomi che ricordano la guerra civile del 2011, che vide le città della “mezzaluna del petrolio” fra Bengasi e Sirte al centro di furibonde battaglie fra i mercenari di Gjeddafi e le forze rivoluzionarie. Già allora c’era la presenza di islamisti, ma adesso i due gruppi principali, l’autoctona Ansar al Sharia, e le forze metà locali e metà straniere, in tutto circa 6mila uomini, dell’Isis, stanno mettendo a dura prova le forze dell’esercito libico che risponde ancora al governo di Tobruk, in attesa di quello di unità nazionale. Ieri, in realtà, un raid contro l’Isis, con due Mig 23, è stato condotto dalle milizie di Misurata, che invece appoggiano il governo di Tripoli. Ma la minaccia dello Stato islamico vale per tutti. Dalla base di Ben Jawad, presa all’inizio della settima, gli islamisti possono colpire con molta più facilità le installazioni petrolifere.

 

 

Il terminal di Sidra è controllato dalle milizie libiche del capo tribù della Cirenaica, Ibrahim Jodran, equidistante da Tobruk e Tripoli, ma ora è appoggiato dalle forze di Haftar e dalle guardie della Compagnia petrolifera nazionale, fra le più efficienti. In due giorni di combattimenti sono morti nove militari e oltre 40 sono rimasti feriti. Cinque depositi di greggio sono finiti in fiamme. Lo Stato islamico sta cercando di unire tutta la fascia costiera fra Sirte e Sidra: con le risorse petrolifere sarebbe un mini Califfato. Una situazione che potrebbe innescare un intervento armato occidentale, con l’Italia in prima linea.

 

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