La bimba morta come Aylan «Nell’Egeo 70 piccoli cadaveri»

Riccardo Bruno Corriere Aylan, nell’immagine che a settembre ha commosso e indignato tutti, era tenuto in braccio dal poliziotto turco con delicatezza, come se fosse solo addormentato. E invece era annegato davanti alle coste turche nell’illusorio tentativo di raggiungere l’isola greca di Kos. Due mesi dopo, ci sono un’altra foto e un altro bambino, anzi una bambina di 4 anni, di nome Sena. Anche questa volta è stata scattata nel mare di Bodrum, e c’è sempre un militare che la raccoglie senza vita tra gli scogli. Sembra afferrarla come se fosse uno straccio, e tale sembrerebbe davvero se non […]
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Riccardo Bruno Corriere

Aylan, nell’immagine che a settembre ha commosso e indignato tutti, era tenuto in braccio dal poliziotto turco con delicatezza, come se fosse solo addormentato. E invece era annegato davanti alle coste turche nell’illusorio tentativo di raggiungere l’isola greca di Kos. Due mesi dopo, ci sono un’altra foto e un altro bambino, anzi una bambina di 4 anni, di nome Sena. Anche questa volta è stata scattata nel mare di Bodrum, e c’è sempre un militare che la raccoglie senza vita tra gli scogli. Sembra afferrarla come se fosse uno straccio, e tale sembrerebbe davvero se non fosse per quei due piedi, uno dei quali ha perso la scarpina rossa. In primo piano, un altro militare filma il recupero per l’indagine, e per un attimo ci distrae dall’orrore.


Dopo due mesi la stessa scena negli stessi luoghi, e non è una coincidenza. Migliaia di migranti, moltissimi siriani come Aylan e Sena, ogni giorno cercano una porta per l’Europa e i trafficanti di uomini spesso li accompagnano qui, a Bodrum, la capitale del turismo estivo e dei caicchi. I barconi dei disperati non sono né lussuosi né sicuri, l’isola di Kos si vede a occhio nudo ma la traversata è incerta. L’organizzazione Medici senza frontiere ha stimato che negli ultimi due mesi 300 persone sono morte nel tentativo di attraversare l’Egeo, e 70 erano bambini.
Come Aylan e come Sena. Sappiamo che si chiamava così perché nel naufragio avvenuto mercoledì scorso si sono salvati in cinque. Uno di questi, Mirvan Hassan, l’ha riconosciuta dai pantaloni blu e dalla maglietta rossa (gli stessi colori di Aylan), e ha raccontato che viaggiava con la madre. In quindici erano scomparsi tra le onde. Nove corpi sono stati recuperati, quello di Sena è stato restituito dal mare domenica scorsa. Era incastrato tra le rocce dell’isola di Catalada, cinque chilometri al largo della cittadina di Turgutreis. Tutti i cadaveri sono stati trasferiti a Mugla, il capoluogo della provincia, per l’autopsia.

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Il fotografo che ha scattato la foto si chiama Gokay Karadut e lavora per l’agenzia turca Anadolu. Probabilmente avrà meno notorietà della collega Nilüfer Demir, l’autrice dello scatto di Aylan. Anche questa volta l’immagine ha fatto il giro di giornali e tv, è stata postata e rilanciata sui social network, ha provocato commozione e indignazione. E ha ricordato, dopo i fatti di Parigi, che la stragrande maggioranza della popolazione fugge dalla Siria sognando una nuova vita, non per uccidere.

Ma probabilmente farà un po’ meno effetto di due mesi fa. Perché ci si abitua a tutto. Anche a una bimba senza vita che sognava soltanto di crescere nel nostro mondo.

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