«Siamo pronti a una lunga battaglia»

Caro Operai Contro, sciopero e manifestazione. Operai della grande distribuzione, Commesse, Magazzinieri, Cassiere, anche a Modena come nel resto del paese, sono scesi in piazza contro «Orari folli, compensi troppo bassi, lavoro domenicale», per il rinnovo del contratto di categoria scaduto da 22 mesi e per gli esuberi mascherati da trasferimenti. Una vera rivolta inaspettata dai magnate della grande distribuzione. L’adesione allo sciopero arriva al 90%, anche se i padroni rossi, gli ex compagni delle Coop minimizzano al 50 – 60%. Allego da un articolo della Gazzetta di Modena. Saluti da Carpi.   MODENA. «Siamo pronti a una lunga […]
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Caro Operai Contro,

sciopero e manifestazione. Operai della grande distribuzione, Commesse, Magazzinieri, Cassiere, anche a Modena come nel resto del paese, sono scesi in piazza contro «Orari folli, compensi troppo bassi, lavoro domenicale», per il rinnovo del contratto di categoria scaduto da 22 mesi e per gli esuberi mascherati da trasferimenti. Una vera rivolta inaspettata dai magnate della grande distribuzione. L’adesione allo sciopero arriva al 90%, anche se i padroni rossi, gli ex compagni delle Coop minimizzano al 50 – 60%. Allego da un articolo della Gazzetta di Modena. Saluti da Carpi.

 

MODENA. «Siamo pronti a una lunga battaglia». Era questo lo slogan degli oltre quattrocento modenesi che sabato mattina hanno presidiato piazza Matteotti.

Per lo più lavoratori della grande distribuzione, ma anche appartenenti ad altre categorie, tra cui la scuola. La protesta intendeva essere un segnale contro il mancato rinnovo dei rispettivi contratti nazionali, fermi da 22 mesi.

«Dopo due anni avevamo trovato un accordo – ha raccontato Cinzia Pinton, rappresentante sindacale che lavora alla Metro di Modena – Alla fine l’azienda ha cambiato idea e si è rimangiata tutto: per loro aumenti lordi di 85 euro mensili al termine dei tre anni sono insostenibili. E la trattativa è stata rinviata».

«C’è una flessibilità sempre più spinta tra i cinquemila dipendenti – ribadisce Pinton – In una settimana capita di lavorare 16 ore e in quella successiva 44; così è, prendere o lasciare. Siamo pure costretti a lavorare di domenica, nelle feste, anziché stare con la famiglia e i compensi per queste giornate sono ridicoli. Non è riconosciuto il maggiore impegno dei lavoratori, ma il maggiore guadagno dell’azienda. Oltre al contratto nazionale ce n’è un altro aziendale che dovrebbe portare migliori condizioni a livello locale, ma purtroppo non è così».

Per Coop adesioni tra 50 e 60%, per i sindacati dal 70 al 90% e anche più in alcuni punti-vendita

«Facciamo turni dalle 5 alle 24 – ha aggiunto Paola Altavilla, cassiera della Coop I Portali – dal lunedì alla domenica. Stiamo lì undici ore per lavorare cinque o sei ore. In pratica dormiamo in negozio. La domenica siamo obbligati a lavorare. Abbiamo chiesto qualcosa in più del nostro stipendio base, 700 euro al mese, per poter pagare le bollette ».

«Da noi non pagano i primi tre giorni della malattia – ha detto Monica Morandi, delegata per il centro commerciale Panorama e che ha partecipato a diverse trattative – a differenza di molte altre realtà. A Sassuolo, dove la concorrente Esselunga ha chiuso un anno per lavori, i dirigenti di Panorama non ne hanno approfittato per fare investimenti. Hanno alzato bandiera bianca, anziché conquistare nuovi clienti e hanno ridotto i reparti che lavorano di più, come hi-fi e abbigliamento, oltre ad altri. La dirigenza è rimasta ferma sulle scelte fatte e conta di compensare i cali di fatturato affittando una parte della sede a Oviesse. Il risultato? A dicembre, su 120 dipendenti, sono pronti dai 15 ai 20 esuberi. Questi ultimi saranno spostate a Vignola, Parma o Bologna; si tratta di lavoratori con contratti part-time di 4-5 ore al giorno e dunque i miseri stipendi li spenderanno in benzina. Sempre a Vignola ci sono colleghi con contratti a termine o interinali che saranno lasciati a casa». Molti gli interventi che si sono alternati al microfono sul palco in piazza.

«Non siamo merce tra gli scaffali», ha sintetizzato una lavoratrice, esprimendo rabbia e preoccupazione per il futuro. C’è un altro elemento in comune ed è la volontà di andare avanti. «Se non avremo risposte il 19 dicembre torneremo», hanno affermato in tanti.

 

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