7.000 AGRICOLTORI IN RIVOLTA A BRUXELLES!

Redazione di Operai Contro,  Settemila agricoltori europei hanno assediato con 1.500 trattori i palazzi governativi dell’Unione europea a Bruxelles scontrandosi con la polizia in tenuta antisommossa. Contro i poliziotti schierati a difesa delle sedi governative europee gli agricoltori hanno fatto avanzare i trattori per sfondare gli sbarramenti di cavalli di frisia e filo spinato, hanno incendiato balle di paglia, hanno lanciato pietre, uova, paglia, petardi, cartelli stradali e assi di legno. Resistendo a cariche, gas lacrimogeni e idranti, hanno sfidato per ore la polizia. Gli agricoltori, in gran parte allevatori provenienti da Germania, Belgio, Francia, Italia, ecc. sono scesi […]
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Redazione di Operai Contro,

 Settemila agricoltori europei hanno assediato con 1.500 trattori i palazzi governativi dell’Unione europea a Bruxelles scontrandosi con la polizia in tenuta antisommossa. Contro i poliziotti schierati a difesa delle sedi governative europee gli agricoltori hanno fatto avanzare i trattori per sfondare gli sbarramenti di cavalli di frisia e filo spinato, hanno incendiato balle di paglia, hanno lanciato pietre, uova, paglia, petardi, cartelli stradali e assi di legno. Resistendo a cariche, gas lacrimogeni e idranti, hanno sfidato per ore la polizia.

Gli agricoltori, in gran parte allevatori provenienti da Germania, Belgio, Francia, Italia, ecc. sono scesi in strada per protestare a causa della caduta sempre più in basso del prezzo del latte alla stalla, cioè pagato agli allevatori. Un prezzo che ondeggia sugli 0,35 €/l e minaccia di scendere sotto gli 0,30 €/l. È un prezzo che non ripaga gli allevatori delle spese sopportate per produrre latte e sta decretando la chiusura di numerose stalle in tutta l’Unione europea. È il prezzo che le multinazionali europee del latte alimentare e trasformato impongono agli allevatori per mantenere intatti i propri profitti.

Il mercato del latte è controllato da poche ma potenti multinazionali del latte, come la Granarolo. Esse impongono la legge dei propri interessi in ogni angolo del mercato unico europeo. Non c’è da meravigliarsi, il mercato unico europeo è stato costituito proprio per servire e soddisfare gli interessi dei grossi capitalisti, in agricoltura come in ogni altro settore economico e finanziario, e a tal fine funziona benissimo. Le grosse concentrazioni capitalistiche impongono la legge del proprio cartello oppure si fanno concorrenza fra loro.

Prima dell’attuale crisi le grosse multinazionali si sono accontentate di lasciare le briciole agli allevatori. Quando la crisi ha cominciato a farsi sentire, allora hanno tirato le redini. L’aumento della disoccupazione e la riduzione di salari e stipendi hanno causato un drastico calo dei consumi e quindi una diminuzione della domanda sia di latte fresco o a lunga conservazione sia di formaggi. Poi l’embargo russo ha tagliato una buona fetta di mercato per le produzioni europee. Il mercato si è ristretto, i grossi capitalisti del latte si sono “incattiviti”; per conservare inalterata la propria quota di profitti bisognava comprimere verso il basso il prezzo del latte alla stalla, e così hanno fatto, così faranno ancora di più nei prossimi mesi e anni.

Di fronte al fallimento delle proprie aziende (negli ultimi anni ne sono chiuse centinaia di migliaia fra piccole e medie in tutta l’Ue e anche in Italia) e allo spettro della discesa sociale nella gran massa dei disoccupati, molti agricoltori, soprattutto i più poveri, quelli che non assumono forza lavoro esterna all’azienda, scendono in piazza per esprimere la propria rabbia, per gridare di essere “vicini al collasso”. Scendono in piazza protestando contro le istituzioni politiche e governative europee che sentono estranee, colluse con i potentati economici, capaci solo di varare politiche agricole nemiche dei semplici agricoltori.

Hanno un bel da fare le organizzazioni agricole europee, Copa e Cogeca, per cercare di tenere buoni coloro che buoni non possono più permettersi di essere: hanno dovuto organizzare la manifestazione a Bruxelles per tenere calma la piazza, ma la piazza ancora una volta è sfuggita loro di mano.

