GIUSEPPE DE RITA: IL BOSS DEL CENSIS

dal Fatto quotidiano “Questo pomeriggio non riusciamo a passarle nessuno, quelli dell’ufficio stampa sono tutti fuori”, rispondono dal centralino del Censis. Recuperato per altra via il numero dell’interno, qualcuno a dire il vero c’è. Ma a presentarsi come ilfattoquotidiano.it sbattono subito giù la cornetta, senza nemmeno ascoltare quale sia la domanda. Del resto sanno che gli chiederemo conto dei progetti a cui collabora Giulio De Rita, uno dei sette figli di Giuseppe De Rita, presidente da oltre 40 anni dello stesso Censis. Anche lui finito a lavorare, seppure attraverso una società esterna, per l’istituto di ricerca socio-economica guidato da papà. Così come suo fratello Giorgio, […]
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dal Fatto quotidiano

“Questo pomeriggio non riusciamo a passarle nessuno, quelli dell’ufficio stampa sono tutti fuori”, rispondono dal centralino del Censis. Recuperato per altra via il numero dell’interno, qualcuno a dire il vero c’è. Ma a presentarsi come ilfattoquotidiano.it sbattono subito giù la cornetta, senza nemmeno ascoltare quale sia la domanda. Del resto sanno che gli chiederemo conto dei progetti a cui collabora Giulio De Rita, uno dei sette figli di Giuseppe De Rita, presidente da oltre 40 anni dello stesso Censis. Anche lui finito a lavorare, seppure attraverso una società esterna, per l’istituto di ricerca socio-economica guidato da papà. Così come suo fratello Giorgio, nominato l’anno scorso segretario generale, con successivo strascico di polemiche. Perché il Censis è sì una fondazione privata, ma fondata grazie a organismi pubblici e con gran parte dei clienti che ancora oggi sono enti pubblici. E nel suo rapporto annuale sulla situazione del Paese fa sempre la morale agli italiani, individuandone virtù e difetti. Senza tacere il ruolo giocato molte volte dalla famiglia per il futuro dei figli.

Anche Giulio De Rita, il quartogenito, ha da tempo un ufficio nella sede del Censis, in piazza di Novella a Roma. Se chiami il centralino, quando ancora non sanno perché lo cerchi, te lo passano senza problemi. Lui è gentile: “Collaboro con il Censis – ammette – ma non sono un dipendente”. Sul sito dell’istituto viene definito “ricercatore Censis”, ha lì un ufficio e un numero di telefono, ma spiega di lavorare esclusivamente attraverso la sua società, Leghein srl. È la stessa con cui Giulio ha contribuito qualche tempo fa alla ricerca sui valori degli italiani presentata a marzo 2012, realizzata in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Lo studio fu proposto dal Censis alla Presidenza del Consiglio, in quel periodo guidata da Silvio Berlusconi e dal super sottosegretario Gianni Letta. Palazzo Chigi decise di finanziare il progetto, una parte del quale fu affidata dal Censis alla Leghein di Giulio. “Che male c’è? La commessa è stata data al Censis. Bisognava realizzarla internamente e io ho dato una mano”, dice. Impossibile avere una risposta su quanti soldi furono incassati dal Censis e quanti andarono alla Leghein. “Non ho qua i documenti, se mi richiama tra due gironi glielo dico”, dice Giulio. La stessa domanda fatta più tardi a Francesco Maietta, uno dei responsabili d’area del Censis, ottiene parole analoghe: “La faccio richiamare più tardi”. Ma dal Censis non si fa sentire più nessuno, anzi dal centralino cominciano a spacciare gli uffici come semivuoti.

Per trovare qualche cifra sul progetto bisogna andare allora a pescare un’interrogazione parlamentare presentata nel 2012 dall’ex deputato dell’Idv Antonio Borghesi, al quale risultava che per l’indagine e il rapporto finale “sia stato preventivato un costo pari a 200mila euro + Iva e che, per non meglio chiariti motivi, lo stesso sia lievitato a 500mila”. Numeri che in parlamento non hanno mai avuto né conferma né smentita. A citarli a Giulio De Rita, la sua risposta è: “Alla Leghein di sicuro è andato meno del 5%”. Se si guardano i bilanci della società, i ricavi complessivi sono 82mila euro nel 2010, 53mila nel 2011, quando è stata avviata la ricerca presentata l’anno successivo, ricavi saliti a 72mila nel 2012, 87mila nel 2013 e 104mila nel 2014. Ma al di là della somma incassata, c’è una nuova questione di opportunità che si apre nella famiglia De Rita: il padre presiede l’istituto, e i figli ci lavorano dentro. Non crede di essere stato favorito dalla presenza di papà? “Per niente, la Leghein ha una specializzazione sul tema dei valori da 15 anni. E le assicuro che io non mi sono mai arricchito. Ho fatto lavori per tanti altri soggetti privati, che sono stati molto meglio retribuiti”. La ricerca finanziata con soldi pubblici, in ogni caso, ha dato spunto ad atri progetti. Come la realizzazione di due libri del Censis pubblicati per Marsilio sui valori degli italiani (“li ho scritti quasi interamente io”, dice Giulio). E altre ricerche negli anni successivi, sempre sullo stesso tema. Una è in corso proprio in questo momento e se ne sta occupando sempre Giulio: “È finanziata interamente da fondazioni private, come tutte le ricerche fatte da me dopo quella presentata nel 2012”.

Dice di non essere stato favorito, Giulio De Rita. Cosa ne pensi papà Giuseppe non è stato possibile saperlo, visto il muro eretto da centralino e ufficio stampa. La vicenda legata all’altro figlio Giorgio, il presidente del Censis l’aveva sminuita: un “gossip”, solo “cazzate”. Resta una curiosità: vedere se il rapporto annuale del Censis che De Rita padre presenterà – il 49°, venerdì 4 alle ore 10 – dedica come in passato qualche passaggio a una delle caratteristiche della famiglia italiana. Quella di essere spesso il traino principale della carriera dei figli.

@gigi_gno

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