Festa nazionale del 4 novembre La Grande Guerra (1914-18): il Grande Massacro!

Redazione di Operai Contro, Come ogni anno la ricorrenza della fine della prima guerra mondiale è momento per storici e giornalisti di dare sfoggio alle loro pseudo conoscenze. Per i militari, i politici, i capi di stato, occasione di sproloqui sulla festa nazionale, “Giorno dell’Unità nazionale e Giornata delle Forze Armate”. Così è dal 1922, quando fu istituita. Prima con Mussolini, poi con la Repubblica democratica la borghesia italiana al potere, ogni 4 novembre, ci riempie la testa con parole e scritti su Patria, Nazione, unità del popolo italiano, esercito vittorioso, grandi battaglie. I meno giovani ricorderanno che da […]
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Redazione di Operai Contro,

Come ogni anno la ricorrenza della fine della prima guerra mondiale è momento per storici e giornalisti di dare sfoggio alle loro pseudo conoscenze. Per i militari, i politici, i capi di stato, occasione di sproloqui sulla festa nazionale, “Giorno dell’Unità nazionale e Giornata delle Forze Armate”. Così è dal 1922, quando fu istituita. Prima con Mussolini, poi con la Repubblica democratica la borghesia italiana al potere, ogni 4 novembre, ci riempie la testa con parole e scritti su Patria, Nazione, unità del popolo italiano, esercito vittorioso, grandi battaglie. I meno giovani ricorderanno che da bambini ci facevano cantare a scuola “la canzone del Piave”, intrisa di patriottismo, eroismo (“non passa lo straniero”), difesa delle frontiere (quando invece fu proprio l’Italia a invadere per prima territori fino ad allora austriaci), ecc.

Ma che festa è il 4 novembre, cosa c’è da festeggiare? La Grande Guerra fu un enorme massacro di uomini e distruzione di risorse frutto di anni di lavoro sociale. Più di 65 milioni di contadini e operai vennero mandati a scannarsi l’uno contro gli altri sui vari fronti europei, 10 milioni non tornarono, 20 milioni i feriti con invalidità spesso permanenti. I morti tra la popolazione civile furono 7 milioni. A questi si può a buona ragione aggiungere i morti della influenza spagnola (1918-20), una pandemia virale storica del genere umano la cui diffusione è riconosciuta essere dovuta alle pessime condizioni igieniche sanitarie e di povertà in cui si è trovata la popolazione europea dopo la Grande Guerra. Il conto totale dei morti arriva così a 65 milioni. Nella sola Italia i morti durante il conflitto furono 1,24 milioni, 651 mila al fronte. Il doppio di quelli che ci furono, sempre in Italia, durante la seconda guerra mondiale.

Tutti questi morti ebbero certo poco da festeggiare, così come festeggiarono poco gli altri operai che nelle città morivano di fame, pur lavorando ben 70-75 ore la settimana. 600 mila operai (spesso donne, in sostituzione degli uomini mandati a combattere) sottoposti alla disciplina del codice militare, sotto il controllo diretto di ufficiali in divisa imboscati. Un regime di fabbrica ulteriormente inasprito dalla guerra in cui si totalizzarono 1.650.000 multe e 28.600 condanne alla prigione. Quando gli operai provarono a ribellarsi, come nell’agosto del 1917 a Torino, nello “sciopero per il pane”, furono trattati come “lo straniero” e fermati da battaglioni di carabinieri e ufficiali che non lesinarono loro le stesse pallottole.

Quelli che allora festeggiarono furono invece i grandi gruppi industriali. Alcuni esempi: l’Ansaldo (metallurgia) passa da 4.000 a 56.000 operai, la Fiat da 4.000 a 45.000 (per fare motori, carri e materiale bellico). In tutte le fabbriche si assistette a una conversione della produzione che, dalla crisi di prima della guerra, passò a crescere dal 5,6% al 10,8% al 21,6% al 30,51%, in quattro anni, spinta da profitti industriali garantiti dalle commesse militari. Nel biennio 1916-17, la produzione nazionale di ghisa e di acciaio toccò i massimi storici, rispettivamente 970.000 e 1.300.000 t.

Un altro solo esempio importante: “nello stabilimento di Terni la produzione complessiva di acciaio salì dalle 43.000 t del 1914 (29.000 per prodotti commerciali e 14.000 per prodotti bellici), alle 72.000 del1917 (di cui ben 54.000 per prodotti bellici). Gli utili passarono dai 6,7 milioni del1914 ai 77,5 del1918” (La produzione per l’industria bellica presso le acciaierie di terni (1900 – 1918)).

Morte, fame e distruzione per operai e contadini da una parte, lauti profitti per padroni e loro servitori dall’altra, questo fu la Grande Guerra del 1915-18. Ancora oggi commemorata in Italia non come Grande Massacro perpetrato nei confronti degli operai dalla borghesia per i suoi profitti, ma come “Giorno dell’Unità nazionale e Giornata delle Forze Armate”.

R.P.

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