BELLINZONA: SCIOPERO GENERALE DEGLI EDILI

Il 9 novembre 2015 in Ticino ci sarà un grande sciopero generale dell’edilizia, un appuntamento che ci permette di elaborare un’analisi su quanto sta accadendo ora nel mondo lavorativo ticinese. Le premesse di questo sciopero si sono viste nel tempo, con un susseguirsi sempre più pressante di scioperi e malcontenti da parte della classe operaia in ogni settore, elemento nuovo nel contesto ticinese, ma assolutamente giustificato dai soprusi che il padronato ha messo in atto. Abbiamo già avuto modo di notare come con la scusa del franco forte, tramite l’abbandono della soglia minima del cambio franco/euro da parte della […]
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Il 9 novembre 2015 in Ticino ci sarà un grande sciopero generale dell’edilizia, un appuntamento che ci permette di elaborare un’analisi su quanto sta accadendo ora nel mondo lavorativo ticinese.

Le premesse di questo sciopero si sono viste nel tempo, con un susseguirsi sempre più pressante di scioperi e malcontenti da parte della classe operaia in ogni settore, elemento nuovo nel contesto ticinese, ma assolutamente giustificato dai soprusi che il padronato ha messo in atto. Abbiamo già avuto modo di notare come con la scusa del franco forte, tramite l’abbandono della soglia minima del cambio franco/euro da parte della Banca nazionale svizzera nel gennaio 2015, la classe padronale (soprattutto nel settore industriale), una volta di più, abbia trovato una giustificazione per peggiorare ulteriormente le condizioni, salariali e di lavoro, degli operai, piangendo miseria e minacciando la delocalizzazione nel caso in cui le sue condizioni inaccettabili non fossero state accolte in pieno. Ore di lavoro supplementari non retribuite, abbassamenti salariali, licenziamenti, sono stati solo la punta dell’iceberg di quanto messo in atto. Praticamente, ci troviamo di fronte alla banalizzazione e approvazione di concetti che già erano inaccettabili due secoli fa, quali la settimana lavorativa di più di 40 ore oppure il lavoro non retribuito: il tutto con la spada di Damocle pendente della consapevolezza da parte dei lavoratori che se ciò non venisse accettato, dietro di loro la fila di ancor più disperati pronti ad accogliere condizioni così sfavorevoli si allunga di giorno in giorno.

E la politica in tutto ciò? Invece che castigare il padronato che abusa del suo potere e delle scuse fornite dall’economia, e assicurare che le condizioni di lavoro siano oneste, che a lavoro fornito ci sia la giusta remunerazione, applica la politica del divide et impera. Nel più bieco e disgustoso dei metodi, mettendo i lavoratori gli uni contro gli altri. Facendo credere ai lavoratori “residenti” che il loro vero e unico problema siano i “frontalieri” e i “migranti”, i feroci usurpatori pronti a distruggere tutto quanto guadagnato. Attraverso questa politica s’impedisce dunque l’individuazione del vero nemico da combattere, che con questa politica ingrassa e goda: il padronato. Una politica pagante, il risultato alle urne parla da sé, ma completamente assurda: si è creata una guerra fratricida fra operai, sempre più poveri e sfruttati, mentre il padrone intasca i proventi di questa politica. Infatti, mentre i “residenti” vedono nei “frontalieri” il solo nemico, votando leggi create ad hoc, che comunque non intaccano in nessuna maniera gli introiti che il lavoro del frontalierato porta nelle tasche dei padroni, creando un divario nella classe lavoratrice fra “noi” e “loro” e accettando condizioni di lavoro sfavorevoli onde non perdere il posto di lavoro in favore dei non residenti, il padronato gode dei frutti di questo conflitto.

Grazie a questa lotta fratricida, vediamo la fioritura di tutta una serie di nuovi status lavorativi oppure il rinforzo di altre condizioni di lavoro che una volta avevano un carattere provvisorio. Primo fra tutti, è quella degli “interinali”: i lavoratori assunti tramite le agenzie di prestito del personale in qualsiasi settore. Rispetto al passato, dove gli operai venivano assunti come interinali in maniera transitoria, fintanto che non si fosse trovato un lavoro a tempo indeterminato presso una ditta, ora questo status si sta trasformando in una condizione lavorativa a lungo termine. Fondamentalmente, la condizione del lavoratore interinale è quella del precario costante, con tutte le aggravanti e gli strascichi sociali del caso, che si protraggono sino e dopo il pensionamento. In Svizzera, questo status lavorativo non si è ancora fortemente radicato, a differenza di altri Paesi europei (uno su tutti la vicina Italia), però la situazione non è fra le più rosee e tutto fa presupporre che più presto che tardi si arriverà all’insediamento del precario costante sul territorio. Infatti, secondo i dati della Segreteria di Stato dell’economia, dai 5’391 lavoratori interinali del 2003 si è passati a 10’830 interinali nel 2013, mentre le ore di prestazioni fornite da loro sono passate dall’essere 2’310’625 nel 2003 a 6’526’547 nel 2013 [1]. La proporzione di questi lavoratori è quindi più che raddoppiata, mentre le ore fornite da loro sono quasi triplicate, e il fenomeno non pare volersi arrestare.

È necessario dunque trovare dei rimedi prima che questo fenomeno si consolidi e diventi abituale: se così non fosse, col passare del tempo vi si potrà solo porre un freno e non si potrà evitare che questo status lavorativo si radichi in maniera permanente sul territorio. Una possibilità potrebbe essere quella di limitare l’assunzione dei lavoratori tramite agenzie interinali: il problema in questo caso è la scarsa considerazione nei confronti dei lavoratori da parte della legislatura svizzera (Legge sul lavoro e codice delle obbligazioni); anche se un cambiamento avvenisse in tal senso, e ciò al momento attuale appare abbastanza improbabile se non inserito nelle singole convenzioni collettive di lavoro, sarebbe necessario che anche i lavoratori coinvolti attuino una presa di coscienza dei loro rinnovati diritti, al fine di potersi contrapporre alle scappatoie che il padronato sicuramente cercherebbe di prendere. La soluzione è dunque quella di ragionare e agire su due fronti: da una parte su quello legislativo e dall’altra su quello della classe operaia. Bisogna dunque riuscire a fornire ai lavoratori interinali gli strumenti necessari per combattere una possibile futura condizione di precariato e un supporto volto all’analisi di tale meccanismo: è necessario partire dalla base affinché questo avvenga, analizzando le necessità concrete dei lavoratori per poter mettere in atto una strategia che combatta in maniera determinata le dinamiche di sfruttamento e di precarietà che nascono da tali condizioni lavorative.

Basta dunque con proclami altisonanti completamente distaccati dalla realtà, senza interrogarsi a fondo su cosa vogliano gli operai, come troppo spesso è stato fatto dalla sinistra. Ripartire dalla base, per consolidare un fronte operaio che combatta assieme il vero nemico. Frontalieri, residenti, interinali, uniti contro il padrone. Perché non devono esistere divisioni fra i lavoratori, così facendo si fa solo il gioco di potenti e padronato. La guerra da combattere è lunga e tortuosa, ma non permettiamo che paura, minacce e intimidazioni distruggano il nostro futuro.

Il Collettivo Scintilla invita dunque tutti a unirsi alla grande mobilitazione dell’edilizia a partire dalle ore 9 di lunedì 9 novembre all’Espocentro di bellinzona (programma completo:

http://ticino.unia.ch/…/Edilizia_congiunto_manif._9_11_2015…)

CONTRO PADRONI E MINACCE
DI SCIOPERO IN SCIOPERO
ORGANIZZARSI E LOTTARE

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