L’ammiraglio, l’industria cantieristica e il lavoro ai cassintegrati

Redazione di Operai Contro Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina militare italiana, signor Cinc o anche signor tartine, mandorle e champagne, parla fin troppo chiaro: il parlamento italiano deve approvare la costruzione di altre nuove e moderne navi da guerra.Lo fa in una intervista al Corsera del 9 giugno scorso (leggibile per intero qui) prendendo a scusa i barconi dei migranti nel Mediterraneo da affondare, l’Isis, le isole di plastica che si formano, l’alluvione in Liguria, l’eruzioni dello Stromboli e chi più ne ha ne metta. Il militare si confronta con gli altri paesi in cui […]
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Redazione di Operai Contro

Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina militare italiana, signor Cinc o anche signor tartine, mandorle e champagne, parla fin troppo chiaro: il parlamento italiano deve approvare la costruzione di altre nuove e moderne navi da guerra.Lo fa in una intervista al Corsera del 9 giugno scorso (leggibile per intero qui) prendendo a scusa i barconi dei migranti nel Mediterraneo da affondare, l’Isis, le isole di plastica che si formano, l’alluvione in Liguria, l’eruzioni dello Stromboli e chi più ne ha ne metta. Il militare si confronta con gli altri paesi in cui “persino” la Grecia e la Turchia hanno più sommergibili che l’Italia, uno scandalo! Eppure siamo al centro del mare, il Mediterraneo, in cui “viaggiano petroliere di tutto il mondo”. Vuoi non salvaguardare con dei Ppa (pattugliatori polivalenti d’altura, di soli 5.000 ton!) queste rotte strategiche, ovvero gli interessi dell’Eni in Monzambico?

E quindi? Ecco l’ammiraglio spiegare: «Per mantenere il livello ottimale della flotta si dovrebbero costruire tre nuove navi all’anno. … Due anni fa, … spiegai alle commissioni Difesa di Camera e Senato che la nostra flotta è vecchia. … Per fortuna il Parlamento mi ha dato retta [si poteva dubitare che i vari politici borghesi non fossero sensibili al richiamo militar-nazionalista di signor Cic? – ndr], sono stati stanziati 5,6 miliardi di euro». Oggi, ne cerca altri 5, in totale fanno più di 10 miliardi in navi da guerra che, con la crisi, sembra un’offesa alla miseria dei migranti e dei disoccupati che ci sono in giro.

Ma è qui che arriva il bello dell’intervista: «Calcoliamo però che 5 ritornano allo Stato come tasse, aggiungiamo altri 2,4 di cassa integrazione risparmiata se l’industria lavora a pieno ritmo, e infine consideriamo i punti di Pil generati. Vale la pena».

Ecco la solita soluzione alla crisi e alla disoccupazione che abbiamo già visto, anche in Italia, all’inizio del secolo scorso e che ora puntualmente viene riproposta: invece che lasciare inoperosi migliaia di operai, occuparli su commesse militari dello Stato, fargli costruire potenti, moderne navi da guerra nei cantieri navali del paese. Vuoi mettere le ricadute economiche?! I profitti di Fincantieri, dell’Ilva per l’acciaio necessario, la Melara e la Dalmine per i cannoni (ops, volevamo dire i tubi senza saldatura)… “i punti di pil generati”! “Vale la pena”! Sì, certo, per i padroni e i suoi pennivendoli del Corsera che senza l’ombra di alcun dubbio storico intervistano ammiragli che travestiti da crocerossine vogliono nuovi “giocattolini” di distruzione di massa.

Possiamo solo aggiungere, e ricordare all’ammiraglio, nonché al pennivendolo, che “dopo”, a seguito di queste grandi trovate per risolvere la crisi e avere dato da lavorare “a pieno ritmo” all’industria in questo modo, il problema della sovrappopolazione operaia relativa si era alquanto risolta, per una decina di milioni di morti nella prima guerra mondiale, qualche decina di milioni nella seconda. Quanti nella terza, ammiraglio?

R.P.

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