La crisi della CGIL a Napoli: pochi soldi, molti vizi

Redazione, Sono stati “dimissionati”dalla Camusso Franco Tavella, segretario generale regionale e Federico Libertino, numero uno della Camera del lavoro metropolitana di Napoli. I due diretti interessati hanno fatto intravvedere motivi di tipo politico dietro alla decisione della Camusso che loro hanno dovuto accettare con il cappio alla gola. Per un attimo qualcuno ha pensato che dietro le quinte qualcosa si muovesse nella CGIL. Che una parte di questo sindacato, che con la sua politica “concertativa” è uno dei massimi responsabili della situazione completamente subalterna degli operai e del lavoro dipendente in generale rispetto ai padroni e ai loro servitori […]
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Redazione,

Sono stati “dimissionati”dalla Camusso Franco Tavella, segretario generale regionale e Federico Libertino, numero uno della Camera del lavoro metropolitana di Napoli. I due diretti interessati hanno fatto intravvedere motivi di tipo politico dietro alla decisione della Camusso che loro hanno dovuto accettare con il cappio alla gola. Per un attimo qualcuno ha pensato che dietro le quinte qualcosa si muovesse nella CGIL. Che una parte di questo sindacato, che con la sua politica “concertativa” è uno dei massimi responsabili della situazione completamente subalterna degli operai e del lavoro dipendente in generale rispetto ai padroni e ai loro servitori della politica, cominciasse ad esprimere qualche fremito di opposizione, di un accenno di dibattito su come gli operai debbano reagire alla crisi, di una critica radicale al sistema capitalistico che annaspa.

Che dopo essere stato il serbatoio storico fondamentale del PCI e di tutte le varianti peggiorative che ne sono seguite, PD ultimo approdo, che dopo aver partorito Renzi, fosse finalmente arrivato ad un punto critico e che fosse giunto il momento di rivoltare un pò le cose.

Era solo apparenza.

Chi conosce la CGIL perché ci ha a che fare nei luoghi di lavoro non ha avuto nessuna illusione da subito. La questione è molto più terra terra e in linea su quello che questo sindacato è da ormai molto tempo.

Il sindacalismo in generale è in crisi, anche quello collaborazionista. Quando si doveva reagire non lo si è fatto. Gli operai hanno seguito sostanzialmente ancora una volta le politiche collaborazioniste dei loro dirigenti sindacali e sono stati stritolati. Quando hanno cominciato a capire cosa stava succedendo erano già al tappeto. Non dimentichiamo che tra i primi estimatori dell’illuminato” Marchionne c’erano la CGIL e anche la FIOM.

La crisi ha seguito il suo corso. I padroni hanno fatto fuori prima gli operai combattivi, poi le organizzazioni sindacali alternative, successivamente hanno cominciato a ridimensionare la FIOM e la CGIL. Oggi mettono in discussione anche la presenza di sindacati apertamente collaborazionisti.

Se non c’è un’opposizione in fabbrica e negli altri luoghi di lavoro a cosa serve al padrone un sindacato di “controllo”dei lavoratori? Rappresenta solo un costo inutile che deve essere tagliato.

Questa nuova fase della crisi vede quasi tutti i sindacati in crisi.

A Napoli prima delle “dimissioni” di Tavella e Libertino c’era stata la estromissione dalla UIL di Anna Rea per 14 anni a capo di questo sindacato in Campania.

Perché allora questo taglio di teste?

La questione è economica. Come nell’industria è in atto un processo di ristrutturazione. I sindacati tutti hanno avuto una emorragia di iscritti in particolar modo nell’industria, edile e meccanica prima di tutto. Il calo di iscrizioni ha determinato un calo degli introiti sindacali. Non solo, ma la messa in crisi della concertazione ha limitato altre entrate finanziarie.

Mentre i soldi cominciavano a scarseggiare, i vizi dei dirigenti continuavano alla grande.

La situazione finanziaria e patrimoniale dei sindacati è arrivata ad un punto critico.

Il motivo della decapitazione dei vertici campani della CGIL è tutto lì.

 

  1. R. un compagno di Napoli

 

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