Imperialismo: bombardare per sedersi al tavolo e dividersi il bottino

Redazione di O.C. La disponibilità in Iraq delle materie prime (petrolio e gas naturale) rappresenta oltre il 90% della ricchezza del paese e il 65 % del PIL, il governo iracheno nel 2011 aveva presentato un ulteriore piani di sviluppo per l’estrazione del petrolio, per portare la produzione giornaliera a 12 milioni di barili nell’arco di 6/7 anni ( la produzione nel 2011 era stimata in “appena” 250.000 barili al giorno . Il governo americano aveva ritirato l’esercito , ma non aveva ritirato ì contractors. Una forza di quasi 100.000 uomini che controllava interamente l’Iraq, costando tra le altre […]
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Redazione di O.C.

La disponibilità in Iraq delle materie prime (petrolio e gas naturale) rappresenta oltre il 90% della ricchezza del paese e il 65 % del PIL, il governo iracheno nel 2011 aveva presentato un ulteriore piani di sviluppo per l’estrazione del petrolio, per portare la produzione giornaliera a 12 milioni di barili nell’arco di 6/7 anni ( la produzione nel 2011 era stimata in “appena” 250.000 barili al giorno . Il governo americano aveva ritirato l’esercito , ma non aveva ritirato ì contractors. Una forza di quasi 100.000 uomini che controllava interamente l’Iraq, costando tra le altre cose all’amministrazione statunitense, complessivamente quasi 83 miliardi di dollari, tutti a beneficio, per altro, di aziende private sotto contratto col Pentagono. Operazione che permetteva così agli americani di essere la prima potenza imperialista padrona del paese.

L’agenzia internazionale per l’energia sosteneva all’epoca, una previsione di produzione del sottosuolo iracheno, in grado di arrivare ad avere riserve totali di greggio per 120 miliardi di barili, escludendo da questa prospettiva le riserve del Kurdistan iracheno, stimate attorno ai 45 miliardi di barili.

Ponendo così l’Iraq al secondo posto per capacità produttiva petrolifera mondiale, subito dopo l’Arabia Saudita.

Un oceano di petrolio a disposizione dei predatori imperialisti europei, asiatici e americani.

L’oceano di petrolio dopo essere estratto deve però essere trasportato velocemente sul mercato dei consumatori “occidentali”, la cui sete di petrolio, di gas e di materie prime è in continuo aumento.

Il pozzo senza fondo per “sfamare” l’accumulazione capitalista è una voragine senza fine.

Il consumo di materie prime per i trasporti, il riscaldamento, la produzione di materie plastiche, la produzione di energia elettrica e per la maggior parte dei bisogni delle industrie, sono una parte fondamentale da cui pompano profitti i padroni e la borghesia europea americana e russa.

Il controllo dei pozzi di estrazione iracheni e dei terminali petroliferi siriani, è la ragione per cui l’imperialismo si sta scontrando per contendersi il territorio.

Le migliaia di tonnellate di bombe sganciate sulle popolazioni di quei paesi serve a tutti i padroni delle nazioni belligeranti per sedersi al tavolo delle trattative e spartirsi il bottino tra loro.

I governi di America, Russia, Francia, Inghilterra, Turchia, Germania e Italia, dopo aver garantito profitti ai padroni di fabbriche di bombe e di armamenti, dopo avere garantito alla borghesia fornitrice di materiale bellico, milioni di dollari, di rubli o di euro, alla piccola e media borghesia palate di danaro sonante, derivante da prestiti da interessi azionari e da rendite dei titoli di stato, dopo aver dato in pasto all’opinione pubblica la “sconfitta” del nemico pubblico numero (l’Isis), dopo aver massacrato inermi cittadini, distrutto intere città, fatto a pezzi reperti di antiche civiltà, si accomoderanno tranquillamente al tavolo delle trattative per smembrare il territorio tra loro, installarsi perennemente in quell’area e incrementare i profitti derivanti dalla rapina imperialista.

Rimane comunque il rischio di un disaccordo tra gli squali, che dopo aver bombardato l’Isis non incomincino a sganciarsi bombe in testa tra loro per chi deve avere il maggiore controllo strategico sull’intera area e sulle sue risorse.

Cordiali saluti D.C.

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