Barcellona: in sciopero occupano la sede centrale di Telefonica

Redazione di Operai Contro, Maltrattati dalla Movistar e abbandonati dai loro sindacati, i tecnici telefonici prendono la situazione in mano – e occupano la sede della società. Più di cento anni fa, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori – la Prima Internazionale – dette voce a centinaia di milioni di lavoratori indigenti del mondo, quando nel 1866 dichiarò che tutti i lavoratori avrebbero dovuto godere del diritto a otto ore di lavoro, otto ore di riposo e otto ore di svago. Ci sono voluti decenni di contrattazione e anche spargimenti di sangue per raggiungere nella maggior parte dei paesi del mondo […]
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Redazione di Operai Contro,

Maltrattati dalla Movistar e abbandonati dai loro sindacati, i tecnici telefonici prendono la situazione in mano – e occupano la sede della società.

Più di cento anni fa, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori – la Prima Internazionale – dette voce a centinaia di milioni di lavoratori indigenti del mondo, quando nel 1866 dichiarò che tutti i lavoratori avrebbero dovuto godere del diritto a otto ore di lavoro, otto ore di riposo e otto ore di svago. Ci sono voluti decenni di contrattazione e anche spargimenti di sangue per raggiungere nella maggior parte dei paesi del mondo questo obiettivo, ottenuto in alcuni settori presso qualche società nella prima metà del XIX secolo mentre la maggioranza dovette attendere fino alla metà del XX secolo per godere di quello che adesso per molti sembra scontato.

Ma nel 2015, sono in molti quelli nel mondo sviluppato – e di più nel mondo in via di sviluppo – che ancora sognano di godere di un tale lusso quale la giornata di otto ore, per non parlare di un week-end di due giorni o un fine settimana intero. Recentemente Papa Francesco ha dichiarato che, quando una persona lavora undici ore al giorno per soli 600 euro al mese, non è davvero un impiegato o operaio ma piuttosto uno sfruttato e schiavizzato. Ha poi aggiunto che tutti noi dovremmo iniziare a lottare per la dignità contro un capitalismo sfrenato, contro l’idolatria del denaro e contro la schiavitù moderna.

I tecnici e gli installatori in subappalto della società di telecomunicazioni multinazionale Movistar sono persone – e hanno iniziato una lotta di questo tipo. Dopo aver subìto ripetute detrazioni sugli stipendi nel corso degli ultimi anni, si sono trovati a dover sopravvivere con uno stipendio netto minimo di 700 € al mese, lavorando fino a dieci, dodici o quattordici ore al giorno, e senza un solo giorno di riposo.

Quando il 28 marzo di quest’anno sono scesi in sciopero, hanno respinto non solo la magra offerta dell’azienda ma anche quella dei due maggiori sindacati spagnoli – la CC.OO e l’UGT – i quali, come ha detto uno scioperante, “ci hanno venduto” per un piccolo aumento sulle drastiche detrazioni precedenti e per porre fine allo sciopero. Intanto, l’amministratore delegato di Telefónica (la società capofila del gruppo delle telecomunicazioni) guadagna un lordo di 6.700.000 € all’anno; più di mezzo milione di euro al mese, pari ad almeno 700 salari mensili netti di un lavoratore in subbappalto.

Il comitato di sciopero della Movistar – che chiama lo sciopero La ribellione delle Scale poiché le loro manifestazioni sono caratterizzate dall’utilizzo delle scale – ha rifiutato la pace negoziata dai sindacati e ha dichiarato uno “sciopero ad oltranza” che dura ormai da quasi due mesi. I lavoratori hanno detto che continueranno a scioperare fino a quando non saranno soddisfatte le condizioni di base per un accordo, e queste includono una giornata di lavoro da otto ore, una settimana da quaranta, il pagamento da parte del datore di lavoro dell’attrezzatura di lavoro e di protezione, e uno stipendio “sociale” dignitoso che possa sostenere le loro famiglie, unito a quattro settimane di vacanza per godere di tempo lontano dal lavoro.

Ai sindacati gli scioperanti chiedono il proprio posto al tavolo delle trattative – un rappresentante del comitato di sciopero – invece del rappresentante esterno mandato dalle principali organizzazioni, nelle quali, hanno affermato con grande chiarezza , ripongono molta poca fiducia. Quando gli scioperanti si trovano a dover negoziare con l’azienda e con il sindacato, si capisce che qualcosa è andato storto.

Mentre i rapporti tra scioperanti e sindacati si sono inaspriti, i lavoratori si sono rivolti ad altri alleati nel mondo del lavoro e del sociale per avere protezione giuridica e sostegno finanziario. L’anarco-sindacalista Confederazione Generale del Lavoro(CGT), insieme alle minori Unione Alternativa Lavoratori (AST) e Commissione dell’Unione di Base (COBAS), forniranno sostegno organizzativo fino a quando non saranno organizzati i colloqui, mentre solidali della cooperativa e banca socialeCoop57 hanno dato un considerevole supporto alla Cassa di Resistenza messa in piedi dagli scioperanti per i lavoratori e le loro famiglie, che sono senza uno stipendio ormai da più di un mese – il che significa un mese e un’altra rata dell’ipoteca non pagata, un mese e un altro incontro con il direttore della banca, un mese e un’altra lite con il marito o la moglie, un mese in più e un giorno in meno con i loro ragazzi e ragazze, un kilo di carne in meno nel frigorifero.