Hanno un bel da fare anche le organizzazioni agricole nazionali per cercare di incanalare il malcontento verso obiettivi meno di rottura e più tranquille. Come, in Italia, la Coldiretti, che spinge sulla leva del nazionalismo, boicotta i prodotti esteri che nel nome richiamano quelli più noti italiani e chiede “regole certe, di trasparenza nella filiera e di origine in etichetta per i prodotti agricoli italiani di tutte le filiere agroalimentari”, oppure Agrinsieme, il coordinamento creato da Cia, Confagricoltura, Confcooperative, Copagri e Legacoop, che chiede “indietro i soldi delle multe per lo sforamento delle quote latte nel periodo 2014-2015, che stimiamo siano circa 75 milioni di euro”.

Ha un bel da fare anche il ministro italiano per l’agricoltura, Maurizio Martina, che promette “misure straordinarie a tutela del reddito degli allevatori. Il governo italiano è già in campo con un piano da 120 milioni di euro”, ma sa benissimo che quei soldi andranno sempre ai grossi capitalisti, agricoli e industriali, del comparto lattiero-caseario e che i problemi rimarranno, anzi si acutizzeranno.

Tutti sanno che le cause della crisi agraria che imperversa nelle campagne europee trova le sue origini nella forza devastante delle multinazionali, che impongono la legge del massimo profitto per sé, e agitano pannicelli caldi. Ma dei pannicelli caldi un numero crescente di agricoltori non sa più che farsene. Questi agricoltori cercano strade nuove di protesta. E se queste nuove strade li portassero alle fabbriche degli operai per aprire fronti comuni di lotta?

Un contadino povero

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3 Comments

  1. luigi

    Gli allevatori e i produttori di latte hanno protestato per ottenere sovvenzioni dall’europa.
    Un lunedì di proteste a Bruxelles, dove duemila tra agricoltori, allevatori e produttori di latte sono scesi in strada per chiedere alla Commissione e ai governi nazionali nuove misure in grado di sostenere produzioni e prodotti europei. Non sono mancati momenti di tensione, con lanci di uova contro la polizia.
    In prima linea i produttori lattiero caseari, ma anche gli allevatori di maiali.
    Cosa dobbiamo fare metterci a piangere e schierarci dalla parte dei padroni della terra e gli allevatori che lottano contro i monopoli. Lottano contro i monopoli per appropriarsi di una quota maggiore di profitti estorta agli operai agricoli e non
    In Puglia, come in altre regioni d’europa, gli allevatori e i “contadini poveri” si sono arricchiti tramite le sovvenzioni europee. Il Partito operaio e gli operai non hanno niente da spartire con i piccoli e grandi allevatori e piccoli proprietari di terra. Gli operai non hanno interessi in comune con questa gente. I contadini poveri? Sono una invenzione dei contadini
    Povero contadino povero

  2. Operai in lotta

    È comico, o, meglio, patetico, osservare come chi dice (evidentemente a parole) che OC telematico deve essere una palestra di discussione, poi non perde occasione per tentare di zittire, con faciloneria, chi scrive cose che non sono in linea con le sue “teorie”.
    Ancora più patetico se parla a nome del partito operaio e degli operai ma egli stesso operaio non è. Piuttosto questa è la deformazione professionale tipica di certi vecchi professori!

    La definizione di “contadini poveri” o “piccoli contadini” nasce con Marx ed Engels e si consolida con Lenin.
    In una corrispondenza del 1881 (“Abbozzi della lettera di risposta a Vera Zasulič”, 16 febbraio 1881), Marx avverte che nelle campagne le classi dominanti vogliono “abolire la proprietà comunale, lasciare che la minoranza più o meno abbiente dei contadini si costituisca in classe media rurale, convertendo la grande maggioranza in semplici proletari”.

    Ed Engels, in “Le condizioni sociali in Russia” (1875), annota che nelle campagne russe “quasi dappertutto esistono contadini ricchi, qua e là perfino milionari, che praticano lo strozzinaggio e dissanguano la massa dei coltivatori diretti”.
    E sempre Engels, in “La questione contadina in Francia e Germania”, osservando come il capitalismo porti all’inevitabile distruzione della comunità contadina e alla proletarizzazione dei suoi membri, scrive che “Il piccolo contadino è un futuro proletario”. Aggiungendo poi che davanti a tale scenario i partiti operai possono o lasciare che i contadini vengano sedotti dai partiti borghesi e si convertano in nemici attivi degli operai industriali oppure trasformarli in alleati della lotta rivoluzionaria.

