Usa: forze speciali di terra in Iraq e Siria contro la resistenza

Caro Operai Contro, contro la resistenza irakena e siriana anche gli Usa con Obama – dopo la Russia di Putin già sul campo – preparano forze speciali di terra per combattere i gruppi della resistenza, compreso l’Isis. Un altro passo nel radicamento della guerra mondiale. Allego l’articolo di Repubblica. Saluti da un lettore   NEW YORK – Gli Usa starebbero considerando l’ipotesi di spostare le proprie truppe più vicine alla prima linea in Iraq e in Siria. Lo riferisce il Washington Post, citando alti consiglieri della sicurezza nazionale che negli ultimi giorni avrebbero aumentato il loro pressing sulla Casa […]
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Caro Operai Contro,

contro la resistenza irakena e siriana anche gli Usa con Obama – dopo la Russia di Putin già sul campo – preparano forze speciali di terra per combattere i gruppi della resistenza, compreso l’Isis. Un altro passo nel radicamento della guerra mondiale. Allego l’articolo di Repubblica.

Saluti da un lettore

 

NEW YORK – Gli Usa starebbero considerando l’ipotesi di spostare le proprie truppe più vicine alla prima linea in Iraq e in Siria. Lo riferisce il Washington Post, citando alti consiglieri della sicurezza nazionale che negli ultimi giorni avrebbero aumentato il loro pressing sulla Casa Bianca, motivandolo con l’insoddisfazione per i mancati progressi nella lotta all’Is.

La misura, presentata dai più alti consiglieri di Obama sulla sicurezza nazionale, consegue alla richiesta fatta ai vertici militari dal segretario alla Difesa Ashton Carter perché elaborassero nuove opzioni per un maggior coinvolgimento militare degli Usa in Iraq, Siria e Afghanistan. Dettato, molto probabilmente, dalla prepotente entrata in scena della Russia di Putin sul fronte siriano, a sostegno del presidente Bashar al-Assad con raid aerei che hanno preso di mira tanto lo postazioni dello Stato Islamico quanto quelle delle frange di opposizione al dittatore, allontanando la sua uscita di scena auspicata dalla Casa Bianca. E, anche se Mosca ha sempre negato di meditare un simile salto di qualità, gli Usa non possono escludere che la Russia decida di far affluire sul terreno del conflitto anche le sue truppe di terra.

Chi già opera con truppe di terra in Siria per difendere Assad è l’Iran. Il generale dei Marine Joseph Dunford, capo degli stati maggiori riuniti delle forze armate degli Stati Uniti, ritiene che Teheran abbia schierato poco meno di 2mila soldati in Siria a fianco delle forze presidenziali, mentre oltre mille agirebbero in Iraq a sostegno del governo di Baghdad. L’Iran, dunque, è decisamente un attore della crisi siriana. E pertanto, affermano fonti dell’amministrazione Obama citate dai media, è stato invitato per la prima volta a partecipare a colloqui internazionali sul futuro della Siria. Invito recapitato da Mosca, a cui Teheran non ha ancora risposto, anche se, riferisce il Cremlino, i rispettivi ministri degli Esteri, Sergei Lavrov e Mohammad Javad Zarif, hanno avuto oggi un colloquio telefonico sulle “urgenti misure” da adottare per favorire una soluzione politica alla crisi siriana.

Il prossimo round dei colloqui si svolgerà giovedì a Vienna e vi parteciperanno il segretario di Stato americano John Kerry e lo stesso Lavrov, oltre ai più importanti diplomatici europei e arabi. Gli Usa, che hanno preferito tenere a lungo l’Iran ai margini, per offrire un posto ai dignitari del regime di Teheran hanno dovuto negoziare segretamente con l’opposizione ad Assad sostenuta dagli occidentali e con Paesi alleati degli Stati Uniti ma rivali regionali dell’Iran come l’Arabia Saudita. Ancora oggi, riferisce l’agenzia saudita Spa, Obama ha chiamato il re Salman per discutere “delle relazioni bilaterali e della situazione regionale rispetto agli ultimi sviluppi internazionali”.

Tornando alle rivelazioni del Wall Post, la proposta indirizzata a Obama dai suoi comandanti di campo e veicolata dai consiglieri, comporterebbe, per la prima volta in Siria, il dispiegamento sul campo di un numero limitato di forze speciali, mentre in Iraq i consiglieri militari americani si ritroverebbero più a stretto contatto con i combattenti iracheni, in primo luogo con i peshmerga, protagonisti la scorsa settimana del blitz che in una prigione nel nord del Paese ha portato alla liberazione di 69 ostaggi dello Stato Islamico. Azione guidata sul campo da un team delle forze speciali americane trasportate nell’area in elicottero, segnata dalla morte di un soldato Usa, il primo caduto in azione dall’inizio della campagna militare anti-Is.

Se Obama facesse sua la proposta, il cambio di strategia, scrive il Washington Post, rappresenterebbe una significativa escalation nel ruolo degli Usa in Siria e Iraq. Il presidente americano è atteso dalla scelta entro il prossimo fine settimana. Secondo funzionari americani che hanno parlato coperti da anonimato con il Washington Post, Obama potrebbe decidere di non alterare l’attuale corso degli eventi, ma la discussione, rimarcano le fonti, è in corso.

Non è chiaro, ad esempio, quanti soldati sarebbero richiesti per attuare la nuova e più aggressiva strategia, anche se Obama, aggiungono i funzionari anonimi, considererebbe solo un piccolo incremento dell’attuale contingente. Anche perché per il presidente deve essere stato già difficile rinunciare al totale ritiro dall’Iraq entro la fine del suo mandato, a inizio 2016. Altre proposte giunte dai vertici militari, come la creazione di no-fly zone o aree cuscinetto, che richiederebbero l’impiego sul terreno di decine di migliaia di soldati

per la effettiva protezione dei civili, non hanno ricevuto la sponsorizzazione di alcun top adviser di Obama. Proprio l’idea di una no-fly zone in Siria è una delle misure a cui la candidata democratica alla successione alla Casa Bianca Hillary Clinton si è detta favorevole.

 

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