Questa disperazione finanziaria, l’isolamento organizzativo e l’esclusione dai negoziati ha portato gli scioperanti di Barcellona – e ce ne sono centinaia, più altre migliaia a Madrid e in tutta la Spagna – ad occupare il quartier generale della Movistar nella principale Plaça Catalunya, nella speranza di costringere finalmente la direzione ad aprire il tavolo delle trattative, o almeno di ottenere l’attenzione dei media sulla loro situazione. Durante l’occupazione la facciata della sede centrale è stata coperta da vernice e cartelli, mentre l’interno si è trasformato in un putiferio di volantini e manifesti tutt’intorno al gruppo degli scioperanti, che ora mangiano e dormono nell’edificio.

I precedenti tentativi di raccogliere il sostegno popolare hanno incluso proteste e cortei per le strade della città, uniti ad altre iniziative per l’occupazione di edifici chiave – l’ultima è durata meno di mezza giornata prima che fosse dichiarata una tregua con la promessa illusoria di colloqui seri, i quali secondo gli scioperanti si sono svolti in mala fede, con la polizia antisommossa schierata intorno al luogo del negoziato e con accuse di illegittimità lanciate dalla dirigenza.

L’occupazione in corso potrebbe non durare molto più a lungo dell’ultima – d’altronde, potrebbe non essere necessario. Nella seconda notte di occupazione, Barcellona ha eletto a sindaco una candidata anti-austerità e anti-sfratto della coalizione dei movimenti di base e degli attivisti di quartiere, che ha promesso di dare pieno sostegno agli scioperanti. Tutto ad un tratto, poi, i lavoratori in sciopero di Movistar-Telefónica hanno trovato amici altolocati.

A una settimana dall’elezione di Ada Colau all’ufficio del sindaco, la nuova Alcaldesa – indossando la caratteristica uniforme acqua-blu degli scioperanti – ha visitato l’edificio occupato e si è offerta di fare da mediatore nella controversia lavorativa, scrivendo nel loro visitors’ book un saluto ai lavoratori che “hanno difeso i diritti di tutti i lavoratori” e che stanno contribuendo a realizzare una Barcellona dove “i diritti fondamentali non saranno mai più indeboliti.”

L’intervento nel conflitto della più alta carica politica della città è arrivato proprio mentre la magistratura ordinava lo sgombero degli scioperanti dall’edificio; un ordine che il nuovo sindaco ha definito inutile e illegittimo, scrivendo sul suo account Twitter che “queste sono richieste legittime dei lavoratori che non possono essere risolte attraverso gli sgomberi”, e insistendo invece sul fatto che la palla è nel campo della Movistar, che, ha sostenuto il sindaco, deve almeno sedere al tavolo delle trattative.

Sembra che l’intervento del sindaco, insieme alle tensioni provocate dall’ordine giudiziario di sgombero, abbia agito da catalizzatore per i negoziati, dato che il lunedì è arrivata notizia che la multinazionale aveva accettato di tornare al tavolo dei negoziati.

Sia che gli scioperanti vincano o perdano, e che arrivino a un compromesso o meno, questo evento è chiaramente indicativo di qualcosa di più grande: del crollo della fiducia nell’affidabilità, rappresentatività e utilità delle due principali confederazioni sindacali del paese.

E’ profondamente significativoche questo sciopero possa arrivare a conclusione non grazie all’intervento mediatore dei grandi sindacati, ma invece grazie all’azione di una delle figure più popolari della nuova sinistra, che promette di porre una fine socialmente giusta al lungo sciopero, il quale ha portato non solo un grande stress economico per gli scioperanti, ma anche per l’azienda, che ora deve occuparsi di migliaia di reclami inviati dai clienti i cui servizi sono stati trascurati.

Parole di cinismo e di sfiducia sono state ripetutamente udite dagli attivisti degli innumerevoli movimenti sociali del paese, sia che si trattasse degli esclusi ed isolati lavoratori in sciopero della Movistar-Telefonica, della potente e popolare piattaforma PAH degli indebitati detentori di mutui e sfrattati, o semplicemente di persone comuni che vedono il movimento sindacale solo come un attore in più della Politica politicienne. – anche nella misura in cui esso fa parte della odiata casta, l’istituzione di governo.

Quanto sfumati, giusti e diffusi siano questi sentimenti può essere discutibile e difficile da sapere, ma è chiaro che i tradizionali negoziati ad alto livello, la distanza crescente tra i lavoratori e i loro rappresentanti sindacali, insieme alla burocratizzazione e alle complicate modalità di finanziamento pubblico, hanno fatto allontanare le persone dal movimento operaio tradizionale favorendo lo sviluppo di modi alternativi di lottare per la giustizia sociale e l’uguaglianza.

Se gli scioperanti vinceranno – cosa che sembra di giorno in giorno sempre più probabile – non solo si tratterà di una splendida vittoria per i lavoratori stessi, che hanno lottato fin dall’inizio contro ogni pronostico, ma sarà anche una vittoria per tutti coloro che hanno combattuto, fin dall’inizio, contro l’austerità e la neoliberalizzazione che hanno radicalmente ridisegnato l’economia spagnola e mondiale.

Timothy Ginty è uno scrittore freelance che ha completato un Master in storia del mondo presso l’Università Pompeu Fabra di Barcellona.

[tratto da http://roarmag.org]

 

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