    Lenin, nel primo programma agrario-marxista per il II Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico di Russia (1903), fissò l’alleanza fra operai e contadini come pietra angolare del leninismo e della rivoluzione in Russia, sotto la guida della classe operaia e del partito operaio marxista. Criticò la tesi populista di porre la classe contadina alla testa della lotta rivoluzionaria, così come criticò i menscevichi “di destra”, guidati da Plechanov, e quelli “di sinistra”, guidati da Trotskij, che sottovalutavano l’importanza dei contadini nella vita politica della Russia. Per Lenin la parola d’ordine trotskista “Senza zar, per un governo operaio” implicava la negazione dell’alleanza operaia-contadina e portava quindi al fallimento della rivoluzione. La strategia proposta da Lenin prevedeva che il proletariato avrebbe portato avanti la rivoluzione democratica (attraendo le masse contadine) e successivamente la rivoluzione socialista (attraendo i contadini semiproletari o contadini poveri).
    Nelle “Tesi di Aprile” (1917) Lenin sostenne che la rivoluzione di febbraio aveva dato il potere alla borghesia, per cui si poteva avanzare alla seconda tappa, “conquistare il potere per il proletariato e i contadini poveri”. La dittatura del proletariato e dei contadini era stata la bandiera leninista durante la fase borghese della rivoluzione, la dittatura del proletariato e dei contadini poveri fu la bandiera leninista della rivoluzione socialista (“Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale”, 1917).

    I “contadini poveri” non sono quindi una invenzione dei contadini, ma una classe sociale formata dallo sviluppo prima del feudalesimo e poi del capitalismo nelle campagne. Ed è una classe che vive in pieno il peso dello strapotere dei grossi capitalisti agrari, degli industriali e delle multinazionali del settore agricolo, come dimostra anche la protesta a Bruxelles. Gli operai (delle fabbriche, dei cantieri, delle miniere, delle campagne) che vogliono porsi come classe indipendente organizzata nel proprio partito politico hanno interesse a costruire un’alleanza, da essi guidata, con gli strati contadini più semiproletari e poveri? Noi riteniamo di sì.

    Un contadino povero

  3. luigi

    Ci sono alcuni che dibattono solo scrivendo citazioni.
    Non citiamo a sproposito Marx, Engels, Lenin
    A mio parere oggi gli operai non devono allearsi con i contadini,ne ricchi ne poveri.
    In Italia i contadini hanno utilizzati mazzieri e caporali contro i braccianti
    I contadini hanno vissuto agiatamente con i contributi europei
    Oggi la crisi non consente più di elargire denaro ai contadini e agli allevatori
    Se oggi i contadini vengono schiacciati dai monopoli non diventano per questo rivoluzionari
    Probabilmente il “contadino povero” scambia i contadini e gli allevatori per braccianti
    I braccianti agricoli sono operai. In belgio non c’erano braccianti, ma padroni.
    Lo scontro in Belgio era tra padroni.

    In Operai Contro 135 è scritto:
    “La società moderna ha una struttura complessa, non
    ci sono solo operai e padroni, ci sono gli artigiani, i commercianti,
    gli impiegati privati e dello stato, una piccola
    borghesia a stipendio, una media e grande borghesia industriale
    e finanziaria. Un ceto politico borghese vasto e
    ramificato. Il loro reddito, nelle diverse forme economiche
    che assume, è pur sempre lavoro non pagato estorto
    agli agenti diretti della produzione, gli operai. Viene da
    sé che qualunque progetto politico di riforma sociale, di
    protesta contro il funzionamento dello Stato che si produce
    negli strati superiori non tocca in nessun modo la
    condizione operaia, non si pone neppure lontanamente
    il problema della liberazione degli operai, ne nega addirittura
    la necessità in quanto non esisterebbe nessuna
    schiavitù. Ma è successo molte volte nella storia che gli
    operai vengano utilizzati dalle classi superiori per i loro
    movimenti e poi traditi miseramente. L’indipendenza di
    un movimento politico degli operai è necessaria per imporre
    i propri interessi, una necessità per non farsi usare
    più da nessuno.”

    Neanche dai cosi detti contadini poveri